Cristiano Ronaldo: alla scoperta di Madeira, l'isola dove è nato il mito CR7

Calciomercato

Gianluigi Bagnulo

Siamo andati sull'isola di Madeira, dove è nato Cristiano Ronaldo. Un viaggio attraverso i luoghi dove è cresciuto e ha mosso i primi passi da calciatore, per conoscere tutti i segreti di quello che è diventato il grande sogno di mercato della Juventus

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Madeira è un puntino nell’Atlantico, Funchal il suo capoluogo, il posto dove CR7 ha vissuto i suoi giorni più poveri prima e svuotato i suoi sentimenti più ricchi poi. Grazie a lui, quel puntino quasi invisibile sulla cartina ha tracciato una linea nel mondo. È la sua isola, quella che lo ha fatto nascere, diventare calciatore e che oggi galleggia più che sul mare, sulla sua notorietà. Più vicina all’Africa che all’Europa, Madeira è un viaggio in qualcosa di nuovo, quasi inedito, forse per questo così difficile da raggiungere...

Possono volerci anche 12 ore tra scali e ritardi, o meglio, empiricamente, ci sono volute 12 ore. La prima visione di Madeira però ripaga l’attesa, è un’isola con la testa fra le nuvole: sbuca una montagna da una distesa di bianco che appanna il sole, sopra una distesa d’azzurro mare.

L’aeroporto è una grande “I” d’asfalto che s’affaccia su una scogliera. Più che una pista, è nella lista degli atterraggi da brividi del mondo. Una sorta di ammaraggio, biglietto da visita di un posto fuori dal comune.

Una voce rompe il silenzio mentre i polmoni si riempiono d’ossigeno dopo aver trattenuto il fiato tra paura e adrenalina. “Bem vindo ao aeroporto Cristiano Ronaldo da Madeira”. Fa impressione. Un aeroporto intitolato a un essere vivente, per di più calciatore. Aggiungeteci che in portoghese “di” si dice “da”. Conseguenza: quel “Cristiano Ronaldo da Madeira”, a noi, suona quasi come qualcosa di divino. E in effetti, col tempo scopriremo che sull’isola CR7 è praticamente una religione.

Le cinte di gomma portano stancamente i bagagli, lasciandoli cadere uno alla volta in maniera quasi svogliata, come il personale dell’aeroporto, come gli steward. Insomma, c’è aria di vacanza. Il mare rispunta improvviso allo spalancarsi delle porte scorrevoli. Tre passi a sinistra e c’è di nuovo lui. Il busto di CR7 circondato da turisti che sgomitano per una foto. Oggi, che il busto assomiglia al campione, Emanuel Santos può sorridere. Prima questo semi-sconosciuto scultore di Madeira aveva quasi sfiorato la depressione. La prima versione (non esattamente un capolavoro) era stata derisa da chiunque sui social network, lasciando perplesso lo stesso Ronaldo. Così Santos è stato costretto a rifare quel busto, otturando la sua vena artistica che lo aveva portato altrove, verso qualcosa da immaginare più che da toccare. Effettivamente però, a vederle una vicino all’altra, tra le due versioni, non c’è paragone...

“No falo portugues”, è una richiesta d’aiuto alla quale appigliarsi subito. Però, anche se non lo parli, il portoghese lo capisci. Il viaggio in taxi dall’aeroporto al centro dell’isola, Funchal, è una sorta di jurassic park senza dinosauri. Madeira ha una paesaggistica senza senso, bella senza senso. Mare e nuvole, montagne e sole, foreste e strade, verde, azzurro, bianco, rosso, colori ovunque. Talmente tante cose da costringerti a girare col finestrino aperto per farle entrare tutte. Uno stimolo costante di creatività, sarà per questo che da qui è uscito uno dei giocatori più completi di sempre.

Più che CR7, Cristiano Ronaldo qui è C-Re-7, sovrano assoluto dell’isola. Il centro del suo regno è Funchal. Davanti alla vista più bella dell’arcipelago, c’è il suo piccolo impero. Il Pestana CR7 Hotel, frutto di una collaborazione con la Pestana Hotels, è un lussuoso hotel da 48 stanze e prato sintetico al posto della moquette dove la suite, spesso, è riservata a lui, che quando viene sull’isola dorme lì. Un hotel a 4 stelle per uno da 5 palloni d’oro, fa sorridere.

Sotto l’hotel c’è il Museu CR7, la cassaforte dei ricordi di Cristiano, un patrimonio fatto di trofei individuali e di squadra, di maglie storiche come quella di Buffon nel giorno della famosa rovesciata, di tutti i palloni portati via dal campo dopo aver segnato una tripletta con le firme dei compagni. Un tesoro consegnato ad Hugo Aveiro, fratello maggiore che nel 2014 Ronaldo, che nel 2005 perse il padre per lo stesso motivo, salvò dalla dipendenza dall’alcol con una promessa: “Se vinco la Champions, smetti di bere”. Oggi che una replica di quella Champions è conservata proprio lì, Hugo, è il direttore del museo. 

Madeira è un’isola dove il tempo non scappa, delimitato da confini naturali come il mare. Resta tutto lì. Per questo vedi i locali girare su motorini come il “Ciao” o su macchine come la “Rover 414”, mezzi fuori dal tempo ma dentro la tradizione. Dribblando motorini e macchine che non si vedono da un po’, arrampicandosi sull’isola come i miglior Reinhold Messner, si arriva al quartiere di Santo Antonio, dove nel barrio povero di Quinta Falcao è cresciuto il giovane Ronaldo. È una zona piena di salite e discese, di strade impossibili, per questo per giocare a calcio, da piccolo, Ronaldo doveva arrangiarsi...

Oggi il quartiere è sorvegliato dall’alto da un enorme murales di CR7, fatto dall’artista inglese Wilson nel 2016, accompagnato dalla scritta “Filho da Terra”, figlio della terra. A 5 minuti di macchina dalla prima casa della vita di CR7, arrampicandosi un altro po’, c’è il suo primo club, l’Andorinha. Ora che il piccolo club sopravvive solo aggrappandosi ai ricordi, lo storico magazziniere Rui tira fuori le foto del piccolo Ronaldo tra i sospiri misti di chi un po’ lo fa per routine e un po’, a vedere quelle foto, ancora si commuove.

La storia di Ronaldo, su quest’isola, la puoi guardare da due prospettive. Quella più semplice: la classica favola del ragazzo che parte dal basso e arriva in alto. La più vera: la storia del ragazzo che parte dall’alto, per arrivare in basso. A Funchal è così. La parte alta la più povera, la bassa la più ricca, dove dal 2016 c’è Praça CR7, una piazza interamente dedicata a lui. Da lì alzando la testa, sulla montagna più alta di Madeira, sbuca tra le nuvole lo stadio del Nacional, la seconda squadra della carriera di Ronaldo. L’unica maglia bianconera vestita dal portoghese fino ad oggi...

Di fronte allo stadio de Nacional de Madeira c’è il Cristiano Ronaldo Futebol Campus, il centro d’allenamento dedicato a lui, che quando giocava lì correva su un campo in terra e che qualche anni fa, invece, è venuto in visita qui per testare uno splendido terreno in sintetico. Dalla parte opposta della strada, nello stadio del Nacional, conservano come reliquie tutto ciò che gli è appartenuto. La prima divisa, il primo trofeo, le foto, le scritture private, i due cartellini di quelle due stagioni, 95-96 e 96-97, che cambiarono per sempre la storia del club.

Scendere da lassù e come prendere un ascensore sociale che fa il percorso inverso. Più il piano è basso, più lo standard di vita è alto. Spostandosi verso i quartieri più residenziali (citazione d’onore al mitico tassista Diogo Gonçalves che ha reso possibile tutto questo) si arriva a San Gonçalo, una delle zone più belle dell’isola. Oggi, qui, saltuariamente, vive la madre di CR7. La casa, splendida, bianca nella sua purezza, grigia come le nuvole e rossoverde nel suo orgoglio di bandiere portoghesi esposte sul terrazzo, è rigorosamente al civico numero 7. Fu il primo grande investimento di Ronaldo al primo contratto pesante, quello con il Manchester United di Sir Alex Ferguson. Un regalo alla mamma Maria Dolores che oggi la condivide con il fratello, Hugo Aveiro e che da lì sorveglia sull’isola come una regina.

Così, tra salite e discese, ricordi dal passato e silenzio assoluto sul futuro di CR7, alla fine di tutto, Madeira ti lascia romanticismo e nostalgia. Senso di appartenenza e tradizione. Ti fa capire che qui due cose contano davvero: O Bolo e A Bola. Ovvero: il pane povero dell’isola in cui tutti gli abitanti si riconoscono “O Bolo do Caco” che racconta la storia di questa gente così semplice e il pallone, che qui ha sempre fatto fatica a rotolare dritto. Per questo apprezzi ancora di più lo sforzo verso la leggenda che ha fatto CR7, unico in un posto unico. Per questo apprezzi ancora di più quella scelta, quasi involontaria, di un’isola che da un lato ha voluto isolarsi e dall’altro mandare nel mondo, per farsi conoscere, il suo testimonial migliore.