Bastoni: "Anche i calciatori fanno sacrifici. Io tra i primi al mondo così nel ruolo"
INTERIntervistato da Alessandro Cattelan nel podcast Supernova, il difensore nerazzurro ha toccato diversi temi a partire dal sacrificio: "Non li fanno solo operai e muratori, se non vivi questo mondo non puoi capirlo". Dalla fede interista ("Me l'ha trasmessa papà") al concetto di leadership: "Nello spogliatoio parlano tanto Lautaro e Barella". E poi i social, i consigli per emergere e la sua eccellenza a livello mondiale
Titolarissimo all'Inter e in Nazionale, lui che è uno dei difensori più forti al mondo. Parliamo di Alessandro Bastoni, 26 anni il prossimo 13 aprile, uno dei punti fermi del calcio italiano del presente e del futuro. Lo ha intervistato Alessandro Cattelan nel podcast Supernova, chiacchierata nella quale il mancino interista ha toccato diversi temi a partire da quello del sacrificio: "A cosa mi aggrappo per mantenere alto il livello? È una cosa personale, dipende tanto dal percorso che uno ha avuto. Nel corso della carriera ho incontrato le persone giuste al momento giusto. Davanti a tutto metto i sacrifici che ho fatto. Per la gente in generale i sacrifici li fanno soli gli operai o i muratori. Se non sei dentro a questo mondo fai fatica a capire i sacrifici che fa un giocatore: giochiamo talmente tanto che siamo sempre lontano dalle famiglie. Il discorso si riduce sempre a 'eh ma guadagni milioni', però per me è una cosa sbagliatissima: il tempo è una cosa impagabile e non te lo restituisce nessuno. Facciamo almeno un ritiro alla settimana, il sabato prima della partita, poi la domenica giochiamo e lo stesso quando giochiamo il mercoledì. Dormo a casa due-tre notti a settimana. Poi i giorni in cui dormo a casa sono via fino alle 14 per via degli allenamenti, quindi il tempo a casa è veramente ristretto".

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Fede interista e leadership
Bastoni ha raccontato come è nata la passione nerazzurra: "La finale di Champions del 2010? Avevo 11 anni, la guardavo con mio papà ed è stato proprio lui a trasmettermi la passione per l’Inter. Ho una foto, che ho pubblicato anche su Instagram, in cui guardiamo quella partita. Ho fatto 11 anni di settore giovanile con l’Atalanta e ho affrontato non so quante volte l’Inter, in quei momenti non mi stava molto simpatica. Facevo i miei interessi. Poi da grande, quando rappresenti i colori che ami, è il massimo della vita. Non dovevo più cercare i risultati della mia squadra del cuore, perché ne facevo parte". E sul tema della leadership: "Sono uno che parla negli spogliatoi? Sì, ma non c’è bisogno di parlare sempre. C’è un livello talmente alto che uno sa dove sbaglia, al massimo potrei dire qualcosa in merito all’atteggiamento nel caso in cui le cose non stiano andando bene. In passato ho avuto l’umiltà di riconoscere quando parlare o meno. In spogliatoio parlano tanto Lautaro e Barella, ma non abbiamo la cultura dove uno parla e tutti stanno zitti. Non c’è più il nonnismo che c’era una volta. Ci sono passato nei primi anni di carriera, ora fortunatamente non c’è più. Ad esempio all’Atalanta succedeva con Stendardo, Masiello e Zukanovic. Una volta ho fatto un tunnel in allenamento ed è finito il mondo, non lo trovo giusto. Fortunatamente c’è più cultura ora."
"Io tra i primi a interpretare così il ruolo"
Il difensore è tornato proprio sugli inizi all'Atalanta: "Avevo esordito con Gasperini, poi sono finito nel dimenticatoio nonostante avessimo vinto contro la Sampdoria di Quagliarella, Muriel e Skriniar. Sono valutazioni che fanno gli allenatori: avevo 17 anni, non potevo farci nulla. Nel caso uno non riesca a ricevere il giusto riconoscimento, il mio consiglio è quello di cambiare per fare il salto di qualità: vale per qualsiasi lavoro, non solo per il calcio." Bastoni riconosce una delle sue caratteristiche a livello mondiale: "Sono uno dei primi difensori che interpreta il ruolo così, che si spinge molto in attacco. Lo faceva già un po’ Toloi all’Atalanta, ma con così tanta costanza forse sono il primo. Le mie caratteristiche aiutano, mi piace portare la palla. In Nazionale non posso farlo perché giochiamo in questo modo. I migliori difensori? Senso della posizione: Chiellini. Anticipo: Cannavaro. Colpo di testa: Van Dijk. Lancio: io. Senso del goal: Sergio Ramos". E in chiusura il suo rapporto coi social a partire dalla situazione di Maguire: "È normale che quando vieni pagato tanto che le pressioni aumentano. A Manchester lo sappiamo che è difficile, chiunque va lì si trova in difficoltà. Spesso manca il rispetto verso di noi: non puoi insultarmi la famiglia o augurarmi la morte perché ho fatto un errore. I social hanno portato questa cosa malsana. Poi c’è chi va dritto per la sua strada e se ne sbatte e chi meno. Parlo ad esempio al tifoso dell’Inter che fischia un suo giocatore o lo va ad insultare sui social: è controproducente. Io vado a leggere i commenti, mi infastidisce vedere certe cose. Poi magari capita che ti trovano in giro e ti chiedono la foto: sta a te distinguere le critiche delle persone. C’è una cattiveria e un’invidia che fa paura".