Un visionario riporta il Cosenza in Serie B: l’intervista a Pascali
Serie BIl difensore ha festeggiato la promozione con la squadra rossoblù, che ha riconquistato una categoria da cui mancava da 15 anni. In esclusiva ecco il racconto di un'annata storica
COSENZA ALZA LA COPPA: LA FESTA PER LA PROMOZIONE IN SERIE B
di Matteo Moretto
Dicevano fosse vecchio per tornare in Italia. E lui ha vinto una Lega Pro. Dicevano che ormai avesse dato tutto. E si è giocato i playoff per andare in serie A. Dicevano volesse fare il protagonista, ormai bollito. "Cosa vai a fare a Cosenza?! Sei pazzo?". Stava per firmare in serie D ma poi ha rivinto la Lega Pro. Da protagonista, a 36 anni. "E adesso?". "Mi sento di poter dare ancora tanto. Di sognare in grande. Le cose pazze sono sempre dietro l’angolo”. Le cose pazze sono più belle. Come le stelle di Cosenza.
La passione di una città intera
Dopo 48 ore di festeggiamenti no stop, Manuel Pascali si è svegliato alle sei e un quarto del mattino per rispondere a tutti quelli che gli hanno messo anche solo like su Facebook. "Ho ricevuto una marea di messaggi, persino di compagni con cui ho giocato a Pizzighettone, più o meno 15-20 anni fa". Il più bello è quello più semplice. Più vero. "Chi ti ha conosciuto per davvero non è sorpreso di quello che hai fatto". Regalare la serie B a una piazza come Cosenza, che in B mancava da 15 anni. Praticamente una generazione. "Chi non ha visto con i propri occhi non può capire cosa significhi la passione di Cosenza e della sua gente. Ti faccio un esempio: dopo aver perso la prima partita di campionato, tre a uno a Monopoli, siamo stati contestati! Un eccesso che ti dimostra la voglia di una città che si è trasferita in massa a Pescara per la finale playoff. Sono venuti in dieci mila persone! Si sono fatti 7 ore di macchina come fosse niente. Per la semifinale contro il Sudtirol erano addirittura in 20 mila. Vecchi, bambini, tutti quanti".
"L’ho vissuta come una sfida"
"La soddisfazione più bella nasce da una grandissima sofferenza“. Quasi un anno fa il divorzio tra Pascali e il Cittadella, squadra in cui il difensore ha giocato due anni e dove ha lasciato il cuore. “Ho pianto. Ho pianto perché non me l’aspettavo. Per me quella era una famiglia. Ma non potevo accettare un rinnovo da giocatore finito, a fine carriera. Ho detto no per dignità". La voglia di rimettersi in gioco ha prevalso, nonostante l’età e le difficoltà: la chiamata di Cosenza è stata quella giusta. "La mia prima volta al Sud. Lontano dalla mia famiglia, dai miei figli. L’ho vissuta come una sfida. E più le cose andavano male più mi intrigava uscirne. Se tra dieci anni mi dovessi ripresentare come allenatore, saprei come gestirla. Cosa consigliare. La voglia di far ricredere più di qualcuno mi ha spinto a questo traguardo". Storico.
"Mi farò un bel lupo"
Vincere era diventata un’ossessione. "La sensazione era che noi lo volessimo più degli altri. Che lo meritassimo più degli altri, per tutti i brutti momenti vissuti. E alla fine, tornando da Pescara, ci siamo detti "e adesso?". Perché si era creata quella roba lì che avresti giocato e vinto fino all’infinito. Adesso il tatuaggio ricordo è d’obbligo perché “è un’impresa da tatuarsi sulla pelle". "Mi farò un bel lupo". Il lupo del Cosenza. L’ultima sfida vinta dal visionario Manuel Pascali.