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'Chiamatemi Ciccio': viaggio alle origini di Calzona

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Gli anni da calciatore nell’Eccellenza toscana, le due partite da allenatore-giocatore al Tegoleto fino all’arrivo di Sarri. Il primo vero incarico in panchina alla Castiglionese e il lavoro da rappresentante di caffè. La storia dell’allenatore del Napoli raccontata attraverso i luoghi in cui ha iniziato la sua carriera e le voci delle persone che lo hanno conosciuto

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Nella biografia di Francesco Calzona la macchinetta del caffè è la rappresentazione fisica della sua prima vita e la metafora della sua seconda. Uno strumento di lavoro negli anni da rappresentante, un esercizio per coltivare la pazienza nel suo viaggio da allenatore. Aspettare che il caffè salga, attendere che un sogno prenda forma. In entrambi i casi dipende tutto dalla fiamma. Finché resta viva è solo una questione di tempo. Nel piano cottura o nel piano di vita. Questa è solo la premessa di un racconto che parte una torrefazione ad Arezzo dove Calzona lavora per anni per mantenersi. Da calciatore, infatti, non è riuscito ad imporsi tra i professionisti. La sua carriera recita: 3 presenze in B e 1 in Coppa Italia alla metà degli anni ’80. La passione, però, non è mai venuta meno. E continua ad alimentarla lavorando per la “Moka Più”, un’azienda di caffè che diventa l’epicentro di una storia di calcio. O forse due. Presto capirete perché.

Castiglion Fiorentino, la prima panchina

Sarà proprio da una consegna a un cliente che nascerà il suo primo vero incarico in panchina. Al momento giusto, al posto giusto. Qualcuno la chiama fortuna (altri, coincidenza). Come quelle dei treni. In stazione per prenderle, però bisogna arrivarci. E Calzona era lì ad aspettare da tempo. Il cliente, scopriremo più avanti, era in realtà una vecchia conoscenza del passato. Un amico. È proprio il caso di dirlo. Da queste parti si riconoscono perché hanno tutti una cosa in comune. Quando chiedi di Francesco Calzona, ti correggono subito: “Io dico Ciccio perché noi lo chiamavamo così. Lo chiamiamo ancora in questo modo” ci racconta Piero Rossi, ex presidente della Castiglionese. Fu lui ad affidargli la panchina della squadra di Castiglion Fiorentino nel 2004 per quello che diventerà il suo primo vero incarico da capo allenatore.

Al Tegoleto per tre stagioni. Da calciatore ad allenatore

Una scelta frutto di una coincidenza e di un’intuizione che tra poco vi racconteremo. Ma Calzona, aveva già guidato una squadra. La sua squadra, quella in cui giocava nell’Eccellenza toscana. Il Tegoleto, la formazione che rappresenta una frazione del comune di Civitella in Val di Chiana. Meno di 10 mila abitanti in provincia di Arezzo. “Eravamo amici. Lui aveva un bar a Laterina e io facevo il rappresentante di dolciumi, gli vendevo i miei prodotti. Iniziò ad allenarsi qui e giocò con la squadra per 3 stagioni, dal 1998 al 2001”. A parlare è Roberto Bacci, ex direttore sportivo del Tegoleto. Fu lui a portare qui Calzona da calciatore. “Nel ’99 iniziammo il campionato d’Eccellenza con Giovanni Consoli in panchina, che poi venne esonerato. La squadra la prese in mano Ciccio”.

L'arrivo di... Maurizio Sarri

Calzona fa l’allenatore-giocatore per sole due partite. Di fatto questa storia parte dal punto in cui ogni altra sarebbe finita. Già, perché al suo posto arriva un allenatore che conosce già. Lavora in banca e a lui Ciccio, come lo chiamano ancora da queste parti, ha affidato la gestione dei suoi risparmi. È stato esonerato 9 mesi prima dal Valdema, ma ripartendo da qui, arriverà a vincere uno scudetto e una Europa League. “Sarri era senza panchina, lo conoscevo e lo contattai perché avevamo bisogno di uno con esperienza nella categoria. Lui vide una squadra che poteva fare un buon campionato e accettò”, prosegue Bacci ricordando anche quanto l’allenatore della Lazio fosse scaramantico già a quei tempi.

Calzona, allenatore nel DNA anche quando giocava

“Noi giocavamo al Comunale e lui metteva la macchina sempre nel solito posto. Una domenica arrivammo al campo e qualcuno aveva parcheggiato proprio nel suo spazio. Si arrabbiò molto e disse: “Fate levare la macchina altrimenti non si gioca”. Sono dovuto andare in paese per capire di chi fosse l’auto e chiedergli di spostarla. La macchina venne tolta dal posto di Maurizio e lui ci parcheggiò la sua. La partita la vincemmo 1 a 0”. A fine stagione arrivò la salvezza e Sarri passò al Sansovino. In 3 anni lo porterà dall’Eccellenza alla C2. Calzona continuò a giocare con il Tegoleto per un altro anno prima di passare alla Castiglionese. “È arrivato qui nel 2001 come calciatore. Trovammo l’intesa per il trasferimento a luglio. Stava andando in vacanza a Reggio Calabria. Lo chiamai e lui si fermò in un’area di servizio. Cominciammo a parlare e alla fine ci accordammo. Così venne a giocare a Castiglion Fiorentino”, racconta Vincenzo Baldi che all’epoca era direttore sportivo della squadra. “Aveva proprio nel DNA di essere un allenatore, anche quando giocava. Non era venuto qui per proseguire poi la carriera in panchina. Quella fu un’idea dell’allora presidente Piero Rossi”, ricorda Roberto Cirelli, oggi presidente onorario del club. Le sue parole vengono subito confermate dall’uomo che ebbe quell’intuizione. “Nel campionato 2003-2004 Calzona cambiò squadra, ma nonostante questo continuava a passare da qui perché in quegli anni faceva il rappresentante di caffè. Era il nostro fornitore. Una sera venne in sede, si informò di come stessero andando i playout che stavamo disputando in Eccellenza. Io gli chiesi se fosse interessato a presentarmi un progetto tecnico per la stagione successiva, a prescindere dalla categoria in cui avremmo giocato. Dette subito la sua disponibilità. A termine dei playout la squadra retrocesse in Promozione. Io riparlai con Calzona e lui accettò l’incarico”. Da quel momento di strada ne ha fatta tanta, ma nello stadio della Castiglionese c’è ancora la sua panchina.

Nel 2007 la chiamata di Sarri. Un sodalizio lungo 15 anni

“Ciccio Calzona si è seduto qui per la prima volta da capo allenatore. Fa un certo effetto a ripensarci oggi”, racconta ancora Vincenzo Baldi con un po’ di commozione. Un anno alla Castiglionese, poi l’esperienza al Torrita in provincia di Siena. Nel 2007 la chiamata di Sarri, appena scelto dall’Avellino in Serie B, segnerà l’inizio di una carriera da vice lunga quasi 15 anni, di cui 11 proprio con quello che fu il suo allenatore al Tegoleto. Un allenatore a cui, nel paese in cui è cresciuto a una trentina di chilometri da Firenze, è stato addirittura intitolato un antico caffè. 

Calzona? Nessuno gli ha regalato niente

Uno di quelli che Calzona avrebbe potuto rifornire negli anni da rappresentate e che oggi è un piccolo museo della storia di Napoli e del Napoli. Totò, Troisi, Maradona, Lavezzi, Kvara e ovviamente il suo amico Maurizio. Una galleria di ricordi per Sarri, e quindi anche per lui. Per cui quel piccolo bar diventa una sorta di crocevia temporale in cui le sue due vite si incontrano. Uno di quei luoghi in cui ripensare agli sliding doors che lo hanno reso quello che è oggi. “Faceva il rappresentante di caffè, doveva fare le corse per arrivare puntuale agli allenamenti. Di sacrifici sicuramente ne ha fatti molti”. A dirlo è Gabriele Bacci, addetto stampa del Tegoleto e memoria storica della squadra. Anche alla Castiglionese non hanno dubbi sul duro lavoro che ha portato Calzona fino alla Serie A. “Se si vuol parlare di meritocrazia, lui prima di arrivare ad allenare il Napoli si sia fatto un mazzo tanto. Non gli ha regalato niente nessuno”, ribadisce Roberto Cirelli.

 

Nel 2022 grazie ad Hamsik diventa Ct della Slovacchia

Una vita nell’ombra prima di diventare Ct della Slovacchia nell’agosto del 2022, suggerito alla federazione da Hamsik. Ora il ritorno al Napoli, questa volta da capo allenatore. Con un ottavo di ritorno di Champions da giocare contro il Barcellona. Calzona dà l’impressione di aver percorso la Rambla della sua vita, pardon delle sue due vite, senza mai perdersi. Ha solo fatto qualche deviazione in più per capire meglio che direzione prendere.

Il futuro può essere dolce come un caffè

Perché, come avrà imparato negli anni da rappresentante di caffè, se la macchinetta è buona e la alimenti con le idee giuste, basta una scintilla per cambiare il proprio destino. Se la fiamma non si affievolisce, serve solo un po’ di pazienza perché il caffè salga. Il fumo accompagnato da un sibilo farà il resto. Qualcuno ti noterà e deciderà di darti un’occasione versandoti in una tazza o in una coppa dalle grandi orecchie. Nella città che fa del caffè un simbolo e un culto. Sta poi a te mettere lo zucchero e girare con delicatezza il cucchiaino. Perché anche una stagione amara può diventare dolce come succede a una tazza di caffè.

Lo Speciale, a cura di Tommaso Paghi e Flavio Chioda dal titolo "Chiamatemi Ciccio: viaggio alle origini di Calzona" è in onda oggi alle 20.30 ed a mezzanotte su Sky Sport 24.