Calciomercato, accadde oggi: Robi Baggio al Parma. Ancelotti disse no

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Vanni Spinella

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Era il 9 luglio del 1997 quando Carletto rifiutò il Divin Codino, con cui c'era già l'accordo, in nome dello schema: "Nel mio 4-4-2 non c'è posto per lui". Se ne pentirà anni dopo, dimostrandosi abilissimo nell'arte di far coesistere più fantasisti

Anni dopo ammetterà l’errore: si è veramente grandi anche per questo. Senza tanti giri di parole, ripensando a quell’estate del 1997 in cui disse “no, grazie” a Roberto Baggio, Carlo Ancelotti dichiarerà: “Fui un pazzo”. Per poi raccontare meglio la propria versione dei fatti nella sua autobiografia: “Pensavo ancora che il 4-4-2 fosse lo schema ideale per eccellenza, non era così. Se avessi la macchina del tempo, tornerei indietro e, Baggio, eccome se lo prenderei. Ho sbagliato a essere così intransigente, con il tempo ho imparato che una soluzione per far coesistere tanti grandi giocatori alla fine si trova”.

Fantasia, no grazie

Fa sorridere, in effetti, che a essere bollato come l’allenatore “anti-fantasia”, all’epoca, sia quel Carletto che anni dopo farà i salti mortali alla lavagna per far coesistere tutti i fantasisti che i presidenti gli metteranno a disposizione. Pirlo, Seedorf, Kakà e Rui Costa al Milan, inventandosi l’albero di Natale; Modric, Di Maria più la BBC madridista per regalare la Decima al Real. Ci è arrivato pian piano, perché l’Ancelotti del Parma era ancora un allievo appena uscito dalla scuola di Sacchi, capace di far fuori nel giro di due anni i due migliori trequartisti nostrani: prima Zola, che relegato sulla fascia sinistra preferisce emigrare al Chelsea, poi Baggio, rispedito al mittente come un pacco difettoso.

Sognando Pep

Una vicenda che ha dell’incredibile e che esplode il 9 luglio 1997, esattamente 20 anni fa, animando il calciomercato. Ancelotti è alla sua seconda stagione al Parma, con Tanzi presidente: la prima, iniziata malissimo (un periodo nero prima di Natale, quel suo insistere sul pupillo Crespo che non si sbloccava, l’esonero sfiorato), finisce con il secondo posto alle spalle della Juve, al termine di una rimonta eccezionale. È il Parma di Thuram-Cannavaro in difesa, Crespo-Chiesa in attacco; in porta il diciottenne Buffon: da restare a bocca aperta oggi, semi-sconosciuti all’epoca. L’anno dopo c’è la convinzione di poter migliorare e, perché no, tentare il colpaccio-scudetto. A una squadra dall’ossatura già bella forte basta aggiungere qualche tassello con acquisti mirati.

A fine giugno, con la trattativa già rivelata dai giornali, Ancelotti conferma quale sia il suo unico desiderio: Guardiola, per sistemare il centrocampo. Tra cervelloni ci si riconosce al volo. “È un po’ restio a partire, ma alla fine confido che dica sì. Altrimenti, ho già un nome italiano in testa”. Guardiola dirà di no rimangiandosi la parola data (e un precontratto firmato), al Parma arriverà Federico Giunti. Il misterioso nome italiano che ha in testa Ancelotti è il suo.

La vittoria del modulo

L’idea-Baggio non solo non lo sfiora nemmeno: la ripudia proprio. Così, quando il patron Calisto Tanzi tutto contento e convinto di fargli un regalone gli annuncia di avere tra le mani un contratto autografato dal Divin Codino, Ancelotti storce il naso e la prima cosa che gli esce di bocca è un “E nel 4-4-2 dove lo metto?”. Prego Carletto, non c’è di che. Gli prendono Baggio e lui parla di moduli. Come se vi regalassero un Picasso e vi lamentaste di non avere una parete libera in casa per appenderlo.

Bracci di ferro del genere, di solito, li vince il presidente. Non quella volta: Ancelotti ha costruito a fatica le quadrate mura del suo Parma e le difende con i denti dall’attacco di visionari e fantasisti. Si dà da fare in prima persona per mandare tutto a monte, chiamando Baggio al telefono e andando dritto al punto: “Non ti ho voluto io, non avrai il posto fisso, ho intenzione di farti giocare attaccante e non trequartista”. E comunque benvenuto, eh.

Il posto di Baggio nel 4-4-2 di Ancelotti? Sulla fascia sinistra, come Zola...  

Chiesa poco accogliente

Non solo: attraverso i giornali Ancelotti ribadisce tutti questi concetti, sottolineando che Baggio si giocherà un posto con Crespo e Chiesa, ma partendo dietro di loro. Non inteso “alle loro spalle”, in un tridente che sarebbe stato da sogno: significa solo che Baggio è la terza scelta, gli altri due i titolari. Il benvenuto glielo dà anche Chiesa, che minaccia il club di andarsene (“Questa squadra con tre punte non può giocare, è stato ceduto Zola proprio per questo motivo. Se arriva Baggio staremo a vedere…”), e allora il Codino si fa due conti: a lui serve una squadra che gli garantisca continuità nella stagione che porta al Mondiale, Parma non sembra la piazza ideale.

Tutti pazzi per Robi

Il Baggio della discordia porterà alle dimissioni del ds Riccardo Sogliano, il vero artefice della trattativa (Ancelotti la ribattezza “scherzetto”) che con un blitz in casa Milan era riuscito a strappare un campione di quel calibro a poco più di 3 miliardi di lire. Sogliano il braccio, Calisto Tanzi la mente, convinto che quello di Baggio fosse il grande nome in grado di far impennare il numero di abbonamenti. Si impenneranno solo le polemiche, con il procuratore di Baggio, Vittorio Petrone, che risponde a Chiesa toccandola piano (“Usa bene il destro e il sinistro, ma non la testa”), con i vertici della Parmalat che si ribellano a Tanzi (la strategia del grande nome non aveva funzionato già con Stoichkov: perché riprovarci?), con Robi Baggio che, dopo la bocciatura del maestro Sacchi, riceve pure quella dell’allievo Carletto, in nome degli equilibri di squadra e dello schema, superiore al singolo uomo. Entrambi matti? A Sacchi lo disse chiaramente Baggio, con un labiale in mondovisione, sostituto contro la Norvegia a Usa ’94. Ancelotti se lo dirà da solo.