Non "ho visto Maradona" ma "ho visto un grande Napoli"
i millennialsIl primo scudetto di una generazione: i Millennials*. Cresciuti nel mito di Diego, hanno dovuto attraversare le fasi più difficili della storia del club prima di poter festeggiare il loro primo Tricolore
Il terzo scudetto della storia quasi centenaria del Napoli è il primo per un’intera generazione. Quella dei Millennials, cresciuti cantando “Ho visto Maradona” ma che Maradona in realtà non l’hanno mai visto. Almeno non dal vivo e non con la maglia del Napoli. Una generazione cresciuta a pane e delusioni. Calcistiche, ovviamente. Ma pur sempre delusioni.
Ho visto le lacrime di Taglialatela
Perché lo splendore della fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ‘90 è stato presto inghiottito da un vortice di campionati modesti e bilanci complicati, culminato con l’amara retrocessione del ’98: Napoli ultimo in serie A con appena 14 punti in 34 giornate. Quell’11 aprile a Parma pioveva, pioveva tanto. Eppure, le lacrime sul volto di Taglialatela si vedevano benissimo nonostante provasse a nascondersi nell’abbraccio di un giovanissimo Fabio Cannavaro, che a Parma ci era arrivato partendo da Napoli qualche anno prima nel tentativo di evitare il fallimento del club.
Ho visto il Napoli fallire
Ecco, mettetevi nei panni di un ragazzino, tifoso del Napoli, di quel periodo: sta per arrivare il nuovo millennio e la Serie A è il campionato più bello del mondo; con le squadre italiane che dominano in Europa ostentando i migliori talenti in circolazione. Con tutto questo bendidio diventa difficile anche aggrapparsi alla fede perché il peggio, purtroppo, deve ancora venire. Una promozione seguita subito da una nuova retrocessione e poi anni sempre più complessi che portano alla caldissima estate del 2004 quando la VIIª sezione del Tribunale di Napoli dichiara il fallimento della Società Sportiva Calcio Napoli. È il punto più basso, i sogni di gloria che si trasformano nel peggiore degli incubi. E per la generazione che Maradona l’ha solo sfiorato rivedere le immagini degli anni d’oro provoca una strana sensazione, per certi versi masochistica. Un piacevole dolore per qualcosa che è stato bellissimo, forse irripetibile, ma che non hai vissuto.
L'ho visto rinascere e crescere piano piano
L’arrivo di Aurelio De Laurentiis e il suo neonato Napoli Soccer è il raggio di sole dopo la tempesta. La speranza nuova a cui aggrapparsi per tornare ad essere ambiziosi. E le ambizioni sono cresciute anno dopo anno, stagione dopo stagione. “Sin prisa pero sin pausa”, per usare una frase tanto cara a Rafa Benitez. Perché la crescita del Napoli è stata calcolata e costante. Un percorso fatto di qualche coppa nazionale, tanti piazzamenti e la partecipazione alle coppe europee per tredici anni di fila (unica squadra italiana). Una società sana con una squadra sempre più competitiva, ma quel sogno nel cuore sembrava destinato a rimanere tale. Soprattutto dopo la delusione del 2018, all’apice del triennio della grande bellezza sarriana.
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Ho visto un georgiano, un nigeriano e un italiano
"C’erano una volta un georgiano, un nigeriano e un italiano", non è una barzelletta ma l’inizio di una favola. Alle favole, però, a volte si fa fatica a credere. Soprattutto quando si cresce. E quei ragazzini, quelli delle lacrime di Taglialatela a Parma, sono diventati ormai adulti. Ma con il calcio si fa presto a tornare bambini. La maschera di Osimhen l’hanno comprata proprio tutti. È il potere di una palla che rotola su un prato verde. Perché la pelota no se mancha e se la tratti bene può portarti in Paradiso. È stato quasi naturale, allora, che nella città dove il calcio è una religione e si prega il Dio Maradona, Kvaratskhelia diventasse il Papa. In alcune sue giocate hanno visto quelle di Diego, per la prima volta con i loro occhi.
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Ho visto i segni del destino
Parte sempre tutto da lì. Perché se nella città dai mille culure – e altrettanti luoghi comuni – è caduto anche il cliché della scaramanzia è pure grazie a Maradona. La vittoria mondiale di Messi in Qatar, unita alla marcia trionfale di Di Lorenzo e compagni, è stata subito associata alla doppietta argentino-partenopea della stagione ‘86/’87. Come se, anche da lassù, il destino ineluttabile potesse essere beffato ancora una volta grazie a una magia di Diego.
Ho visto la vittoria di Torino... e ho capito
Molti hanno visto nella vittoria a Torino contro la Juve, la rivale di sempre, il momento che ha aperto le porte del sogno. Perché la storia si ripete ma a volte può avere un finale diverso. Il primo a capirlo è stato Piotr Zielinski che al gol di Raspadori non ha esultato ma si è lasciato cadere a terra. Non perché fosse stanco, era entrato in campo solo da una ventina di minuti, ma perché questa volta aveva capito di avercela fatta. Lui era l’unico ad essere in campo anche cinque prima quando Koulibaly, nella stessa porta e più o meno allo stesso minuto, segnò il gol dell’illusione tricolore. Questa volta non è stata un’illusione e, a dirla tutta, la vittoria non era nemmeno fondamentale per la conquista del campionato. Ma quell’attimo è stato il compimento, la fine del viaggio.
Ho visto lo scudetto sospeso
Per la verità i festeggiamenti sono iniziati addirittura a febbraio, più o meno alla fine del girone di andata. La città è diventata sempre più azzurra con il passare delle settimane, proprio come negli anni ’90. Un lungo e gioioso countdown in attesa della vittoria che, dopo il pareggio contro la Salernitana, è diventata sospesa. Proprio come il caffè, nel pieno stile della città.
Ho visto lo scudetto, stavolta anche io!
Ora anche i Millennials hanno il loro scudetto da raccontare. Dopo la chiusura del cerchio sognano l’apertura di un ciclo. Non cantano più “ho visto Maradona” ma “ho visto un grande Napoli”.
* Millennial, la definizione dell'Accademia della Crusca:
"Sociologi e demografi sono concordi nel definire la generazione millennial, ovvero ‘del millennio’, come quella di chi è nato dopo il 1980 ed è entrato nella vita adulta nei primi quindici anni (circa) del nuovo millennio. Fanno dunque parte di questa generazione le persone nate negli anni Ottanta e Novanta del XX secolo".