Accadde oggi: 10 anni fa la prima di Beckham al Milan

Serie A

Domenico Motisi

David Beckham esulta con Alexandre Pato durante Roma-Milan del 2009 (Getty)

Inseguito, sognato, finalmente ingaggiato e schierato in campo. Era l’11 gennaio 2009 e lo Spice Boy indossò per la prima volta la maglia rossonera. All’Olimpico finì 2-2 ma gli occhi erano tutti per il campione inglese che Ancelotti mise in un centrocampo tutto talento con Pirlo, Seedorf, Kaká e Ronaldinho

DAGLI USA: BECKHAM VUOLE NEYMAR PER IL SUO MIAMI

David Beckham era il giocatore più famoso al mondo tra la fine degli anni ’90 e i primi 10 anni del nuovo millennio, una delle icone più ambite da tutti i club europei e dagli sponsor più affermati. Soltanto il Cristiano Ronaldo di oggi è paragonabile, a livello mediatico, a ciò che era lo Spice Boy quando il suo destro incantava gli stadi di tutto il mondo. Bene, esattamente 10 anni fa, l’11 gennaio 2009, quel piede fatato e quel volto da Hollywood apparvero per la prima volta in Serie A con la maglia del Milan. Fu l’esordio dell’inglese in maglia rossonera.

L’esordio di Becks nella notte magica di Pato

David Beckham, Andrea Pirlo, Clarence Seedorf, Kaká e Ronaldinho: a leggerla così sembrerebbe una formazione da play station o da Fantacalcio, invece era il centrocampo che Carlo Ancelotti mise in campo quella sera all’Olimpico contro la Roma. Nessun mediano vecchio stampo, solo talento, tecnica e piedi buoni alle spalle di Alexandre Pato. Iniziò così l’avventura italiana di Beckham, arrivato in prestito dai Los Angeles Galaxy in quella che sembrava un’operazione puramente mediatica che sarebbe dovuta durare appena tre mesi. Lo "Spice Boy", invece, si dimostrò un calciatore importante per la mediana rossonera già a partire dall’esordio. Un match che terminò 2-2 con le doppiette di Mirko Vucinic e di uno strepitoso Pato, autore di una rete pazzesca dopo uno scatto da centometrista che lasciò sul posto Philippe Mexes. Per l’inglese, sostituito all’89 da Mathieu Flamini, una prestazione di grande intensità oltre che della consueta precisione con la palla al piede.

Nel mirino dal 2003, poi andò a Madrid

Che lo "Spice Boy" fosse uno dei sogni del presidente Berlusconi, ma soprattutto dell’ex amministratore delegato Adriano Galliani, non è mai stato un mistero. "Faremo di tutto per prendere David Beckham, è il nostro primo obiettivo", disse proprio Galliani nel 2003 quando il capitano della nazionale inglese era ai ferri corti con Sir Alex Ferguson al Manchester United, mentre il Milan, proprio all’Old Trafford, aveva da poco sollevato la sua sesta Champions League. Non se ne fece nulla, nonostante si parlasse anche di un ruolo nella Tv italiana per la popolarissima Victoria, l’ex Spice Girl e moglie "Posh" di David. Quell’estate il numero 7 del Manchester United cambiò sì casacca ma andò al Real Madrid, mentre a Milano sbarcava un 21enne brasiliano, allora sconosciuto, che con la faccia da bravo ragazzo e gli occhiali da studente universitario scelse la maglia numero 22: da lì a poco avrebbe scritto pagine di storia in rossonero. Banale dire che si trattava di Kaká. All’Old Trafford, intanto, la pesante eredità di Beckham veniva raccolta da un certo Cristiano Ronaldo. Nella capitale spagnola, prima di volare a Los Angeles, Beckham rimase quattro stagioni vincendo una Liga e una Supercoppa di Spagna.

Da Los Angeles a Milano andata e ritorno

Finita l’avventura di Madrid, l’asso inglese diventò il volto della Mls: Los Angeles impazzì per il campione inglese ma per lui ma il richiamo del calcio europeo, specialmente del Milan, era troppo forte: già alla fine del 2008 firmò così un contratto di tre mesi con la promessa di tornare ai Galaxy dopo la breve esperienza in rossonero. Esperienza che in realtà venne prolungata fino al termine della stagione e bissata l’anno successivo con la stessa formula, finché un grave infortunio al tendine d’Achille durante il match contro il Chievo del 14 marzo 2010 mise fine alla sua seconda e ultima (mezza) stagione al Milan. In ogni caso, l’avventura complessiva di Beckham nella città della moda fu tutt’altro che una semplice comparsata in via Montenapoleone: 33 presenze e due reti (entrambe segnate nel 2009) contro Genoa e Bologna, ma soprattutto grande professionalità costanza di rendimento.

Un Milan tutto qualità

"Subiremo qualche gol ma sarà spettacolo", diceva Berlusconi all’arrivo di Beckham, auspicandosi un Milan con l’asso inglese accanto a Pirlo e Seedorf in un centrocampo composto da "piedi buoni". Effettivamente, in diversi match (compreso l’esordio dello Spice Boy a Roma), Carlo Ancelotti optò proprio per questa formula. Tuttavia, lo spettacolo vero per i tifosi rossoneri si manifestava nel momento in cui l’arbitro fischiava una punizione a favore del Milan. Ronaldinho, Pirlo e Beckham sul pallone: portieri terrorizzati, stadio col fiato sospeso. Non a caso, uno dei due gol dell’inglese con la maglia del Milan arrivò proprio su calcio di punizione: era il 28 gennaio 2009 e l’inglese superò Rubinho con il suo destro da posizione defilata. Se ci fossero ancora quei tre, difficilmente il Milan avrebbe ancora uno "zero" alla voce "gol da piazzato diretto". Una "carestia" che in realtà affligge un po’ tutta la Serie A, visto che quest’anno, almeno fino alla pausa invernale, è stato registrato il record negativo di gol su punizione. Neanche la Juventus – che pure può vantare specialisti come Cristiano Ronaldo, Paulo Dybala e Miralem Pjanic - ha ancora segnato in questo modo.