Caso Donnarumma, Marani: "E' stata la sconfitta di Mino Raiola"

Calciomercato

Il direttore di Sky Sport 24 ha analizzato il botta e risposta fra l'agente del portiere e la dirigenza del Milan. Se da un lato potrebbe incepparsi il "metodo Raiola", dall'altro c'è una strategia di successo, quella rossonera, indipendentemente dall'epilogo

A Mino Raiola è successo poche volte di essere dominato dal gioco. Ha sempre guidato lui le più mirabolanti mani di poker. Ibrahimovic, Balotelli, Pogba: tutti spostati a tempo di record e a cifre astronomiche. Ogni passaggio un aumento per l’assistito, ogni scambio una provvigione milionaria per lui. Era ed è la regola di Mino: ti affidi a me, gestisco io, guadagniamo entrambi.

Tutto fino a ieri. Fino a oggi. Quando qualcosa del metodo Raiola si è inceppato su Donnarumma, già ora definibile come caso Donnarumma. A differenza di tutti i campioni sin qui seguiti dall’agente campano-olandese, Gigio è una bandiera e questo qualcosa vuol dire. Significa ad esempio che c’è di mezzo un pubblico, un’intera tifoseria pronta a scagliarsi contro il giocatore e contro il suo procuratore, cosa che non si poteva verificare con Balotelli o con Ibra. Lo abbiamo letto nei milioni di tweet, lo abbiamo visto nei dollari gettati sulla testa del portiere azzurro in Polonia, una scena destinata a rimanere nel ricordo di tutti noi. Raiola ha forse sottovalutato, per la prima volta nella sua infallibile e dorata carriera, le conseguenze di una decisione tanto forte, per lui soltanto l’ennesima scelta di rottura e dunque remunerativa.

Non sappiamo se Raiola si sia spinto così in avanti come sorta di ultimo omaggio all’amico Adriano Galliani, più volte evocato ieri in contrapposizione all’odierno Mirabelli, o perché davvero – come pare di capire – ci sia dietro il Real Madrid, una scelta allettante di per sè. A ogni modo, fosse perfino semplice scetticismo sul futuro societario del Milan, è successo quello che finora non era mai accaduto: Raiola è stato preso in contropiede. E la migliore dimostrazione sta nella durata della conferenza con la stampa. Un’ora e quarantacinque minuti di spiegazione sono inusuali per il Re del mercato, abituato da sempre ad agire molto e a parlare molto poco.

La risposta odierna di Fassone è la riprova del successo, sta nel sorriso di chi ha capito di essersi portato dietro la massa dei tifosi e che lo dice anche apertamente. Non avremo più Donnarumma, ma avremo il pubblico, la cosa più difficile da conquistare dopo mesi e mesi di un infinito e per certi versi bizzarro closing. La dirigenza rossonera, giocando di anticipo e mettendo in piazza tutto, a partire dalle cifre (5 milioni netti per 5 anni) e dal viaggio monegasco a casa di Raiola, ha bruciato le trame di Mino, lo ha semplicemente anticipato.

Questo è successo. Ciò che resta sullo sfondo è un ragazzo di 18 anni, un patrimonio unico e straordinario del nostro calcio, in queste ore offeso in una maniera talvolta eccessiva, insensata. Francamente, in tutta questa vicenda di insulti e presunte minacce, pare lui il soggetto più debole, l’unico davvero estraneo ai colpi bassi di chi lo gestisce, tutti compresi, nessuno escluso. Dobbiamo solo augurarci, questo sì, che una burrascosa, disordinata e chiassosa vicenda di calciomercato (la più mediatica che si ricordi) non trasformi un potenziale campione in un potenziale problema, perché questo sarebbe davvero insopportabile per chiunque. Di Balotelli ne è bastato uno, Donnarumma merita un altro epilogo.