Napoli con Kvaratskhelia, Neres o Politano? Il piacevole imbarazzo di Antonio Conte

Intanto sono alternativi. Uno o l’altro. Con le gerarchie che sono saltate. E parrebbe anche cambiate. Però Kvaratskhelia è tornato. E adesso la suggestione è vederli insieme per pezzi di bravura e di partita. Lui e Neres. Il 7 che si fa periodico su tutt’e due le fasce. 7 e 77. La cifra tecnica che è talento che deborda. La soluzione mai vista e che però è ricchezza, visione e sfida. E fantasia. Mozione e consenso popolare. Ma chissà se poi però è pure equilibrio. Politano è stato fin qui la qualità che fa da contrappeso. Uno e trino. Terzino, tornante e ala. Tre volte 7… Infatti ha il 21. Si moltiplica in campo. Cambiando pelle e anche il Napoli. L’uomo sistema. La variabile tattica. La mette in serie per Lukaku e poi fa il campo contromano per andare a prendere l’ala che scappa. Due fasi. E quella difensiva, così, la fa solo lui. Perché Neres è bello a metà. Bello e impossibile da marcare. Sa stare e andare di qua e di là. Di tacco e di punta. È samba. Leggero e leggiadro. Magari preferirebbe partire da destra e rientrare sul suo piede forte; venire dentro al campo. Mirare la porta. Ma pure a sinistra non si tiene. Non si mantiene. E da lì comunque sfonda ed è il panico. La mette sulla velocità, sull’imprevedibilità, sulla testa di Anguissa… Il quarto assist stagionale giocandone appena tre da titolare. Insomma, bello, bellissimo. Bellino e basta invece quando deve correre all’indietro; contro natura. Scherma, si frappone, si sacrifica generoso. Si impegna. Ma fino ad un certo punto ci arriva. C’è la coperta di McTominay che gli copre le spalle. Il ‘Linus’ di Scozia che fa 13 km a partita: quando gli altri non ne hanno più, lo scozzese ancora si beve il campo. Va per due, doppio. Quelli geniali sono tutti un po’ così. Hanno il piedino prodigo più che la gamba generosa. Speri sempre te la facciano vincere, ma anche che non ti facciano difendere con uno in meno. Khvicha ormai si è adeguato. Si applica volenteroso. Del resto per Conte è una condizione. Si danna. Si presta come non faceva. E ha presenza scenica anche quando rientra. Lo vedi, lo senti. Lo apprezzi. Pure se poi il colpo a effetto ce l’ha davanti. Ed è lì che abbassa la testa e ti punta secco. Irriverente. Però poetico nell’interpretazione di un calcio che è di strada. E caracolla, si ingobbisce, si intestardisce. Spacca le partite, Napoli e i giudizi. E adesso anche le scelte di Conte. La concorrenza seria è medicina. La panchina guarisce in fretta. E Kvaratskhelia ha spinto per esserci a Genova. Ha forzato, accelerato. Ha sollecitato il ginocchio malandato. È entrato cattivo. La fasciatura era già il segno di una battaglia nuova. Ci sarebbe probabilmente andato comunque in panchina. E lui è ribelle dentro. Contro il Venezia sarà la prima volta che Conte dovrà scegliere senza ‘l’aiutino’ di infortuni o evidenti e fisiologici periodi di apprendimento. Abbondanza che è ricchezza. Chissà però se è poi anche dubbio. A Marassi, per 45’ minuti, si è visto il Napoli migliore dell’anno. Ha riempito il campo e gli occhi. Baricentro alto, possesso vicino al 70%. Il 91% di precisione nei passaggi. Pallone che va veloce. E che trova linee e spazi. Fisicità debordante. E il senso di una squadra che comanda. Autorevole. Forte. Di qualità. Matura. E titolari c’erano Politano e Neres. Kvaratskhelia è il valore aggiunto. Sono tre e diversi. Uno, è unico. Due, unici. Piacevole imbarazzo. Il tempo è adesso. E c’è bel tempo fuori. All’esterno…

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