Razzismo, Koulibaly: "Insieme possiamo sconfiggere il razzismo. Io simbolo? No. In Francia è diverso"

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In un'intervista apparsa sui social del Napoli, il difensore senegalese parla a cuore aperto venti giorni dopo i cori razzisti accaduti durante Inter-Napoli: "Ho sentito l'affetto di tutti. Dobbiamo ripartire dalle scuole. Io testimonial antirazzismo? Non dovrebbe essere necessario nel 2019"

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Kalidou Koulibaly torna a parlare venti giorni dopo i fatti incresciosi accaduti durante la partita tra Inter e Napoli del 26 dicembre scorso. In un video apparso sui canali social del Napoli, il difensore senegalese ha raccontato a Nicola Lombardo, il responsabile della comunicazione della società partenopea, come ha vissuto questo periodo e le sue impressioni sul tema delle discriminazioni.

Kalidou sono stati venti giorni straordinari, sono successe cose non normali in positivo e in negativo. In questa vicenda riesci a cogliere qualcosa di positivo?
“Penso che ci siano state molte cose positive, la mia famiglia mi è stata molto vicina ed è stato importante per me ma anche tutti i messaggi degli amici e di persone che non conosco di persona. Sono stati venti giorni in cui ho ricevuto un sostegno che non dimenticherò mai e che mi ha fatto maturare.”

Il fatto che tu sia diventato un simbolo nella lotta contro le discriminazioni è una cosa che ti fa piacere?
“Sì e no. Mi dispiace che al giorno d’oggi dobbiamo ancora lottare contro le discriminazioni, penso che siamo tutti uguali, sono cresciuto con questi valori e cerco di tramandarli alla mia famiglia e tutti quelli che mi conoscono. Essere un simbolo è anche una cosa bella per me perché significa che questi valori li ho dentro e posso farli vedere a tutti. Per me è molto importante anche quando siamo andati in una scuola a Milano a fare un intervento, partire dalla scuole è la strada giusta. Non ho bisogno di spiegarlo a mio figlio ma è difficile spiegare ad un bambino cos’è il razzismo, anche quando porto mio figlio a scuola vedo molto sostegno anche da parte degli altri bambini, per loro siamo tutti uguali.”

Quindi tu dici che ti fa piacere ma ti dispiace anche, perché non dovrebbe essere necessario diventare testimonial nel 2019.
“E’ così. Siamo in un mondo che ha fatto passi avanti e se dobbiamo ancora lottare contro il razzismo significa fare tanti passi indietro e questo mi dispiace.”

Tu sei senegalese anche se sei nato in Francia. Hai notato differenze tra Francia e Italia sul modi di approcciarsi a questi argomenti?
“Penso di sì. Io sono nato in Francia e lì non ho mai avuto problemi sia in campo che nella vita di tutti i giorni, sono cresciuto con tanti ragazzi stranieri ma non abbiamo mai avuto problemi. Da questo punto di vista la Francia è diversa, anche nella Nazionale francese ci sono tanti giocatori di colore e non è mai stato un problema, penso che da quel punto di vista la Francia sia avanti. Quando sono arrivato in Italia non ho sentito molto questo problema ma poi ho iniziato ad imparare l’italiano e capire cosa veniva detto: la prima volta è stato quando ho sentito i cori contro Napoli e mi è dispiaciuto perché è una bellissima città ed è brutto sentire cori contro un giocatore del Napoli che gioca anche in Nazionale, come Insigne. Questo piccolo gruppo di persone dovrebbe pensare due volte prima di fare queste cose.”

Il calcio può essere un modo per cambiare il modo di pensare rispetto a discriminazioni di ogni genere?
“Penso di sì. Il calcio è uno sport molto popolare e ci può aiutare. E’ compito di noi giocatori fare un passo avanti per combattere le discriminazioni, penso che possiamo farcela, abbiamo fatto già tante iniziative ma possiamo fare anche di più”