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Rocchi, incontro informale con i giornalisti: "Vi spiego i parametri sui falli di mano"

l'incontro
Lorenzo Fontani

Lorenzo Fontani

Il designatore arbitrale ha incontrato informalmente la stampa: “per i Var oggi la richiesta di precisione è altissima”. Cosa è emerso dal confronto a Lissone con i giornalisti

“Cos’è cambiato in 7 anni di Var? Che viene richiesta una precisione e un’attenzione sempre più alta”. E’ iniziato con questa riflessione l’incontro-confronto che il designatore Gianluca Rocchi ha voluto organizzare con la stampa all’IBC di Lissone, dove ogni fine settimana “alloggiano” i Var che devono presidiare le diverse partite di Serie A e B. Non una conferenza, telecamere spente e nessuna intervista, ma una spiegazione/chiacchierata alla ricerca di chiarezza e anche di feedback utili per operare e comunicare meglio. E il punto di partenza è stato proprio inevitabilmente il Var, e l’evoluzione del concetto di “chiaro ed evidente errore”. Un principio che rimane scolpito nel protocollo, ma che in maniera quasi ineluttabile è scivolato verso l’errore-punto, anche se non chiaro ed evidente. E non è escluso che in futuro anche dal protocollo quell’aggiunta sparirà. Sottolineato come a volte la percezione di un eccessivo uso del Var sia ingannevole (numeri alla mano le revisioni sono al momento più in Champions che in Serie A), il designatore ha fatto ammenda sul suo appello di inizio stagione “meglio una on field review in più che una in meno” ammettendo che forse è passato un concetto sbagliato, cioè quello dell’invito per i Var a intervenire anche in caso di semplice dubbio, quando invece si riferiva soltanto a quei 4-5 episodi a stagione nei quali anche dopo un lungo check il Var, nonostante abbia rilevato un errore, non lo ritenga così grave da intervenire. Insomma evitare, nei casi limite, di uscire dalla sala Var col rimpianto di non aver chiamato l’arbitro: non a caso, certificando 12 errori commessi da inizio campionato (un po’ troppi, ha ammesso), Rocchi ha fatto notare come alcuni di questi siano stati provocati proprio dal mancato richiamo del Var all’arbitro per una “OFR” (ad esempio il mancato rosso ad Orban in Verona-Juve, il mancato rigore per la Juve a Roma contro la Lazio, o il mancato intervento per far convalidare il gol del Lecce annullato sempre contro la Lazio a Roma). A questo si è legato il discorso sulla centralità dell’arbitro: Rocchi ha tenuto a ribadire come la responsabilità finale della decisione sia sempre quella del direttore di gara, negando che possa esserci un’influenza – perlomeno consapevole - nei suoi confronti da parte del Var (si è parlato a lungo del caso di Milan-Lazio e di una presunta eccessiva “insistenza” del Var Di Paolo). La differenza, facile a dirsi più che a trovarsi, la farà sempre la qualità dell’arbitro nel “football understanding”, sia in campo che davanti al monitor. E per capire il calcio, e arbitrare bene, di certo non aiutano le simulazioni. Rocchi si infervora quando chiede alla stampa di aiutarlo a stroncare, ognuno coi mezzi a propria disposizione, i comportamenti di chi esasperando le conseguenze di un fallo cerca di ingannare arbitro/Var e di far sanzionare un collega. I test della FIFA (che potrebbero riguardare anche il prossimo mondiale) su un tempo obbligatorio di attesa prima di rientrare in campo per i calciatori infortunati (esclusi i portieri e le “vittime” di interventi sanzionati con ammonizione o espulsione), potrebbero  sicuramente aiutare e trovano ampio gradimento da parte del designatore. Chiusura sui falli di mano, da sempre tema complesso e sul quale è praticamente impossibile trovare uniformità – nonostante i ripetuti tentativi di codifica. Rocchi ha provato a dare dei punti fermi ricordando i quattro parametri, in ordine di importanza ma comunque ciascuno non esclusivo, che portano alla punibilità, e cioè: posizione delle braccia, distanza da cui proviene il pallone, dinamica (e quindi maggiore o minore possibilità per il calciatore di controllare il proprio corpo), e attenuanti (come la famosa “autogiocata”, cioè tirarsi addosso il pallone o comunque tentare di giocarlo anche fallendo l'intervento, come in Torino-Como, quando Bonacina ha sbagliato due volte, prima assegnando e poi confermando al monitor il rigore contro Jesus Rodriguez). Ampia la discussione sull’effetto del fallo di mano, e cioè su dove sarebbe andato a finire il pallone senza il tocco incriminato del difensore. Dubbi e interrogativi legittimati sempre dal recente caso di Milan-Lazio e dal Var Di Paolo (uno dei più quotati) che durante il dialogo campo-sala Var fa notare come si trattasse di un tiro in porta. “Al momento il regolamento non fa alcuna differenza tra un tiro in porta o meno”, ha fatto notare Rocchi. Vero, ma difficile da far digerire, proprio in nome del “football understanding”. 

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