Serie A, problema no vax: dal 10 gennaio non possono giocare

il caso

Dal 10 gennaio per giocare in Serie A, come in tutti gli sport di squadra all’aperto oltre che al chiuso, sarà necessario avere il super green pass, ovvero essere vaccinati o guariti dal Covid da meno di sei mesi. I giocatori no vax nel nostro campionato dovrebbero essere circa il 2%

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Le ultime misure di contenimento della pandemia da Covid prese dal Governo  avranno grande impatto anche sul mondo dello sport. Oltre alla nuova riduzione della capienza degli stadi, che torna al 50% all'aperto e al 35% al chiuso, e all'obbligo per gli spettatori di avere il green pass "rafforzato'" oltre che a indossare la mascherina FFP2, c'è una parte molto importante che riguarda anche gli atleti. Secondo le recenti disposizioni che scatteranno dal prossimo 10 gennaio, come riportato nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 24 dicembre, gli atleti di "sport di squadra all’aperto" potranno scendere in campo solo se provvisti di super green pass, ovvero se vaccinati o guariti negli ultimi sei mesi. Non basterà più dunque il solo tampone come era stato finora. 

 

In serie A si stimano 25-30 calciatori no vax

Nessuna cifra ufficiale per quanto riguarda la nostra serie A. I numeri però che filtrano indicano una percentuale di vaccinati fra i giocatori che tocca il 98%, molto superiore per esempio alla Premier League. Sarebbero dunque 25-30 i no vax che dal 10 gennaio se vorranno continuare a giocare in questo campionato dovranno sottoporsi al vaccino. Il green pass rafforzato diventa valido dopo 15 giorni dalla prima dose, quindi chi decidesse di vaccinarsi adesso non potrebbe comunque scendere in campo prima di metà gennaio, a meno che non venga concessa una deroga.

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E i vaccinati con Sputnik, non riconosciuto in Ue?

Un altro problema è quello che riguarda alcuni calciatori del nostro campionato che arrivano dall'Est Europa. Diversi di loro sono infatti vaccinati con lo Sputnik, vaccino non riconosciuto in Ue, e sviluppato in Russia e dunque con le nuove regole imposte anche loro non saranno utilizzabili in Serie A e non potranno accedere neanche nei campi di allenamento delle squadre. Un tema, quello dello Sputnik, che riguarda anche altri sport (ad esempio gli imminenti Australian open di tennis) e molte altre nazioni visto che il vaccino russo è diffuso anche in alcune zone del Sudamerica, dell'Asia e anche dell'Africa.

Il "caso Irving" in Nba

Sport & vaccino, il caso più famoso resta quello di Kyrie Irving. La stella Nba a ottobre era stata messa fuori squadra dai Brooklyn Nets per essersi rifiutato di vaccinarsi (la legislazione di New York impone l'obbligo di vaccinazione per accedere a determinati luoghi pubblici, fra cui il Madison Square Garden). Non potendo giocare le gare casalinghe, i Nets non hanno voluto pagare un giocatore “part-time” salvo poi, lo scorso 18 dicembre, decidere di reinserire Irving in squadra per le partite per le quali è eleggibile per poter scendere in campo (quelle in trasferta, fuori dallo stato di New York). E con la possibilità di allenarsi visto che la practice facility della squadra è stata considerata luogo "privato" e quindi non soggetto alla legislazione statale). Irving, secondo quanto riportato da The Athletic, non sarebbe un no vax ma avrebbe deciso di battersi per le istanze portate avanti da quelle persone che hanno perso il lavoro a causa delle imposizioni dettate dalla somministrazione del vaccino. “Vuole essere le voce di chi non viene ascoltato”, spiegano alcune fonti vicine a lui. Una lotta ideale, legata a principi nei quali Irving crede e per i quali vuole mettere a disposizione la sua cassa di risonanza: perdere soldi o popolarità non è un problema per un giocatore che, già da qualche tempo, aveva mostrato l'intenzione di essere controcorrente.

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