Pietro Cianci: “La mia carriera tra gioie, sogni e dolori”

Il primo gol con la nuova maglia non si scorda mai. Soprattutto se permette di regalare il primo posto in classifica: l’Arezzo di Bucchi vola e scopre tutta la potenza di Pietro Cianci. Il colpo dell’estate si sblocca dopo 9 partite. E ora non vuole più fermarsi. È bastato un tuo rigore contro il Gubbio per vincere. Siete primi, te lo aspettavi? “Vedendo il mercato che è stato fatto, c’erano tutti i presupposti. Siamo forti, lo stiamo dimostrando: l’allenatore conosce bene la categoria, sa cosa dobbiamo fare per continuare così. Davvero, non sono sorpreso: è una questione di consapevolezza dei nostri mezzi” E tu di alta classifica di Serie C te ne intendi. Nel 2023 a Catanzaro hai raggiunto la promozione, che invece hai solo sfiorato lo scorso anno con la Ternana. “Gioie e dolori, in tutti i sensi” Perché? “Perché onestamente a Catanzaro speravo di rimanere per potermi mettere alla prova in Serie B. Invece nel giro di pochi giorni mi è stato detto che non rientravo nei piani e mi sono quindi trasferito a Taranto, tornando nella mia Puglia e rimanendo in Serie C. Non ho nessun rammarico, sia chiaro: so quanto valgo. Ma una possibilità in B, anche solo una, la vorrei avere: ho 29 anni, mi piacerebbe capire che tipo di attaccante sarei in quella categoria. Se ci posso stare oppure no. Dipende da me, certo, ma come si vede non del tutto. Un po’ come con la Ternana…” Che sarà pure la vostra prossima avversaria. Lì il mercato non c’entra, vero? “Eh sì. Lì è stato solo il campo, ed è stato tremendo. Abbiamo perso all’andata contro il Pescara, ma abbiamo vinto al ritorno. Siamo usciti ai rigori. È stata una delusione enorme e il giorno dopo è stato addirittura peggio. Ci chiedevamo come fosse possibile. Mi ricordo proprio la domanda: ‘Ma veramente è finita così?’. Non è semplice ripartire” Però non ti è mai mancata la voglia di metterti in gioco in piazze calde. Come a Catania. Stagione 2023/24. “Solo sei mesi, purtroppo. E lo dico perché sarei voluto rimanere una volta terminato il prestito dal Taranto. Di nuovo, non è andata come speravo. Pazienza, anche se abbiamo fatto un piccolo miracolo sportivo” Anche senza la promozione? “Sì. Eravamo entrati in un tunnel, si faceva fatica a reagire alla minima difficoltà. Ogni episodio lo pagavamo troppo, ma siamo riusciti comunque a giocare i playoff uscendo ai quarti contro l’Avellino. Ho segnato 7 gol in 18 partite e soprattutto ho vissuto l’emozione della piazza. Dire anche solo ‘Catania’ fa venire i brividi: ho conosciuto tante persone diventate miei amici, conservo dei bellissimi ricordi” A giugno di quell’anno però hai vissuto anche un lutto: la morte di tuo nonno, a cui eri molto legato. “Così tanto da chiamarlo papà…” C’è un post su Instagram che lo conferma. Ma come gestisce un giocatore dei momenti così difficili? “Io ho faticato molto. Il nonno era davvero molto più di un nonno, molto più anche di un padre. Ho condiviso tutto con lui. In quelle settimane dormivo pochissimo per stargli vicino: due-tre ore a notte. Ero distrutto, non riuscivo nemmeno ad allenarmi. Avevo messo al corrente la società, dovevano sapere che con la testa e con il corpo avrei fatto davvero molta fatica. Mi sono lasciato andare, ma non mi attribuisco delle colpe: ci sono cose molto più grandi di noi. L’importante è essere sinceri con sé stessi e con gli altri” La tua vita però ti sta regalando anche una gioia. O meglio, una seconda gioia. “Sto per diventare padre per la seconda volta. Non conosciamo ancora il sesso del bambino, siamo felicemente in attesa. La mia famiglia è tutto per me: sono diventato papà giovanissimo, a 22 anni. Giorgia è il mio grande amore. Un po’ come mia moglie, Fabiana: siamo cresciuti insieme, stiamo insieme da 13 anni e sposati da 3. La nostra storia nasce da Barivecchia” Dici Barivecchia, pensi a Cassano. L’hai mai conosciuto? “Quasi. Ma in generale un po’ tutti crescono nel suo mito. Mi ricordo però questo episodio: mio cugino, Bellomo, giocava in B a La Spezia. Io ero nella Primavera del Livorno, quindi ci vedevamo molto spesso. Una volta decidemmo di andare insieme allo stadio per Sampdoria-Inter e prima della partita siamo andati proprio a casa di Antonio, ai tempi blucerchiato. Lui non c’era, ma c’era sua mamma: una persona splendida” Hai toccato un tema che riguarda un po’ tutti i giocatori: gli spostamenti. Tu hai girato tanto: come gestisci i trasferimenti, anche in rapporto alla tua famiglia? “Che senza di loro sarebbe tutto più difficile. Mia moglie mi dà una grande mano, così come mia mamma, che è sempre molto presente. È capitato di frequente di cambiare casa a distanza di sei mesi: è pesante, ma in qualche modo si fa” E ora sei tornato in Toscana, ad Arezzo. Come è nata la trattativa? “Dopo Terni e la delusione per la promozione, serviva azzerare tutto. Il ds Cutolo ha telefonato al mio agente e a me: mi è stato presentato il progetto, che dimostrava tutta la voglia di crescere e di raggiungere obiettivi importanti. Non è stato difficile accettare, anche perché Bucchi sa davvero cosa chiedere” Hai notato differenze con lui, rispetto ad altri allenatori? “Caratterialmente mi ricorda molto Abate, con cui ho lavorato a Terni. L’obiettivo è fare in modo che io possa fare gol e questo è scontato. Nella Ternana facevo dei movimenti comunque diversi, Bucchi chiede che tenga di più la palla” Ma Cianci ha un sogno? “Sì, quello di tornare un giorno a giocare per il Bari, la squadra della mia città. Ho indossato quella maglia solo per sei mesi, in prestito: feci di tutto per andarci, anche firmare un prolungamento di contratto con il Teramo che in qualche modo in realtà mi danneggiò. Ma non importa, non ho mai vissuto di rimpianti: tutto quello che ho fatto, ha un motivo. E se dico una cosa o prendo una decisione, poi è quella. Con grande trasparenza. Bari è il sogno, ma Arezzo è la mia realtà. Bellissima”

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Valentino Della Casa