Serie A, il bilancio 2018 sul Var e un acronimo scontato: Vai A Riposare

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Lorenzo Fontani

"Il Var è come una Formula 1: prima abbiamo imparato a guidarla, ora stiamo cercando il limite ma purtroppo è pericolosa e a volte si finisce fuori strada", è la metafora che circola nell'ambiente. La pausa sarà quanto mai opportuna per fare il punto e ripartire con maggiore attenzione

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L'acronimo del Capodanno potrebbe essere Vai A Riposare. Ne hanno bisogno, gli arbitri: riposarsi e ripartire con meno incertezze, in campo e davanti al video. L'ultima giornata del 2018 ha confermato che c'è un problema: di uniformità e di qualità. L'aumento esponenziale delle revisioni video, in particolare sui falli di mano, ha messo in crisi molti nella squadra di Rizzoli, del quale circola una metafora legata all'uso del Var: "E' una Formula 1, abbiamo iniziato correndo un po' troppo e quindi abbiamo rallentato all'inizio di questa stagione. Ora abbiamo riaccelerato per trovare il nostro limite, ma qualche volta finiamo fuori strada". In pratica, troppe corse davanti al video rischiano di mandare in crisi gli arbitri e ne accentuano le differenze interpretative, perché anche il monitor può tradire: vedasi Valeri in occasione del rigore concesso alla Juventus, o Mariani quando, invitato a rivistare questa trattenuta nell'area del Cagliari, decide di non punirla. D'altro canto anche le mancate chiamate dalla sala Var continuano a generare polemiche: ad esempio i laziali - visto anche il rigore concesso a Belotti - avrebbero gradito si fosse analizzata al video la spinta di Meite ad Acerbi. Ma quello è un contatto "alto", sul quale si tende a privilegiare la sensazione del campo, diversamente dai falli di mano. Ecco, su questo servirebbe una semplificazione: più coerenza su cosa è da var e cosa no. Alzando un pochino il piede dall'acceleratore e andando a rivedere solo i nodi che il video può davvero sciogliere. Altrimenti si rischia un 2019 da safety car