Il derby tra le due principali squadre di Milano è sempre una partita molto sentita, in più questa volta sarà una sfida fondamentale per la corsa ad un posto nella prossima Champions League
Per una città che tende a trasmettere l’idea di continuo rinnovamento, c’è un derby che ne riflette l’immagine. Milan e Inter hanno vissuto una stagione imprevedibile: avvio terribile in campionato, percorso condiviso nei gironi europei (una partenza promettente seguita da una bruciante eliminazione), insperati filotti di vittorie consecutive, fino a ritrovarsi separate da un solo punto, e a occupare le due posizioni Champions che consentirebbero di guardare al futuro con maggiore serenità.
Il Milan ci arriva sulla scia di 5 vittorie consecutive in campionato, l’Inter sulla scia di una super inchiesta di Repubblica, che nel ricostruire le dinamiche interne allo spogliatoio assume la drammaticità di un prodotto HBO: considerando gli opposti stati d’animo con cui le due squadre si affacciano al posticipo domenicale, è difficile credere che ci sia stato un momento della stagione in cui il Milan subiva tre gol dall’Olympiakos e infilava grigi pareggi a reti bianche contro Bologna e Frosinone. Era neanche tre mesi fa.
Quello del 21 ottobre si presentava come «il derby dei nueve». Oggi bisogna già cercare altri numeri.
Per una città che viaggia a una velocità differente rispetto al resto del territorio nazionale, ci sono due squadre, e per estensione due ambienti, in cui gli eventi si avvicendano a un ritmo innaturale rispetto al resto del campionato. Oggi è difficile immaginare come l’Inter possa tornare a vincere una partita di questo livello, e lo stesso avremmo detto del Milan qualche mese fa. Spalletti e Gattuso sembrano arrivati ieri, pur avendo attraversato già decine di ultime spiagge, e in qualche modo sono arrivati al quarto confronto reciproco, con un bilancio in perfetta parità: una vittoria del Milan, un pareggio e una vittoria dell’Inter negli ultimi tre incontri.
Questa volta toccherà a Spalletti affrontare il derby in piedi sulla brace delle critiche, mentre intorno a lui si discute di Conte, di Allegri, di Mourinho, persino di Cambiasso in veste di paciere e traghettatore. L’allenatore toscano da tempo sembra aver perso il polso dello spogliatoio e la bussola del progetto tattico. Rispetto alla prima metà di campionato, l’Inter non ha più riferimenti per far circolare il pallone, e quindi per controllare il ritmo di gioco. Nel frattempo ha perso anche lo smalto per dominare fisicamente la partita, e quindi per trarre vantaggio da quei frangenti in cui questa si spezza, un po’ come accadde nel recupero della partita di andata, decisa da una grande intuizione di Icardi.
Non sarà facile ritrovare queste certezze in poche ore. Attualmente l’Inter riesce a creare pericoli solo attraverso situazioni statiche di facile lettura per le difese avversarie, le finte a rientrare verso l’interno di Politano, gli uno contro uno in fascia e i cross dal fondo di Perisic. Se non sarà disponibile neanche João Mário, che ha trascorso la settimana in Angola per la morte del padre, l’unico elemento in grado di aumentare l’imprevedibilità offensiva dell’Inter sarebbe Borja Valero, fin qui risolutivo quando è entrato dalla panchina negli ultimi dieci minuti e in grande difficoltà quando ha dovuto partire titolare.
Tuttavia lo spagnolo non sembra essere in un buon momento di forma, anche stando a quanto ha detto Spalletti nella conferenza della vigilia: lui, Perisic e Keita si troverebbero in una «situazione mezza e mezza», e avrebbero già giocato contro l’Eintracht stringendo i denti dietro sua precisa richiesta, finendo per «dare di meno delle loro possibilità». Gli infortunati hanno avuto la priorità sui giovani o sui giocatori di altri ruoli: Il ritorno degli ottavi di Europa League ha rappresentato l’ennesima occasione in cui Spalletti ha preferito la soluzione meno rischiosa, la più affine al percorso tattico dell’Inter fino a quel momento, e alla fine l’atteggiamento conservativo non ha pagato.
Avere giocatori come Skriniar, capaci di rompere come un ariete le linee avversarie, necessariamente trova impreparate le difese, e purtroppo anche gli attaccanti dell’Inter. Tutti attaccano la profondità alla stessa altezza, nessuno si muove incontro per costruire un triangolo: è una questione di meccanismi, oltre che di talento a disposizione.
Neanche il derby, a questo punto delicatissimo per l’equilibrio emotivo dello spogliatoio e per la situazione in classifica, sarà il teatro della rivoluzione tattica, nonostante qualche vago elemento di conversazione sia saltato fuori nelle ultime apparizioni. L’Inter non riesce più a fare girare il pallone intorno a Brozovic, ma può aumentare le soluzioni con le conduzioni fino alla linea di metà campo di Skriniar e De Vrij, che meriterebbero di essere protette da una difesa a tre; Lautaro fatica a fare “reparto da solo”, ma i suoi movimenti a cercare ampiezza meritano di essere compensati da opportuni movimenti in profondità, che darebbero eventualmente un senso al momento di confusione tattica che sta attraversando Vecino.
In ogni caso, mentre le luci dei riflettori sono concentrate come sempre intorno ai due centravanti, gli equilibri si decideranno a centrocampo. In quello del Milan potrebbe tornare Bakayoko titolare al posto di Biglia, tornato dall’infortunio con un grandissimo gol. Oppure potrebbe riposare Paquetà, che però a dispetto della giovane età appare il più insostituibile del centrocampo milanista, l’unico a cui basta una giocata per rovesciare l’inerzia della partita, una difesa del pallone, un controllo orientato, un suggerimento tra le linee. A giudicare da quanto l’Inter abbia sofferto la verticalità dell’Eintracht nel doppio confronto, privarsene potrebbe rivelarsi la meno saggia delle opzioni a disposizione di Gattuso.
Con l’arrivo del brasiliano, il Milan ha migliorato ulteriormente un aspetto centrale per l’impostazione tattica di Gattuso, e cioè la resistenza al pressing, che si è rivelata a lungo inefficace proprio al cospetto dell’Inter, in tutti gli ultimi incontri tra le due squadre. Nella gara di andata, il pressing portato in alto a ridosso della porta di Donnarumma rappresentò la chiave con cui l’Inter riuscì a penetrare nella solida difesa del Milan, quarta del campionato per xG subiti, proprio alle spalle dell’Inter, e di Napoli e Juventus.
Il Milan prova spesso a costruire sul lato di Romagnoli, Rodriguez, Paquetà e Calhanoglu, ma ancora con alterne fortune: in quest’occasione, nonostante l’inferiorità numerica del Sassuolo, un controllo impreciso di Calhanoglu regala il pallone a Sensi e conduce a un tiro in porta di Berardi.
Nel frattempo il Milan ha reso un po’ più fluidi i suoi meccanismi, imparando a scegliere quando passare da Rodríguez e a capire come uscirne, ma soprattutto ha aggiunto Piatek. Il polacco ha reso il pressing offensivo per gli avversari un gioco più rischioso: i reparti devono muoversi con grande coordinazione per non aprire il campo alle sue incursioni.
La principale minaccia che il Milan può mettere in campo è però anche quella che l’Inter può disinnescare con maggiore facilità, potendo ancora contare su due dei migliori difensori centrali del campionato, nonostante gli errori decisivi contro Cagliari e Eintracht. Una partita di sacrificio, per una squadra che ormai fatica a completare tre passaggi precisi di fila, potrebbe essere il modo migliore per appoggiarsi sulle proprie individualità, trattenere l’entusiasmo del Milan e affidarsi agli episodi. Adesso Spalletti dovrà rallentare, se vorrà salvare una stagione in cui tutto si è mosso troppo velocemente.