Starace: "Napoli, che strana la pensione. Il caffè è pace con sé stessi. Ho viziato Sarri"

Quando gli scriviamo su Whatsapp per organizzare l'interivsta, l'ex magazziniere del Napoli risponde subito e senza indugi: "Ok, come sta meglio a te". E ci manda anche un suo simpatico sticker. Insomma, ci sono bastati un paio di messaggi per capire perché a Napoli sia amato da tutti. E al telefono non vuole farsi dare del lei, tassativo. La sua storia parla per lui: da magazziniere ha vissuto in prima persona tutti i quattro scudetti del club . Allora, come stanno andando questi primi giorni da ‘pensionato’? “I ragazzi sono in ritiro e io sono a casa. Mi fa un po’ strano. Però dai, si sta bene anche in pensione. Ho lavorato tanto, ora finalmente un’estate a casa con la mia famiglia” Se dovessimo tornare un po’ indietro nel tempo… ricordi la prima partita del Napoli da tifoso? “Eh, un po’ tanto indietro… Sì, ero proprio tifoso, ma all’epoca andavo soprattutto a vedere le partite di Coppa, perché lavoravo e la domenica ero impegnato. Lavoravo in cucina come aiuto cuoco, quindi vedevo qualche partita di mercoledì. Un paio le ho viste al San Paolo, da tifoso” E come sei arrivato a lavorare con il Napoli? “C’era un mio amico e compaesano, lo chef Maresca, della mia zona di Vico Equense. Un giorno aveva bisogno di un ragazzo in cucina che desse una mano al settore giovanile. All’epoca si faceva un po’ di tutto: non solo cucinare, ma qualsiasi cosa servisse. Quando venni a sapere di questa possibilità fu amore a prima vista, perché io amavo il Napoli e mi ritrovavo a lavorare con i campioni della mia infanzia, che conoscevo solo dalle figurine Panini. Una grande gioia” Come è avvenuto il passaggio da aiuto cuoco a magazziniere? “Il magazziniere dell’epoca, Masturzo, andava in pensione e mi dissero che forse sarebbe stato meglio dare una mano al magazzino con la squadra invece di lavorare in cucina. Non ci pensai due volte” Cosa dovevi fare, nella pratica? “All’inizio mi occupavo di tutto quello che serviva alla squadra in campo: preparare e ritirare gli attrezzi, organizzare ciò che serviva per una partita o un allenamento. Poi sono arrivate anche le maglie… col tempo sono diventato un magazziniere completo. Dopo sei mesi già partivo in trasferta da solo, senza problemi. All’epoca si viaggiava così: allenamento a Napoli il venerdì, poi si partiva e ci si allenava sul posto il giorno dopo” La tradizione del caffè di Tommaso Starace quando comincia? “Io amo il caffè caldo, fatto e bevuto al momento. Non mi piace quello lasciato lì per ore nei termos. Così ho iniziato a preparare il caffè alla squadra, bello caldo. I giocatori me lo chiedevano soprattutto la domenica. È diventato un rito da subito” Hai condiviso momenti di spogliatoio e di vita con Diego Armando Maradona, c’è un episodio con cui puoi raccontarci la sua grandezza? “Sì, in una partita di Coppa Uefa a Bordeaux. Ci fu un episodio particolare con la stampa francese che non voleva farci parlare dopo la vittoria. Erano offesi dopo la lite tra Ferlaino e il presidente dei francesi, che inizialmente non voleva far entrare i tifosi del Napoli allo stadio. Diego uscì subito dagli spogliatoi e mise subito le cose in chiaro” Da Maradona passiamo a Mertens. Ti ricordi come è nata l’amicizia con lui? “Lui dice sempre che vedere me la mattina, con il mio sorriso, per lui era tanto. Sapeva che lo aspettavano esercizi fisici e un po’ di fatica, ma quando arrivavo io, diceva che gli si pacificavano la mente e il corpo. Prima del caffè, con qualcosa che gli piacesse: una bevanda, un thè… anche il caffè, perché poi gli è piaciuto” Perché all’inizio alcuni giocatori non vogliono il caffè? “McTominay per esempio all’inizio mi diceva: ‘No, non prendo caffè, Tommy’. Io rispondevo che sbagliava. Poi dopo dieci giorni… ‘Dai, fammelo provare’. E alla fine se ne prendeva due prima di andare in campo. Come lui, anche Gilmour. Il caffè è una cosa per sentirsi in pace con sé stessi, per stare tranquilli” E come è nato il balletto con Mertens? “È nato da uno scherzo nello spogliatoio. In spogliatoio ci divertivamo tanto e lui ha deciso di usarlo anche come esultanza” Citando 'È stata la mano di Dio' di Sorrentino, ci sono stati dei momenti in cui ti sei disunito? “Sì, ci sono stati. Uno dei peggiori fu dopo l’addio Maradona: momenti tristi, bui. Con Lippi in panchina, dal martedì al giovedì si parlava della messa in mora della società, poi dal venerdì si pensava solo alla partita. Quell’anno, con un gran finale, arrivammo in Coppa Uefa vincendo a Foggia e chiudendo al sesto posto” È vero che per la rabbia dopo la retrocessione hai tirato un pugno così forte negli spogliatoi della Fiorentina da dover ricorrere a dei punti di sutura? “È successo in un momento di rabbia. Mi sentivo male per quello che stava accadendo e ho dato un pugno alla porta. Alla fine ho portato a casa io 3 punti e non il Napoli” E il fallimento del 2004? “Lo si sentiva nell’aria, ma non pensavo si arrivasse a quel punto. Per me fu un momento tristissimo. Non rischiai di perdere il lavoro, ma alla mia età era un bivio: andare indietro e sentirsi falliti, o andare avanti e sentirsi realizzati. Poi arrivò il presidente De Laurentiis e ci salvò” Il primo ricordo che hai di De Laurentiis? A lui piace il caffè? “Da tifoso ho sempre pensato che il Napoli potesse stare in alto, perché noi sogniamo sempre, a occhi aperti e chiusi. Il sogno era sentirsi una famiglia, ed è quello che lui ha creato. Il presidente ama il caffè: se è di buon umore, lo prende volentieri; se no, bisogna aspettare il momento giusto” E a Conte? “Prende poco caffè perché dice che non fa bene al cuore e al fegato, ma lo beve” Se ti dico Cavani o Lavezzi, cosa ti viene in mente? “Cavani è un grande campione e una persona eccezionale. È dietro solo a Maradona. In tre anni fece 103 gol, mancava solo che facesse il portiere. Me lo ricordo già in un’amichevole quando eravamo in Serie B, in un Palermo-Napoli: quell’anno ci fece impazzire e quando arrivò a Napoli capimmo che avevamo un fuoriclasse. Lavezzi era estroso come tutti gli argentini, un ragazzo da saper prendere: se lo prendi col verso giusto, ti dà anima e cuore” Quanto fa male che la squadra di Sarri con Mertens, Insigne, Hamsik e tutti gli altri non abbia vinto uno scudetto? “È stata una cosa tremenda per i ragazzi. Purtroppo, volevamo vincere e ci siamo dovuti accontentare del secondo posto. Il rammarico c’è ancora” Sarri non ha vinto lo scudetto ma è rimasto nel cuore della gente. È anche l’allenatore che ti ha dato più soddisfazioni? “Mister Sarri anche in campo prendeva il caffè. Tra un esercizio e l’altro io entravo e glielo portavo, lui mi aspettava e poi si fumava una sigaretta. Era diventata un’abitudine e l’avevo viziato” Negli scudetti di Spalletti e Conte, tu che hai vissuto lo spogliatoio, in che momento hai capito che si poteva vincere durante la stagione? “Spalletti se l’è meritato fin da subito. A Natale avevamo 16 punti di vantaggio, era impossibile pensare di perderlo. Poi abbiamo avuto un calo, un po’ di paura, a marzo ci siamo ripresi. Con Conte ci ho creduto subito: otto su undici erano i titolari dell’ultimo successo e con un po’ di ordine siamo andati lontano” Se ti chiedessi una top 11 del Napoli nei tuoi 48 anni di lavoro? “Userei il 5-5-5 di Oronzo Canà . Sarebbe impossibile. Ho visto tanti campioni, per me i calciatori sono tutti ragazzi che hanno indossato la maglia del Napoli sono stati importanti” Adesso ti incontrerai col presidente per un nuovo ruolo nella società? “Mi ha detto che dopo la pensione ci saremmo sentiti. I tifosi mi chiedono di tornare. Io sono felice quando il Napoli vince. Ho il cuore napoletano: da casa mia vedo il Vesuvio. Amo il Napoli, i tifosi, amo il presidente. Sono a casa e aspetto una chiamata” Hai un messaggio per il Napoli e tifosi? “Tifare Napoli sempre, con moderazione. Non cadere nei tranelli di chi ci offende. Noi guardiamo la nostra strada: vincere e sostenere il presidente. E sempre forza Napoli”.

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Andrea Molinari