Da Simpson a Casartelli: quando il ciclismo è tragedia

Ciclismo
La stele dedicata a Fabio Casartelli al Col d'Aspet, dove nel 1995 morì il cilista italiano
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Non è la prima volta che la morte funesta il mondo della bici: Weylandt è il quarto corridore a perdere la vita al Giro. Tanti i drammi: nel '95 l'italiano ex olimpionico morì al Tour. Nel 2003 il dramma di Kiviliev portò all'introduzione del casco

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Ciclismo tragico: una lunga sequenza di lutti

Il pericolo, sulle due ruote, è sempre in agguato, e non è la prima volta che il ciclismo si trova a piangere corridori vittime del loro stesso mestiere, spesso della loro passione. Quella di Weylandt è la quarta morte in corsa nella storia del Giro d'Italia.

La prima tragedia al Giro è datata 1952, quando Orfeo Ponsin morì nel corsod ella tappa Siena-Roma cadendo lungo la discesa della Merluzza. La dinamica dell’incidente fu tremenda: dopo aver colpito un tronco d'albero con la fronte, Ponsin venne poi travolto da un'automobile del seguito. 14 anni più tardi, nel 1976, Juan Manuel Santisteban morì ad Acireale (prima tappa), dopo avere sbattuto la testa contro un guardrail. Prima di Weylandt, nel 1986, perse la vita l'italiano Emilio Ravasio. Anche Ravasio, neo-professionista, cadde nel corso della prima tappa: la morte sopraggiunse dopo due settimane di coma.

Erano i tempi del ciclismo senza casco, divenuto obbligatorio solo nel 2003: il 18 luglio 1995 al Tour de France morì a 25 anni l'italiano Fabio Casartelli. Casartelli cadde lungo la discesa del Colle di Portet-d'Aspet durante la quindicesima tappa del Tour de France da Saint-Girons a Cauterets: batté violentemente la testa contro un paracarro e morì durante il trasporto in elicottero in Ospedale. L'11 marzo 2003 il dramma del kazako Andrei Kivilev (che cadde nel corso della Parigi-Nizza) costrinse la federazione ciclistica ad introdurre il casco obbligatorio. Tony Simpson agonizzante sul Mont Ventoux al Tour del 1967 è l'immagine che più di ogni altra rappresenta il dramma delle morti avvenute sulle strade del ciclismo.

Prima ancora, altre morti avevano funestato la storia del ciclismo: Serse Coppi, fratello di Fausto, morì il 29 giugno 1951 dopo una caduta allo sprint di una tappa del Giro del Piemonte. Cinque anni dopo, nel 1956, toccò al Campione del Mondo Stan Ockers, che cadde nella Sei giorni di Anversa e morì dopo due giorni. Quattro anni dopo, alle Olimpiadi di Roma del 1960, a perdere la vita fu il ciclista danese Knud Jansen. E queste, purtroppo, sono solamente quelle dei più noti, perché altri hanno perso la vita senza essere ricordati.

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