Mercato, mai dire "fatto". Storia dei grandi colpi sfumati

Calciomercato
"Le Roi" Michel Platini: l'Inter lo aveva in pugno già nel 1979, poi mollò
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L’Inter aveva in pugno Platini, Ancelotti rifiutò Robi Baggio, i tifosi della Lazio scesero in piazza contro la cessione di Signori al Parma. E' l’altra faccia del calciomercato: quella degli affari saltati per un cavillo, una firma o... un dente. LE FOTO

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Calciomercato, tutte le trattative


di Vanni Spinella

Non dire “fatto” se non ce l’hai nel sacco. Suonerebbe più o meno così la massima trapattoniana, riadattata e applicata al calciomercato.
Un mondo in cui non esistono certezze, finché non c’è la firma sul contratto. Anzi: neanche in quel caso.
I motivi che possono far saltare una trattativa ormai chiusa sono i più disparati. Ragioni di cuore, innanzitutto. Nel senso di problemi cardiaci (come la malformazione che bloccò il trasferimento di Thuram dal Barcellona al PSG), ma anche sentimentali (Gigi Riva, eterno rimpianto juventino, capace di dire “no” alle avances della Vecchia Signora per ben due volte, restando fedele al suo Cagliari).
Ragioni familiari, “mentali” e persino… “dentali”. Estate 2009, un Galliani sfinito dalla trattativa con il Porto, conferma: “E' stata durissima, ma Cissokho è nostro: vedrete, è il più forte terzino d’Europa”. Peccato che dalle visite mediche risulti che abbia i denti storti quanto basta a far saltare un affare da 15 milioni.

Insomma, di affari già fatti e sfumati sul più bello è piena la storia del calcio.
Fin dai tempi di Platini, che l’Inter di Fraizzoli aveva in pugno già nel 1979, forte di un precontratto firmato dal francese in attesa dell’apertura delle frontiere agli stranieri. Apertura che slitta di un anno, l’Inter tentenna, ci ripensa, ritiene Platini “fragile”. E l’opzione decade. Subentrerà la Juventus, e il mingherlino Platini diventerà “Le Roi”.

Altro “no” celebre di un giocatore fu quello di Gianluca Vialli, ai tempi della Sampdoria. Berlusconi sta costruendo il Milan che diventerà “padrone del campo e padrone del giuoco” per almeno un decennio, e cerca l’attaccante giusto. Per Mantovani, presidente dei blucerchiati, l’affare si può fare. I miliardi di Silvio, però, non riescono a comprare il cuore di Vialli, che preferisce restare a Genova. Il Milan incassa il rifiuto e vira su Marco Van Basten, sul quale c’era già la Fiorentina, a un passo dalla firma e dal costruire un tandem d’attacco da sogno con l’olandese e Robi Baggio.

Anche il "Divin Codino" fu protagonista di un lungo tira-e-molla, concluso con un "nulla di fatto": nel 1997, scaricato dal Milan di Capello, trova ad accoglierlo il Parma. Sembra il matrimonio perfetto: sono tutti d’accordo, tranne Ancelotti, incapace di trovare spazio ai trequartisti nel suo 4-4-2 collaudato (tanto da cedere anche Zola al Chelsea senza batter ciglio). Baggio va al Bologna, dove tornerà a incantare.

Parma beffato ancora una volta, dopo la scottatura dell’estate 1995. Quella volta c’era anche la firma sul contratto: Luis Figo, che giocava nello Sporting Lisbona, è a tutti gli effetti un giocatore del Parma. Ma anche della Juventus. Sì, perché il fantasista portoghese era stato creativo anche in fase di contrattazione, arrivando ad apporre addirittura due firme su due contratti: con il Parma e con la Juve.
La Lega annulla entrambi gli accordi, la Uefa sanziona il giocatore e gli vieta di trasferirsi in Italia per i due anni seguenti. Così, tra i due litiganti, gode il Barcellona, che alla terza firma fa bingo.

Impossibile dimenticare, infine, i casi di Signori (venduto dalla Lazio al Parma: a bloccare il trasferimento furono i tifosi, che scesero in piazza a protestare) e di Ronaldo (a un soffio dalla Lazio di Cragnotti, prima che Moratti superasse ogni offerta mettendo sul piatto 48 miliardi di lire).
O quello di Kakà. Comprato dagli sceicchi del Man City, venduto da Galliani. Finché il giocatore stesso non apparve alla finestra giurando eterno amore al Milan. Un’eternità durata 5 mesi.