Riccardo Montolivo, il Milan e il ritiro: "Condannato a smettere"

Serie A

L'ex centrocampista a Corriere dello Sport e Corriere della Sera: "Ho vissuto un'esperienza surreale. Forse avrei dovuto fare la guerra, ma non mi sarei più potuto guardare allo specchio. Stavo bene e non è vero che ho rifiutato di andare via"

"Io mi fermo qui. Resto a vivere a Milano, con la mia famiglia, cosa farò adesso non lo so, devo pensarci. Però mi hanno condannato a smettere" a 34 anni. "33, perché ho giocato l’ultima volta a maggio 2018. Due stagioni nell’Atalanta, sette nella Fiorentina e sette nel Milan, anche se l’ultimo anno e mezzo è stato un calvario: messo ai margini, risposte mai date, strane dimenticanze. Ma non provo rancore. Chi ha sbagliato nei miei confronti, chi mi ha mancato ripetutamente di rispetto, farà forse i conti con la propria coscienza". Riccardo Montolivo – centrocampista classe 1985 oggi svincolato – torna a parlare e lo fa in un’intervista rilasciata a Corriere dello Sport e Corriere della Sera nella quale racconta la sua versione sull’ultimo anno da separato in casa al Milan. "Non ho mai fatto casino, perché l’educazione e il rispetto sono i valori con i quali sono cresciuto. Se avessi fatto la guerra avrei probabilmente ottenuto qualcosa, ma non mi sarei potuto più guardare allo specchio… Ho vissuto un’esperienza surreale", racconta Montolivo. Che poi svela alcuni retroscena: "Prima della partenza per la tournée negli Stati Uniti mi arriva un sms dal team manager: ‘Tu non vieni’. Motivazioni e spiegazioni, zero. Elliott subentra al cinese, Leonardo e Maldini prendono il posto di Mirabelli. Mi fanno allenare da solo o con Halilovic. Partecipo solo al torello. Nelle partitelle giocavo solo con le riserve e mai nel mio ruolo. Eppure i test di Milan Lab avevano confermato che stavo benissimo. Cosa è successo con Gattuso? Per me nulla, ma non sono riuscito a spiegarmi questa situazione e non ho mai avuto risposte", prosegue Montolivo.

 

"Non avrei ma pensato di vivere un’esperienza del genere"

L’ex capitano del Milan spiega poi il perché della fascia ceduta a Bonucci: "Non fui io a consegnargliela. Mi dissero che Yonghong Li aveva deciso che la fascia sarebbe passata a uno dei nuovi. Ho spiegato che lo trovavo ingiusto, che stavano commettendo un grosso errore poiché nello spogliatoio ci sono delle gerarchie che dovrebbero essere sempre rispettate. Feci i nomi di Bonaventura e Romagnoli. Niente, Bonucci". Montolivo rievoca poi il momento forse più difficile dell’ultimo anno e mezzo al Milan: "Contro la Fiorentina: fuori Biglia e io in panchina, José Mauri fece il centrale e Calabria, un terzino, partì mezzala. A un certo punto José Mauri chiese il cambio e l’allenatore spostò Calabria centrale e Calhanoglu fece la mezzala. Dopo quell’episodio provai a chiedere spiegazioni a Leonardo, la sua risposta fu questa: 'È stata una decisione dell’allenatore'. Il quale aveva detto che non avevo minutaggio. Ma come avrei potuto avere minutaggio se non mi metteva mai dentro? Non avrei mai immaginato di poter vivere un’esperienza del genere".

 

"Non ho mai rifiutato di lasciare il Milan"

Montolivo racconta poi del suo mancato addio durante il mercato: "Andare via a gennaio? Alcune squadre si fecero vive, anche dall'estero, non appena venivano informate del fatto che non giocavo da oltre un anno sparivano. Sia chiaro che io non ho mai rifiutato alcuna proposta. Ero pronto ad andarmene, sospetto però che qualcuno temesse che fossi rotto perché non ci potevano essere altre spiegazioni plausibili. E invece stavo bene. Mi hanno condannato a smettere. E non ho nemmeno avuto la possibilità di salutare i tifosi", ha concluso Montolivo.