Arbitri di Serie A e Serie B professionisti: il piano Figc
Serie AIl piano presentato della Federcalcio riguarda la creazione di una società indipendente composta dalla Figc e dalle Leghe di A e B, mentre all'Aia rimarrebbe la formazione e la selezione degli arbitri fino alla serie C
Qualcuno l'ha ribattezzata "PGMOL all'italiana", evocando la società che gestisce gli arbitri di vertice inglesi, qualcun altro ha parlato di "scissione", altri ancora hanno già formulato le prime ipotesi sui nomi di chi dovrebbe guidare la nuova struttura dei direttori di gara dell'attuale CAN, quelli cioè chiamati a dirigere le gare di serie A e B.
Ma cos'è e come dovrebbe funzionare? Per ora c'è l'idea - della Figc - con i suoi punti fermi, e l'obiettivo di partire dalla prossima stagione, 2026-27, ma non ancora un progetto definito, e soprattutto l'accordo con l'AIA, l'Associazione Italiana Arbitri. L'origine di tutto è, manco a farla apposta, un'esigenza economica, manifestata dagli arbitri di alto livello, sempre più a disposizione della spettacolarizzazione del calcio (l'ultima trovata è la ref-cam, la penultima il famigerato "announcement" dopo le revisioni Var) ma un po' meno considerati quando si tratta di adeguare gli introiti ed i contratti alle esigenze di un'attività che è professionale di fatto ma non di diritto. Al di là delle cifre, ad esempio, oggi ai direttori di gara vengono versati i contributi previdenziali soltanto per la parte di emolumento fissa relativa ai diritti di immagine, ma non per i gettoni-gara, né tantomeno godono di un tfr. Per questo, attraverso il loro rappresentante Guida, si sono fatti sentire chiedendo un passo avanti. A questa esigenza di "professionalizzazione" degli arbitri, la Federcalcio ha risposto con quella che secondo Gravina è l'unica soluzione possibile: la creazione di una società commerciale con un budget indipendente, formata dalla Figc (che ne sarebbe "azionista" di maggioranza) e dalle Leghe di A e B, con un regolare AD e un Direttore Tecnico nel ruolo dell'attuale designatore. In questo modo, si pensa in via Allegri, sarebbe più facile reperire risorse e garantire agli arbitri contratti più vantaggiosi e tutelati. Naturalmente il bacino da cui attingere sarebbe sempre l'AIA, a cui rimarrebbe la formazione e la selezione dei direttori di gara dalla base fino alla serie C, ma una volta giunti a quel livello spetterebbe alla nuova società scegliere quali arbitri reclutare senza dover accogliere automaticamente un numero fisso di promossi dalla categoria inferiore scelti dalla commissione dell'attuale CAN Pro.
Naturalmente di anno in anno il contratto degli arbitri ritenuti tecnicamente non all'altezza del neonato gruppo di vertice non verrebbe confermato: per questo si stanno studiando formule di garanzia come ad esempio una possibile reimmissione con altro ruolo "di servizio" biennale. Come detto, al momento le linee di massima non si sono ancora tradotte in un progetto vero e proprio, ma l'ipotesi di vedersi sottratta la gestione degli arbitri di vertice naturalmente non rende felice l'Associazione Italiana Arbitri, che attraverso un comunicato del suo presidente Antonio Zappi non ha mancato di precisare la propria posizione: "Il cambiamento – ha affermato Zappi in un recente comunicato – è una necessità ormai improrogabile, ma non può prescindere dal coinvolgimento dell'AIA, che da oltre cento anni rappresenta una garanzia di indipendenza e terzietà per l'intero movimento calcistico... ogni ipotesi di riforma non può prescindere dalla salvaguardia dell’autonomia tecnica e organizzativa dell’AIA, dal calcio di base fino alla Serie A. Lavorare insieme a FIGC e Leghe non solo è possibile, ma auspicabile - ha concluso il presidente degli arbitri - purché sia sempre garantita la distinzione dei ruoli, nel pieno rispetto delle competenze e delle responsabilità di ciascuno". Il confronto, per non dire lo scontro, è appena all'inizio.