Boateng: "Felice della mia carriera, ma sarei potuto arrivare più in alto"

Serie A

Il centrocampista del Sassuolo è felice del suo percorso, ma spiega: "Quando ero più giovane ho sbagliato tanto, sarei potuto arrivare molto più in alto. Ora sono più tranquillo con me stesso, mi sento un re"

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Al suo primo anno in Italia ha vinto uno scudetto, ma era ancora piuttosto giovane. Poi è ritornato per una breve seconda parentesi, prima di compiere un giro tra Spagna e Germania, e quest'estate ha deciso di intraprendere la terza avventura in A, quella della maturazione. Kevin Prince Boateng non poteva desiderare un approccio migliore con il Sassuolo: 2 gol, un assist e 7 punti messi in cassaforte che hanno decretato i neroverdi come l'anti-Juve di questa prima fase di campionato. Il ghanese però non ha voglia di fermarsi qui: "Non sono venuto qui per puntare alla salvezza - dice alla Gazzetta dello Sport -. Vogliamo arrivare in alto, dove nessuno crede. Giocarci il primo posto nella prossima sfida contro i bianconeri è il massimo, ma per fare punti dovremo essere perfetti e sperare che loro non lo siano. Siamo una squadra giovane che affonterà i giocatori più forti del mondo, non potremo desiderare di meglio. A 31 anni mi sento benissimo e riesco a offire il mio aiuto anche in avanti, anche se mi tocca correre di più". La carriera di Boateng è stata ricca di soddisfazioni, minore però rispetto a quella che il talento poteva garantire: "Sarei potuto arrivare molto più in alto - aggiunge -, purtroppo da giovane ho sbagliato tanto. A differenza di oggi non avevo la gente giusta intorno". Il suo atteggiamento è cambiato, merito anche della sua famiglia: "È importante senza dubbio, ma sono maturato anche io. Da ragazzo sbagliavo spesso perché non mi comportavo da professionista. Adesso sono più tranquillo con me stesso e sento meno la pressione. Prima quando perdevo non parlavo con nessuno per tre giorni, ora invece mi fermo ad analizzare il perché e il come della sconfitta".

"Klopp come un padre, De Zerbi un genio del calcio"

Le sue origini sono un tratto fondamentale della sua personalità, dentro e fuori dal campo: "Mi sento un principe da quando sono nato - spiega Boateng -. Prima degli altri bisogna amare se stessi. E io mi amo moltissimo, in modo positivo e non arrogante. È la via giusta per far delle bene anche agli altri. La strada mi ha insegnato tanto. È un percorso tortuoso, ma comprendi che non devi fermarti mai. Non è tutto semplice, un principe ha anche le sue responsabilità". A Sassuolo da principe è diventato re, pubblicando il suo primo singolo da rapper: "Amo la musica da quando sono piccolo - racconta il trequartista classe '87-. Mi aiuta tantissimo nei momenti difficili e quest'estate, visto che avevo più tempo libero del normale, ho potuto produrre il mio disco, un obiettivo che perseguivo da anni. Nel video cerco proprio di raccontare come e dove sono cresciuto, i sacrifici che ho fatto per arrivare dove sono ora e sentirmi the king". A proposito di tappe della vita, Boateng non ha dubbi sull'indicare l'allenatore più importante della sua carriera: "Klopp al Borussia Dortmund - afferma l'ex Eintracht -. In quel momento avevo bisogno di uno che mi parlasse faccia a faccia, anche in modo duro, un motivatore. E lui ti tratta come un padre. De Zerbi invece mi dà ciò di cui ho bisogno in campo: la libertà. Per come vede il calcio lo considero un genio. Mi insegna ogni volta a trovare la posizione migliore, la giocata giusta. Con gli allenatori sono sempre stato fortunato". A differenza del fratello Jerome, Kevin Prince Boateng ha sempre rappresentato la Nazionale ghanese: "Non mi sono mai pentito di quella scelta - spiega -. Non avrei trovato spazio nella Germania, ho preferito giocare per la mia patria e sono contento perché ho potuto scoprire le mie origini". Il 31enne preferisce poi non giudicare l'assoluzione di coloro che si resero protagonisti di ululati razzisti nei suoi confronti, durante un'amichevole tra Pro Patria e Milan, ma vuole dire la sua sul tema dell'omofobia: "Dobbiamo combatterla sempre - conclude -. Noi gente mediatica non facciamo abbastanza".