Gli allenatori di Napoli e Arsenal hanno ricevuto nel weekend il tributo dei propri tifosi che hanno voluto degnamente salutare la fine di due splendide avventure calcistiche. Che a veder bene hanno avuto molti più elementi in comune di quello che possa sembrare
Londra e Napoli sono molto più vicine di quanto non appaia su un mappamondo. Le ha unite, ieri, una celebrazione di gratitudine popolare verso due allenatori che a loro modo sono stati due rivoluzionari del calcio. E non suoni come esagerato il paragone tra Arsene Wenger e Maurizio Sarri: il peso dei trofei vinti fa pendere la bilancia dalla parte del francese dell’Arsenal, ma l’indice di difficoltà per le imprese sportive da realizzare a Napoli è un moltiplicatore che rafforza il valore dell’allenatore nato per caso a Bagnoli, a qualche chilometro dallo stadio San Paolo. E anche la rivalutazione prodotta grazie al lavoro di Sarri per i cartellini dei calciatori è a livelli da record assoluto.
Diverse, molto diverse, sono state le forme utilizzate per testimoniare il grazie dei tifosi verso due personaggi comunque difficili. Il tributo dei Gunners londinesi è stato perfettamente inappuntabile, un trionfo studiato come una cerimonia a corte. Wenger ha detto addio dopo 22 anni, un tempo infinito che di solito racchiude tutta la carriera di un allenatore. L’Arsenal, con lui, è passato attraverso molte rifondazioni, ha perfino costruito uno stadio che ha fruttato più di cento cessioni. A Fuorigrotta, il giorno della certificazione del mancato scudetto è diventato prestissimo la celebrazione dell’era Sarri: novanta minuti di ovazioni, anche se il risultato della partita era distonico, poi un terzo tempo dal quale il protagonista annunciato è apparentemente sparito. Il dialogo con la folla è stato mediato dalle televisioni, le dichiarazioni sono diventate politicamente correttissime, le sensazioni sul futuro prossimo venturo sono tornate interpretazioni influenzate da pregiudizi più che dettate da informazioni sicure.
E qui l’asse Londra-Napoli si riforma con suggestiva potenza. Sarri, se Abramovich si deciderà a pagare il prezzo della libertà a De Laurentiis, potrebbe ripartire dal Chelsea, là dove sono già passati Vialli, Ranieri, Mourinho, Ancelotti, Conte, il meglio del meglio. Eccolo, il suo scudetto personale, la vittoria individuale sognata per anni quando lo consideravano un monomaniaco che passava ore a sviluppare prima sulla carta e poi sul campo tutte le soluzioni possibili per trasformare un calcio d’angolo in un’occasione concreta per fare gol. Quando il suo laboratorio è diventato Castel Volturno, convincere allievi più illustri è stato ancora più facile. Chiedere conferma a Koulibaly, l’uomo che ha portato il Napoli di Sarri vicinissimo alla meta. E se adesso la meta dovesse cambiare? Sarebbe tutta un’altra storia, da scrivere stavolta in inglese.