In campo o in panchina, il calcio è dei campioni

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Paolo Assogna

Paolo Assogna

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Il trait d’union di questo weekend di campionato è stato il peso dei singoli sui risultati finali. Nel bene e nel male, sia che fossero in campo a giocare o in panchina a decidere...

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Sono i campioni a dover risolvere i problemi nei momenti difficili. Guardate l’Inter a Bergamo. Ha fatto una partita di sofferenza contro una squadra, l’Atalanta, che ti viene a prendere individualmente in ogni angolo del campo. Rimanendo lucida e attendista, perché una grande squadra capisce il tipo di partita da giocare. Poi sono arrivati i campioni a indirizzare il risultato: Calhanoglu, trovando uno spazio che vede solo lui nell’azione che porta al rigore del vantaggio e Lautaro trasformando in gol la prima palla leggermente ritmata in area di rigore. 

Al Milan i campioni invece stanno faticando: Maignan meno sicuro di un tempo, Theo non pervenuto, Leao solista meraviglioso ma tendente all’innocuo quando la struttura di gioco non lo sostiene. La squadra di Pioli ha smesso di divertire e divertirsi, correndo dietro una rispettabile voglia di calcio verticale al momento però privo di equilibri. L’esperimento del doppio centravanti si è rivelato perdente, ma con quell’idea Pioli ha dimostrato comunque di non essere innamorato di nessun sistema. Sempre pronto a mettersi in discussione e cercare strade alternative.

La Lazio di Sarri ha sbattuto contro il muro del Bologna ha perso la cattiveria della passata stagione nel recupero palla. Le incertezze della linea difensiva sono effetto (di un pressing meno efficace) e non causa dei troppi gol subiti (+8 rispetto un anno fa). E così Tiago Motta sale al sesto posto senza particolari sofferenze: sembra allenatore da grande squadra, perché sa fare tante e differenti partite dentro i novanta minuti. Non sai mai cosa aspettarti quando giochi contro il Bologna. Tiago alza e abbassa la squadra interpretando i momenti. Sa essere coraggioso e prudente e ha a disposizione un potenziale campione come Zirkzee, bravo ad accarezzare il pallone come solo i grandi sanno fare. Un atipico difficile da decifrare, manifesto ideale di un calcio pieno di sorprese.

Anche di Raspadori (3 gol consecutivi) si poteva pensare fosse un atipico. Non è così ed è stato bravo lui al momento giusto ad autoassegnarsi un ruolo ben definito. E’ un centravanti e non un finto nove. Non è necessario essere alti da un metro e ottantacinque in su per essere considerati una prima punta. Romario non arrivava a un metro e settanta... 

Nella vittoria della Roma i campioni sono facilmente rintracciabili. Nella forza interiore di un gruppo bravo a cercare orizzonti invisibili agli altri a un passo dal baratro. E poi loro due. Puntate play al minuto numero 94’. Ci troverete la visione di gioco di Dybala decisiva anche nei momenti di mobilità limitata e la forza di Lukaku depositario di una dote riservata a pochi nel mondo: fare gol pesanti anche nelle giornate negative. 

E il campione della Juve chi sarebbe? La forza della tradizione. Allegri una cosa sa fare e sa farla bene, nel rispetto delle antiche abitudini italiane. Va bene così e diffidate di chi cerca la verità nel calcio. Non esiste e tutte le strade sono buone per arrivare al raggiungimento dell’obiettivo. Non ci credete? Provate a fare gol alla Juve di questi tempi…