Scudetto Napoli 2025, le pagelle di Stefano De Grandis

SCUDETTO NAPOLI
Stefano De Grandis

Stefano De Grandis

Introduzione

Il Napoli di Antonio Conte è campione d'Italia. Dopo un testa a testa fantastico con l'Inter di Simone Inzaghi, i campani vincono il quarto scudetto della propria storia: il secondo negli ultimi tre anni. Ma chi sono i protagonisti di questa stagione trionfale? Uno su tutti, l'allenatore. Senza dimenticare quel Scott McTominay (o McFratm), sorpresa prima, dominatore poi. Ma in un campionato così, non ne mancano altri. Vediamo insieme i voti 

LO SPECIALE SCUDETTO DI SKY

Quello che devi sapere

Antonio Conte 9,5

Alla fine, ragione lui. Anche se si fida solo del suo gruppo e meno delle alternative. Anche se il gioco, a parte un picco nel cuore dell’inverno, non è stato esaltante. Anche se sul traguardo il gruppo dei titolari è arrivato col fiato grosso. Anche se ignorando alcuni nuovi acquisti e manifestando la propria insoddisfazione per l’operato della società, ha rischiato di togliere certezze alla rosa. I numeri dicono che ha avuto ragione lui. Il suo specchio non gli ha mai confermato di essere il più bello, ma Conte non ha avuto la necessità di chiedere se fosse il più vincente. Scudetto al primo colpo, come nella Juve e nel Chelsea. Meglio che nell’Inter dove aveva avuto bisogno di ben due anni. Col lavoro settimanale, con gli schemi mandati a memoria, con MC e Lukaku pretesi da lui. Ma anche senza Kvara da gennaio e senza una alternativa (secondo lui) utilizzabile, Conte comunque arriva. Non sarà mai Mister Italia dal punto di vista estetico, ma se gli affidi una squadra potenzialmente forte e che non scorre, se i collegamenti non funzionano, se c’è da lavorare sui meccanismi e sulla pulizia all’interno della rosa, hai la garanzia. Nessun rischio di incompiutezza stagnante

MISTER MUSCOLO

Antonio Conte 9,5

Scott McTominay 9,5

Se cerchi la fotografia della stagione, della forza con cui il Napoli ha piegato l’Inter, diventa perfetta la gigantografia dei 191 centimetri dello scozzese. Mac aggiunto a Zambo ha fatto sì che il centrocampo del Napoli fosse il più fisico del campionato, quello che ti fa vincere a spallate, a contrasti. O se volete a colpi di testa. Con cui Scott si fa sentire anche in area avversaria. Tra quelli e i tiri da fuori, McTominay mette insieme, oltre a 6 assist, addirittura 12 gol. E non è un caso se sia suo anche il gol che certifica lo scudetto nell’ultima partita. Come cannoniere è secondo solo a Lukaku, che però 3 dei suoi 14 li segna su rigore. Mac non fa il centravanti, anzi fa tanto di altro. Gioca da mezzala offensiva, da trequartista, da seconda punta, e poi quando Conte passa al 4-4-2, pure da laterale di sinistra. Si adatta? No, fa tutto bene, è sempre presente in ogni ruolo, ha spunto e progressione, e decide pure su calcio di punizione. Lo abbiamo visto invece parlare poco, forse per timidezza, o scarsa dimestichezza con la nostra lingua. Oppure ha semplicemente sfruttato questo comodo alibi. Perché lui, senz’altro preferisce il combattimento, il corpo a corpo, le sportellate. Stile condottiero.  

BRAVEHEART

Scott McTominay 9,5

Giovanni Di Lorenzo 9

Era già con la valigia pronta, dopo l’annata storta e il voltafaccia della tifoseria. Conte lo ha convinto che valeva la pena restare: né Allianz Stadium e stop a ipotesi suggestive, resta il capitano simbolo del Maradona. Uno e trino, però. Non solo terzino di fascia alla Spalletti, ma terzo di difesa, quinto di centrocampo o addirittura interno, al limite dell’area, per cercare di chiudere l’azione. Disponibile per ogni scelta dell’allenatore, ma anche particella impazzita del meccanismo di Conte, capace di spostarsi, appunto, anche nel cuore della stessa partita. Difficile stabilire se sia più forte il Dilo contiano rispetto a quello spallettiano. Di certo, il capitano si è ripreso tutto. Compresa la piena fiducia in Nazionale dove adesso dà garanzie anche da terzo della difesa. In campionato, il tandem con Politano si è modificato. Con Spalletti, Dilo  si sovrapponeva spesso all’esterno; con Conte e con Politano tutta fascia, ha trovato più spazio come mezzala aggiunta. Coi tempi, coi piedi e con l’irruenza giusta. 

TRASFORMISTA

Giovanni Di Lorenzo 9

Stanislav Lobotka 9

Dopo aver lasciato per un anno a Calahnoglu il titolo di miglior play del campionato, non ha faticato a riprenderselo, seppure con qualche variazione sul tema. Meno pressing alto, attenzione a tenere stretto il reparto, sportello sempre aperto per chi volesse mettere in banca il pallone. Addirittura fondamentale nell’ultima parte della stagione, quando la squadra aveva bisogno di tirare il fiato, e quindi di consegnare il pallone per respirare. Diventa una bella uscita di emergenza. Senza di lui, nel finale, qualche punto è stato perso per la strada. Con lui e attraverso di lui, il Napoli ha costruito il gol che più di tutti conserva il sapore di scudetto. Quello del pareggio in casa, contro l’Inter, all’87° minuto. Sul tabellino c’è il nome di Billing, che l’ha buttato dentro, ma quel pallone lo ha condotto, lo ha lavorato, lo ha scambiato con Mac e lo ha consegnato Lobotka. Che di solito fa il lavoro sporco. Ma quando serve, sa trovare lo spunto per presentare azioni di una lucentezza brillante

SMACCHIATORE

Stanislav Lobotka 9

André-Frank Anguissa 8,5

Con McTominay sovrano, è facile inquadrare Zambo come luogotenente. Assistente, consigliere, guardaspalle, e a volte in grado di assumere la reggenza e il comando temporaneo della situazione. Con 6 gol segnati, quasi sempre riempiendo l’area di rigore, Anguissa è stato superiore alla sua figura spallettiana. Centrocampista alla Conte, fisico, strutturato, ma anche arrembante, come piaceva essere all’allenatore nel tempo in cui giocava. Se il centrocampo del Napoli riesce a imporsi come il più forte del campionato (meno tecnico di quello interista, ma certamente più fisico) è per i chili e lo stacco aereo che Zambo aggiunge alla fornitura dello scozzese. A differenza di Mac, che non conosce pause, Anguissa ha un passaggio a vuoto nel finale. Prima un infortunio, poi un probabilmente conseguente calo fisico. Ma torna in tempo per dare sprint alla corsa scudetto. Un numero da foca alla penultima di Parma – sombrero, sinistro al volo e palo pieno – avrebbe potuto chiudere prima la storia. Ma vuoi mettere festeggiare in casa, davanti allo stadio traboccante?

GUASTATORE

 André-Frank Anguissa 8,5

Amir Rrahmani 8,5

Il vero up grade, nella stagione, lo realizza lui. Da guardia scelta, da partner affidabile del leader difensivo – prima Kim, poi Buongiorno, nelle due stagioni scudetto – si merita la promozione a comandante del reparto. E onora i gradi, conseguenti all’infortunio di Buongiorno, con un rendimento addirittura sorprendente. Di fianco a Juan Jesus, a Rafa Marin, e poi a un laterale trapiantato al centro come Olivera, il kosovaro si avvicina al percorso netto, giocando tutte e 38 le partite e tutte bene. Con un solo neo, che condivide con Meret, con la percentuale di colpa assegnata secondo gusti. Quell’autorete a Como così goffa – passaggio indietro senza guardare, finito nella porta lasciata sguarnita – da non essere dimenticata nemmeno a scudetto vinto. Ma accantonato il malinteso, visto che la sconfitta di Como non ha avuto conseguenze, conta il resto. Senso dell’anticipo, efficacia nell’uno contro uno, abilità nel gioco aereo, con l’aggiunta di un gol segnato. Tutto funzionale. Compreso il giocatore che viene schierato al suo fianco.

DOMINATORE

Amir Rrahmani 8,5

Matteo Politano 8,5

Da ala a mezzo servizio – con Spalletti si alternava con Lozano – passa a factotum indispensabile.  Comincia più alto ma con grandi compiti difensivi. Poi si applica giocando a tutta fascia, recuperando credito per la nazionale. Ma la verità è che, qualsiasi ruolo gli affidi Antonio Conte – che a lui non rinuncerà mai – Poli si muove in modo da registrare la squadra, che altrimenti risulta sbilanciata dall’altra parte, qualunque puntello venga utilizzato tra Kvaratskhelia, Neres o Raspadori. A farne le spese sarà il suo sinistro a giro dal limite dell’area – solo tre gol e tre assist in totale – ma ne guadagnerà l’equilibrio in senso assoluto. Il tandem versione 2.0 con Di Lorenzo, meno spettacolare ma molto affidale, adesso può essere replicato nel Club azzurro. Tanto che quando c’è stato da soffrire, Politano ha scavalcato Mazzocchi anche come quinto della difesa. Per uno che nel Sassuolo aveva giocato persino da punta, diventa un inno alla versatilità.  

EQUILIBRATORE 

Matteo Politano 8,5

Romelu Lukaku 8

La differenza rispetto al Romelu che Conte aveva all’Inter è di almeno un paio di livelli. Il  centravanti che abbiamo visto strapazzare un omone come Mina all’ultimo atto, era inarrestabile in progressione sempre, e letale in contropiede. Questione di anagrafe – Big Rom ne ha appena compiuti 32 – e anche di preparazione inadeguata, se è vero che muovendosi sempre in prestito dal Chelsea, Lukaku salta sempre il ritiro estivo e in questo Napoli atterra a campionato già iniziato. I gol lo dimostrano: solo 11 su azione più tre rigori non sono da bomber scudetto. Eppure Romelu resta centrale nel gioco di Conte. Fermata obbligatoria delle transizioni offensive e meraviglioso distributore di palloni. Il numero di 10 assist, alla fine del campionato, conferma la sua trasformazione in playmaker offensivo. E il fatto che la squadra possa appoggiarsi a un armadio, dove depositare il pallone senza sbilanciarsi, è uno degli ingredienti che consente ad Antonio Conte di poter proporre, senza concorrenza, la squadra con la difesa meno perforata. 

BOA DI SALVATAGGIO

Romelu Lukaku 8

Alessandro Buongiorno 8

Il dubbio è che sia più forte di Kim, il centrale che aveva guidato la difesa del primo scudetto, Perché fino all’infortunio, Buongiorno non ha sbagliato una partita, regalando al reparto peso, forza, aggressività, e capacità nell’uno contro uno. L’attaccante che lo affronta se la passa male, viene asfissiato, maltrattato, sballottato. Insomma, dominato fisicamente da un difensore che si esalta nella marcatura a uomo. Senza infortunio sarebbe probabilmente addirittura cresciuto, anche nei gol segnati su angolo, come nella esperienza torinista. Nel Napoli si è fermato a uno, ma nell’ambito di 22 presenze che ne hanno confermato la piena affidabilità. Quando migliorerà nella interpretazione della marcatura a zona, diventerà un pilastro della nazionale

BUTTAFUORI

Alessandro Buongiorno 8

Mathías Olivera 8

La sua capacità di difendere, e soprattutto di adattarsi, lo trasforma nell’arma in più di Conte, che dopo aver perso Buongiorno, deve rinunciare pure al terzo centrale Juan Jesus che lo aveva rimpiazzato bene. Il quarto, Rafa Marin, è stato provato e immediatamente bocciato, e così l’allenatore ha dirottato verso il centro Olivera, che già con Spalletti aveva dimostrato di avere fisico e attitudini per chiudere gli attaccanti. Di certo, abbandonata la fascia, l’uruguaiano ha dovuto cambiare mestiere. E se l’è cavata anche lì, dopo l’ottimo lavoro fatto nella prima parte della stagione sulla corsia di sinistra, quando Spinazzola sembrava spento e Olivera era indispensabile da quella parte. Come centrale, invece, si è fatto guidare da Rrahmani e si è fatto valere pure di testa, a parte l’amnesia sul pareggio del Genoa con Vazquez, che poteva complicare il percorso della squadra. Una sbavatura, da dividere però con Billing che sulla stessa traiettoria non era nemmeno saltato. Nel complesso, comunque, si dimostra solido, ordinato, affidabile. Non essendo un laterale arrembante sulla fascia, in definitiva può diventare perfetto come braccetto nella difesa a tre. Dove è stato puntuale e convincente, in chiusura e nella uscita palla. 

SOLDATINO

Mathías Olivera 8

Khvicha Kvaratskhelia 7,5

Il georgiano divide. E si pone in mezzo, tra i tifosi che si sentono traditi dalla scelta di Kvara di andare via e quindi contenti dell’epilogo senza di lui; e gli altri che hanno invece cullato il rimpianto per un’ala di livello volata in finale di Champions League e mai sostituita adeguatamente in organico. Seppure non fosse l’alieno atterrato nella squadra di Spalletti, Khvicha ha comunque contribuito al titolo con quattro gol e tre assist nel girone di andata. Assieme a Lukaku, McTominay e Anguissa, fosse rimasto avrebbe probabilmente reso meno evidente la penuria di gol – quinto attacco del campionato a pari della Fiorentina – che ha attanagliato a lungo la squadra. La contemporanea esplosione di Neres, nelle settimane in cui si trattava il suo passaggio al Psg, ha creato confusione. Ha illuso riguardo a una sua possibile partenza indolore. Che alla fine non ha impedito la conquista dello scudetto, ma ha probabilmente compromesso – per il mancato arrivo di un sostituto alla stessa altezza – i rapporti tra Antonio Conte e il presidente De Laurentis.

TRANFUGA

Khvicha Kvaratskhelia 7,5

David Neres 7,5

Il mal di pancia di Kvara ha, paradossalmente, rappresentato un ricostituente per il brasiliano, che in avvio di stagione aveva a disposizione solo brandelli di tempo, in alternativa a una delle due ali. Però saltava l’uomo aiutava a chiudere le partite: suoi tre assist nelle prime quattro partite da subentrato. Via Kvara, il posto da ala sinistra è diventato suo. E pur interpretandolo il ruolo diversamente dal georgiano – meno potenza e maggiore estro – ha regalato un assist anche al presidente: la scusa per dedicarsi all’acquisto di una semplice alternativa come Okafor, invece che di una ala sinistra titolare. Con Neres, in effetti, la squadra ha continuato a funzionare bene. Fino all’infortunio che lo ha tolto di mezzo per quasi tre mesi.  Conte è impazzito, Okafor è finito nel dimenticatoio pagando la scelta esclusiva del presidente, e al rientro Neres ha faticato a ritrovare energia a spunti. Destinato a brillare per metà stagione

COMETA

David Neres 7,5

Leonardo Spinazzola 7,5

In avvio sembrava fosse in declino. Spento, involuto e quindi sul punto di partire a gennaio, destinazione Firenze. Questione di forma fisica, però. Dovuta agli acciacchi tra il finale della stagione precedente e l’avvio della sua prima a Napoli. Invece Spinazzola non solo è rimasto a Napoli dopo il mercato invernale, ma ha acquisito condizione e fiducia dell’allenatore. Che lo ha utilizzato tutta fascia, con Oliveira nei tre dietro. E poi addirittura da ala, partito Kvara e con Neres fuori causa. Conte sapeva bene che Raspadori è tutto fuorché un esterno e ha trovato la ragione per motivare Spina, che ha cominciato a correre e ha pure regalato qualità alla squadra. Il girone di ritorno di Spinazzola è stato eccellente. Da ala ha permesso alla squadra di diventare simmetrica e a Politano di affacciarsi addirittura in attacco. Da quinto, nel suo ruolo preferito, di ritagliare un posto per Raspadori nel 3-5-2, con cui Conte a ridisegnato la squadra. 

CHIAVISTELLO

Leonardo Spinazzola 7,5

Giacomo Raspadori 7,5

E’ l’unico che abbia avuto vantaggio dalla improvvisa scomparsa dell’ala sinistra. La cessione di Kvara, l’infortunio di Neres, la mancata considerazione prima di Ngonge e poi di Okafor, hanno convinto Conte a mescolare le carte. Via al 3-5-2 e finalmente spazio alla seconda punta, ruolo ideale per un talento molto meno adattabile di quanto si creda. Raspadori non è e non sarà mai un esterno d’attacco. E un sotto-punta, può fare anche il trequartista o al limite il falso nueve. Ma se svaria alle spalle del centravanti, e si inserisce, e si avvicina all’area di rigore, allora diventa più che prezioso. Perché calcia benissimo con tutti e due i piedi, ha baricentro basso e cosce da mediano e non lo sposti mai. In più è guizzante, e partendo da dietro, arriva in area prima che il radar del suo marcatore lo abbia individuato. Comincia a giocare con regolarità dalla venticinquesima giornata. E nelle sue 10 partite in cui gioca più di 25 minuti, realizza 5 gol e un assist. Trasformando l’azione offensiva.  

DECISIVO

Giacomo Raspadori 7,5

Alex Meret 7

Vince il suo secondo scudetto, eppure resta nel limbo. Nessuna statuetta da mercato per lui, anzi sempre dubbi e perplessità – con grande forzatura – sulle sue prestazioni. Eppure è  il portiere meno battuto del campionato. Eppure il suo campionato non può essere giudicato insoddisfacente. Qualche errore c’è stato, ci mancherebbe, ma quale portiere ne è esente? Il problema semmai riguarda la personalità, la fisicità contenuta, l’esuberanza compressa. Meret parla con voce composta e atteggiamento umile, non sbraita in campo, non esulta sguaiatamente alla prima buona parata, ma tecnicamente ha pochi rivali. Il fatto è che gli si addossano anche le colpe che non ha. E quando la sua responsabilità su un gol è parziale rispetto a quella di altri compagni, il popolo se la prende con lui. Come per i due gol segnati dal Genoa al Maradona; come per il pasticcio di Como, dove lui attende il pallone fuori dai pali, come da regola, mentre Rrahmani glielo spedisce dentro. Potrebbe farsi sentire di più all’interno della sua area, potrebbe urlare ordini ai suoi compagni. Ma la compostezza non può essere il peggiore dei mali

INCOMPRESO

Alex Meret 7

Juan Jesus 7

L’avvio è di quelli choc. E’ tra i titolari nella prima disastrosa a Verona: tre gol subiti con la difesa, priva di Buongiorno, che fa acqua. Ma poi, alla sua maniera, recupera stima e fiducia da parte di tutti, proponendosi come la migliore alternativa al centro della difesa. Sia come centrale di sinistra, e ancora meglio nella difesa a tre, vista la velocità e l’educazione del suo piede mancino. Con Buongiorno fuori causa, diventa il partner perfetto di Rrahmani, ma si ferma sul più bello, mandando nel panico Conte, che con le seconde linee difensive ha già preso tre gol in coppa Italia dalla Lazio. Il prototipo della riserva perfetta di Antonio è proprio lui. Affidabile, essenziale, duttile. Se davvero questa estate Conte cambierà squadra con lo scudetto sul petto, sarà per l’assenza di SuperStars. O più sottilmente per la presenza di pochi senza macchia come Jesus 

ACCESSORIO

Juan Jesus 7

Billy Gilmour 7

Da De Zerbi a Conte, non è un piccolo tratto di strada. Un conto è stare al centro di un palleggio continuo e di un possesso palla preponderante; un altro è piazzarsi in coda, dietro Lobotka, per entrare in una squadra più conservativa e che utilizza il play maker come approdo nei momenti di difficoltà. Gilmour ha dovuto fare tanta anticamera. Voluto da Conte, è stato poco considerato nella prima parte della stagione. Cinque presenze di almeno un’ora nel girone di andata come surrogato di un acciaccato Lobotka. Ha invece sfruttato bene la sua occasione, quando si è fatto male Anguissa, e Conte ha sperimentato il doppio play liberando l’azione di McTominay.  Regista di complemento, invece che reale alternativa di Lobotka, ecco la formula magica. Il suo l’ha fatto e pure bene, anche se nel finale, con lo slovacco di nuovo fuori, Gilmour è tornato in difficoltà. Regista scudetto ancora no, ma in fondo lo scozzese bis ha solo 23 anni, si può ancora avere pazienza

ASSISTENTE ALLA REGIA

Billy Gilmour 7

Philip Billing 6,5

E’ l’ultimo pezzo in arrivo dalla Premier, in prestito dal Bornemouth per il girone di ritorno. Un rincalzo che, giustamente, Conte utilizza solo per necessità. Alla fine saranno 9 presenze di cui una sola (sconfitta a Como per 2-1) superiore all’ora di gioco. Ma Billing ha l’abilità, o la fortuna, di segnare il suo unico gol nella porta dell’Inter, per il pareggio all’87°, appena otto minuti dopo essere entrato in campo. Partecipazione relativa allo scudetto, in rapporto ai minuti giocati. Super significativa, visto che quel gol assume il significato di svolta chiave. Per i tifosi Billing voto 8, c’è da giurarci. In una analisi completa, possiamo confermare che sia riuscito a lasciare la sua traccia

PREDESTINATO

Philip Billing 6,5

Pasquale Mazzocchi 6

Fa il suo, prima che Conti rimescoli il sistema di gioco e costruisca la squadra scudetto. Mazzocchi è titolare in fascia destra nelle prime quattro giornate, col Napoli che però fa fatica. Poi Conte rinuncia alla difesa a tre, crea lo spazio per McTominay, e a pagare è Pasquale. Non solo per qualche pecca personale, si tratta di ragion di Stato: il Napoli con lo scozzese comincia a viaggiare. Mazzocchi resta alternativa affidabile, quando bisogna resistere e magari chiudere la partita difendendo a cinque. Ma poi perde spazio anche per la crescita tattica di Politano, uomo ovunque a cui Conte non rinuncia mai. Qualche infortunio rende la stagione più faticosa

SACRIFICATO

Pasquale Mazzocchi 6

Giovanni Simeone 6

Gioca titolare alla prima (0-3 a Verona), poi mai più. Diventa il giocatore designato a sostituire Lukaku, quando Rom non ne ha più. Spiccioli, a parte l’ultima mezzora a Como. Rispetto allo scudetto spallettiano, incide molto meno: un solo gol, nel finale della partita già stravinta alla seconda giornata col Bologna e niente altro. La grinta si, quella c’è sempre. Come quando strappa la palla a terra allo juventino Savona, ma andando a contrasto con la testa… Fantastica capacità di combattere, ma troppo poco per un generoso come lui. Che deve fare i conti col metodo Conte. si utilizza sempre il vestito migliore. Poi, nel caso spunti la smagliatura, il cholito diventa il tessuto giusto per il rattoppo.

RESILIENTE

Giovanni Simeone 6

I dimenticati SV

In genere è la strategia di Conte, nel particolare diventa una conseguenza della guerra fredda che si stabilisce tra allenatore e presidente nel corso della stagione. Si sa: ad Antonio Conte interessa solo vincere, e nella scelta dei giocatori che possono far parte della sua rosa, resta molto selettivo. Difficile posa scegliere di cominciare, a bocce ferme, con FOLORUNSHO, NGONGE e RAFA MARIN. Può anche giudicarli dignitosi, ma non idonei a lottare per lo scudetto. In più, se una volta perso Kvara arriva in sostituzione OKAFOR, per Antonio Conte diventa una provocazione. Okafor arriva dal Milan, dove ogni tanto ha anche segnato gol o prodotto giocate degne. Ma arriva a mercato finito, e dopo che il Lipsia lo ha rispedito al mittente Milan perché non idoneo alle visite mediche. Nel Napoli fa quattro apparizioni in tutto, entrando a meno di un quarto d’ora dalla fine. Non conta nemmeno come si comporti. Per Conte non c’è. Non fa parte della rosa concordata.

NON PERVENUTI

I dimenticati SV