La veloce risalita dell'Empoli in Serie A

Serie B

Angelo Andrea Pisani

EmpoliCopertina

Dopo neanche un anno dalla salvezza sfuggita all'ultima giornata, l'Empoli ha già conquistato la promozione in Serie A, dominando il campionato come nessuno si sarebbe potuto aspettare

Negli ultimi anni l’Empoli è stata tante cose. Esempio positivo al comando di Sarri - che provò la forza delle idee di un gioco anche in un contesto provinciale -, isola felice con Giampaolo  -dimostrando l’importanza della fiducia, per un tecnico - stanca e decadente con Martusciello, quando finì per fare da contraltare negativo ad un’altra favola, quella del Crotone. Una volta retrocesso difficilmente ci saremmo aspettati un Empoli tirannico in Serie B come quello di quest’anno.

«Sono un po’ frastornato, a queste emozioni e ai festeggiamenti non siamo preparati. Tutte queste attenzioni sono nuove». Le parole del presidente Corsi restituiscono il senso di novità: nella sua storia quasi centenaria la squadra toscana ha vinto solo un altro campionato di B, nel 2005, complice l’illecito del Genoa. Mai sul campo. Non che sia arrivato dal nulla: quella empolese è una piazza relativamente piccola (meno di 50 mila abitanti), senza grandi pressioni, una città dove «ci sono più bandiere rosse per il primo maggio che bandiere dell’Empoli...». Le frizioni maggiori sono arrivate proprio lo scorso anno, dopo la salvezza sfuggita contro il Palermo già retrocesso.

Un trauma passato quasi in sordina, nonostante il grande impatto lasciato dagli empolesi negli ultimi anni in massima serie. Oltre a Sarri e Giampaolo, due tra i tecnici migliori della Serie A, gli azzurri sono riusciti a lanciare – tra gli altri – Rugani, Mario Rui, Saponara, Hysaj, Zielinski, Vecino, Verdi, Paredes e Skorupski, giocatori che hanno proseguito la loro carriera nelle maggiori squadre italiane, o (come Verdi) sono finiti nel giro della Nazionale.

Ripartire da zero

La retrocessione portava con sé un’eredità pesante. La dirigenza empolese ha deciso di smarcarsene con una vera e propria rivoluzione. In estate sono partiti in tantissimi: dai giocatori di lungo corso (Maccarone, Pucciarelli, Croce) ai più giovani (Dioussé, Barba, Costa, Skorupski), passando per giocatori come Bellusci ed El Kaddouri, che sarebbero stati utili anche in Serie B. Gli unici confermati, insieme a Pasqual (neo capitano), sono stati tre giocatori sotto i 25 anni: Veseli, Krunic e Zajc.

Per tentare la risalita l’Empoli non ha lesinato spese, impegnando i fondi delle cessioni (e quelli del paracadute finanziario) per costruire una squadra che fosse competitiva fin da subito. Come al solito, la società ha mostrato grande attenzione ai giovani: a quelli già in organico (Krunic e Zajc) sono stati aggiunti diversi giocatori di prospettiva (Simic, Luperto, Ninkovic, Untersee, Di Lorenzo, Bennacer, Provedel), rafforzati da una spina dorsale “di categoria”: Romagnoli e Lollo dal Carpi, Castagnetti dalla SPAL, Donnarumma dalla Salernitana e Caputo dalla Virtus Entella.

I due attaccanti sono il fiore all’occhiello del mercato estivo, ma l’acquisto più sorprendente è sicuramente Bennacer, centrocampista franco algerino classe ’97 comprato dall’Arsenal U23, impostosi titolare già nelle prime settimane di campionato.

Un’altra scelta non banale è stata quella del tecnico: la società ha deciso di affidare la panchina a Vivarini, reduce da una complicata stagione al Latina, ma con alle spalle ottime esperienze tra Chieti, Aprilia e Teramo (con cui guadagnò la promozione in B nel 2015, persa per lo scandalo calcioscommesse). All’allenatore sono arrivati gli endorsement di Sarri (per cui è stato collaboratore) e José Mourinho, e la stagione è iniziata al meglio. Il tecnico azzurro ha impostato un 3-5-2 molto quadrato, incentrato nel dare maggior supporto possibile al duo composto da Caputo e Donnarumma (suo giocatore già a Teramo).

La squadra gioca un calcio molto diretto, che vuole sfruttare la superiorità fisica e tecnica di Caputo e Donnarumma, che vengono incontro per ricevere e consolidare il possesso, coinvolgendo esterni e mezzali. La manovra è abbastanza lineare: gli azzurri sfruttano la qualità tecnica del rombo difensivo (i tre centrali più Castagnetti) per aprire spazi e liberare la traccia interna verso gli attaccanti; se il centro è bloccato la squadra passa per i due esterni sfruttando le conduzioni di Di Lorenzo sulla destra e le qualità palla al piede di Pasqual sulla sinistra.

Già dalle prime gare, l’Empoli mostra pregi e difetti molto specifici: quella di Vivarini è una squadra con la qualità e la forza di imporsi sulle partite, ma senza gli equilibri giusti per controllarle fino in fondo. Dopo il pareggio d’esordio a Terni gli azzurri vincono 3 a 2 col Bari e pareggiano 3 a 3 col Palermo, dando inizio a un campionato abbastanza altalenante.

I risultati sembrano comunque in linea con gli obiettivi: a fine ottobre i toscani sono a un solo punto dal primo posto, col miglior attacco del campionato, e il doppio dei gol subiti rispetto al Palermo (primo). A metà novembre la clamorosa sconfitta con la Pro Vercelli (ultima in classifica) sembra dare il primo scossone al campionato, ma la squadra risponde con il 5 a 3 sul Cesena e un incredibile 3 a 3 nello scontro diretto col Frosinone.

Tre giornate e cinque punti dopo arriva l’esonero di Vivarini. In quel momento l’Empoli era a due punti dal secondo posto e a cinque dal primo, con la promozione diretta ancora in ballo e una squadra che sembrava in crescita. La decisione del presidente Corsi ha sorpreso tutti: tifosi e squadra. Non la società, che stava valutando la questione da diverse settimane. «Pur essendo in alto avevamo la sensazione che la squadra avesse il freno a mano tirato […]. Volevamo stravolgere un po’ il lavoro ed orientarci su situazioni diverse. Dovevamo evidenziare meglio le doti di questa squadra».

Un secondo inizio

La scelta di affidare la panchina ad Aurealio Andreazzoli è stata a sua volta una sorpresa. L’ultima esperienza del tecnico toscano in prima squadra risaliva a quattro anni prima, quando subentrò a Roma al posto di Zeman, chiudendo con la finale di Coppa Italia persa con la Lazio. Il nome di Andreazzoli è arrivato da Lorenzo Marronaro, un procuratore con un passato da giocatore proprio nell’Empoli: «Ti convincerà».

L’esordio di Andrezzoli arriva nella partita interna col Brescia, finita 1 a 1. I toscani scendono in campo col 4-3-1-2, il modulo che negli anni precedenti aveva fatto le fortune della squadra toscana. Per 10/11esimi i titolari sono gli stessi: l’unica sorpresa è Zajc, schierato trequartista alle spalle di Caputo e Donnarumma.

Lo sloveno classe ’94 è subito decisivo (suo il gol del vantaggio), ed è la dimostrazione fisica del carattere impostato dal tecnico toscano. L’Empoli di Andreazzoli è una squadra dalle due anime, capace di alternare controllo e aggressività con la stessa efficacia, valorizzando al meglio i saliscendi visti nella prima parte della stagione. «Quando la squadra è in vantaggio deve tranquillizzarsi col possesso di palla, e non aumentare lo stress».

Il primo concetto chiesto da Andreazzoli ha riguardato proprio nella gestione del pallone. Con Vivarini la squadra giocava su canali abbastanza rigidi, al punto da risultare prevedibile: la riuscita offensiva era affidata alle qualità tecniche di Castagnetti e Pasqual (un regista aggiunto) in verticale, con le due punte costrette a un intenso lavoro di sponda per le due mezzali.

Con il centrocampo a rombo Andreazzoli ha spostato le responsabilità creative in avanti, chiedendo molta più varietà di gioco e movimento ai tre vertici alti del rombo. In fase di uscita Castagnetti viene spesso affiancato da Bennacer (mezzala destra) o Zajc (trequartista), con Krunic (mezzala sinistra) che si muove più spesso in verticale, sfruttando la sua struttura fisica su eventuali palloni lunghi. Spesso non sono necessari: le rotazioni dei quattro giocatori aiutano la squadra a uscire sempre palla al piede, permettendo al resto della squadra di tenere una posizione alta sin dal primo possesso

Krunic accorcia verso la fascia, permettendo a Pasqual di salire.

Ai due terzini, Di Lorenzo e Pasqual, sta il compito di dare ampiezza alla squadra, dilatando gli spazi per dare più libertà possibile agli azzurri nel centro del campo. Zajc si è rivelata un’intuizione felice, capace di dare dinamismo e varietà nella trequarti avversaria. Il suo inserimento, insieme al maggior coinvolgimento di Krunic e Bennacer è stato fondamentale, dando più soluzioni all’attacco e permettendo ai due attaccanti di giocare più a ridosso dell’area di rigore.

Zajc si allarga sulla fascia per dare una soluzione verticale in più; Caputo e Donnarumma restano alti al limite dell’area.

Il rendimento di Caputo e Donnarumma è stato altissimo per tutta la stagione, ma nella seconda parte del campionato i due sono riusciti a fare un ulteriore passo avanti, sfruttando al massimo la produzione offensiva offerta dalla squadra. I 48 gol segnati complessivamente rappresentano il 55% delle realizzazioni della squadra, dando la misura del loro peso negli equilibri dell’Empoli (e nel campionato).

Anche il rendimento dei due terzini, Pasqual e Di Lorenzo, è salito rispetto all’inizio di stagione – pur abbassando la posizione di partenza – finiscono per essere più coinvolti, e da posizione più avanzata, aumentando il loro contributo offensivo. Il loro sarà un apporto decisivo, che porterà 14 assist in 23 partite.

Zajc accorcia verso il centro del campo per ricevere, Pasqual alza la sua posizione.

Ai terzini si chiede un lavoro tattico su più livelli, in fase di possesso e non, mostrando la natura di alcune scelte della squadra nel possesso palla e nelle marcature preventive. Molto alti (quasi isolati) in fase di uscita, i due entrano nel gioco nella gestione successiva del pallone, alternando movimenti in ampiezza quando sono sul lato palla e accorciando al centro quando il possesso è sulla fascia opposta, spesso scambiandosi di posizione con le mezzali.

Bennacer si allarga sulla fascia, Di Lorenzo stringe la posizione.

Questi accorgimenti rientrano in una più generale attenzione alla fase difensiva, uno dei punti più critici della gestione Vivarini. Nella prima parte di stagione gli azzurri si erano mostrati una squadra di eccessi, con un ottimo rendimento offensivo (37 gol nelle prime 19), e troppi gol subiti (29, 1.5 a partita), spesso dovuti all’eccessivo sbilanciamento nelle fasi di possesso più prolungate.

Il miglioramento difensivo con Andreazzoli è basato anche sul maggiore controllo del possesso, ma il salto si è consumato soprattutto dal punto di vista tattico. Con il 4-3-1-2 la squadra ha trovato maggiore compattezza centrale, utile a innescare il pressing nelle fasi di transizione, rallentando la manovra avversaria.

A questo si è aggiunta la crescita tattica di Krunic e Bennacer, che nel corso della stagione hanno migliorato molto le loro letture difensive, dando maggior supporto ai due terzini.

Bennacer aiuta Di Lorenzo nella pressione al portatore, Castagnetti va in copertura.

Il mercato di gennaio e il dominio di fine stagione

Un fattore importante è stato anche il mercato di gennaio. Oltre all’arrivo del portiere Gabriel (arrivato a sostituire Provedel, infortunato), l’Empoli ha fatto tesoro dell’innesto due giocatori di esperienza come Maietta e Brighi, fondamentali nella crescita della squadra dentro e fuori dal campo. Il difensore ha giocato 6 mesi di altissimo livello, accompagnando la crescita di Luperto e Veseli; il centrocampista ha giocato più a intermittenza, riuscendo comunque ad essere decisivo.

Nella seconda parte di stagione l’Empoli ha subito 20 gol in 23 gare, migliorando sensibilmente il proprio rendimento difensivo (da 1.5 reti a partita a 0.8). I numeri incredibili, però, sono altri: durante la gestione Andreazzoli gli azzurri hanno messo insieme 55 punti, 14 in più di Parma e Frosinone, segnando 51 reti (2.2 ogni 90’) e chiudendo il campionato imbattuti (16 vittorie, 7 pareggi).

Numeri da autentica dominatrice, una sensazione aumentata dai poker rifilati a Perugia (4-2), Bari (4-0), Palermo (4-0), Parma (4-0) e Frosinone (4-2), sei delle migliori otto squadre del campionato.

Trovare un cambio tecnico che abbia prodotto gli stessi risultati – a metà anno, in un campionato difficile come la Serie B – è molto difficile, e rende al meglio la grandezza dei risultati di Andreazzoli. Mai come stavolta una decisione (quasi) unilaterale della società ha finito per produrre un vero e tangibile vantaggio alla squadra, con risultati esplosivi.

La scelta dello scorso dicembre era parsa in controtendenza rispetto alla società azzurra, abituata da sempre a programmare. Col senno di poi, tuttavia, la scelta di Andreazzoli è stata fatta comunque con un occhio (una tensione, anzi) al futuro. Tra il tecnico e il presidente Corsi (che ha paragonato Andreazzoli a Sarri, Spalletti e Luis Enrique sembra esserci una grande intesa, rinforzata dalle tante dichiarazioni sui suoi meriti fatte dal presidente nel corso del campionato.

Subito dopo la promozione è arrivata la conferma del tecnico, che si è guadagnato un’altra chance in Serie A in una squadra ricca di talento e potenzialità. Dopo due stagioni “diverse”, Empoli sembra pronta a tornare un esempio.