L'attaccante granata in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport: "Sto bene a Torino e in futuro mi vedo ancora qui. È stato difficile superare l'infortunio ma ora sto bene. Nazionale? È sempre un sogno, spero di tornarci. Il mio idolo era Sheva, l'ho sempre apprezzato come calciatore e come ragazzo. Dybala a Palermo era già fortissimo, poi è migliorato tanto"
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Ormai da quattro stagioni Andrea Belotti gioca e segna per il Torino. Due anni fa la sua miglior stagione, con i 26 gol segnati in campionato. L'anno scorso è stato condizionato dagli infortuni e ora sta tornando ad alti livelli anche grazie all'ottimo campionato che sta facendo la squadra di Walter Mazzarri. Spesso Belotti è al centro di voci di mercato ma l'attaccante granata ha le idee chiare per il futuro: "Lo immagino qui perché sono quattro anni che mi trovo benissimo a Torino – ha dichiarato in un'intervista a La Gazzetta dello Sport - Sono in una grande piazza, in una grande società, con dei compagni fantastici. E io ho sempre pensato che Torino sia una città bellissima. Se devo dire un posto dove immagino il mio futuro dico sicuramente Torino. Gli infortuni? Sono stati fastidiosi, ogni cosa era dolorosa. È stato difficile riprendere sia fisicamente che psicologicamente, anche perché io esprimo sempre tanta forza nel mio gioco. Ma ora mi sento bene, ho fatto un lavoro durissimo per recuperare".
"Nazionale? È sempre un sogno, spero di tornare"
Un altro obiettivo è quello di riconquistare l'Italia: "Giocare in Nazionale è un sogno, per chiunque. Io non nego che per me è sempre un’emozione incredibile. Quando indosso la maglia azzurra io vivo come un onore il rappresentare la mia nazione. È difficile da spiegare, è un’emozione unica. Per questo spero di tornare e lavoro perché questo accada. La delusione Mondiale? Tante cose sono andate male. La partita in Svezia era stata strana. Un palo di Darmian, poi un gol su rimpallo, perdiamo 1-0. Eravamo arrabbiati perché qualche svedese aveva pure provocato. Anche questa cosa ci aveva tolto serenità. Finita quella partita tutti abbiamo pensato che sicuramente ci saremmo rifatti a Milano. E siamo arrivati a San Siro contratti. Nei giorni precedenti la partita mancava lucidità, non c’è stata sicurezza. Era una grande squadra. Ma quando ti trovi senza serenità e convinzione le cose non ti riescono mai. Mi ricordo un’azione in cui forse non è stato fischiato un rigore su Parolo dopo pochi minuti. Quello è sembrato un segnale che le cose si mettevano male e ha aumentato l’insicurezza".
L'idolo Sheva e Palermo con Dybala e Gattuso
Tra idoli e passato: "Mi è sempre piaciuto Shevchenko, non solo per il tipo di giocatore, ma l'ho sempre ammirato perché era un ragazzo che non faceva mai parlare di sé fuori dal campo. Era un gran lavoratore, un professionista, dimostrava tutto sul campo e basta. È una cosa che mi ha colpito. E che ho cercato di replicare. Lavorare, più che dire. Palermo con Dybala? Il primo anno vedevo che aveva delle qualità tecniche esagerate, però non era ancora riuscito ad esplodere e sotto porta faceva fatica a fare gol. Era anche abbastanza leggerino, soffriva sempre un po’ il contatto. L’anno dopo, un cambiamento incredibile. Mi sono impressionato quando l’ho visto perché, a parte che faceva sempre gol, giocava un calcio pazzesco. Nonostante fosse piccolino era diventato più robusto, quindi anche fisicamente teneva botta, cioè riusciva a stare in piedi. A volte strappava via, anche a tu per tu. Teneva e ti bruciava”. Il primo allenatore a Palermo fu Gattuso: “Ma non l’ho vissuto tantissimo perché sono arrivato alla fine del mercato e quindi non avevo fatto il ritiro. Poi ero andato in Nazionale due settimane. Quando sono arrivato io il campionato era già iniziato e ho fatto quattro settimane con lui. Non più di tanto, il tempo di conoscerlo. Lui è stato esonerato dopo Bari-Palermo e proprio in quella partita mi fece esordire. Però per me è stata un’emozione perché, essendo io tifoso del Milan da piccolo, avere come allenatore un giocatore rossonero, per il quale avevo tifato, era qualcosa di magico. Poi è arrivato Iachini e abbiamo iniziato a vincere".