Balmamion o Balma Mion: ma chi vinse il Giro 50 anni fa?

Ciclismo
Al Giro erano gli anni di Adorni, Anquetil e Balmamion (foto Getty)
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L'INTERVISTA. Anche nel '63 la corsa partì da Napoli e a trionfare fu un piemontese con due cognomi: "Mi portò fortuna...". L'ultimo italiano capace di aggiudicarsela in due edizioni consecutive (e l'unico senza vincere una tappa)

di Alfredo Corallo

"Buongiorno, casa Balmamion?" "Dipende, cercava Balmamion o Balma Mion?" "Mah, veramente mi bastava il Franco che ha vinto due Giri d'Italia..." "Ah, allora sono io, quello tutto d'un pezzo...". Se fosse andata realmente così non ci sarebbe stato nulla di che meravigliarsi. Perché il nostro asso del manubrio di cognomi ne ha sul serio un paio, quello ufficiale - doppio - e l'altro che s'è scelto, con un colpo da fenomeno. "Quand'ero ragazzo - ricorda - raccontavano che per diventare un grande corridore ci volesse un nome incisivo, immediato, e pensai che Balmamion lo fosse di più. Funzionò... ma con una controindicazione: mia figlia si chiama come me, il maschio come mio padre. E io, ancora oggi, a 73 anni, i documenti importanti devo firmarli due volte".

Nel dubbio a Nole Canavese, dov'è nato e cresciuto - ora vive a Ciriè, sempre nel Torinese - era per tutti il nipote di "Magninot" (spazzacamino in dialetto piemontese), lo zio Ettore che era arrivato quinto al Giro del '32 e che instradò Franco al ciclismo, nonostante le resistenze della madre, rimasta vedova troppo presto.

Tempi duri.
"Altroché. Mio padre era nei vigili del fuoco e morì sotto le bombe il 25 luglio del '43, il giorno che cadde il Fascismo. Bisognava arrangiarsi. Cominciai a lavorare giovanissimo, davo una mano nella bottega di famiglia, calzolai, poi in una fabbrica tessile e da tornitore alla Fiat. Ci andavo in bici, avanti e indrè Nole-Torino una quarantina di chilometri al dì. Una bella palestra".

Inizia a farsi strada tra i dilettanti, si aggiudica il Trofeo "San Pellegrino" che era considerato il top per una promessa e subito professionista a soli 21 anni. Al primo Giro, nel '61, si fa valere in sella alla Bianchi (si classificherà 20°). Ma fu al secondo tentativo, con l'azienda del "Punt e Mes" Carpano, il vero appuntamento yes... (era il jingle del Carosello!).
"(ride) Certo, la svolta di una vita. Aspettai il momento propizio, nel mio stile, sulla difensiva, per questo non ero osannato come Adorni, Vito Taccone, Ercole Baldini. Imbeccai la fuga giusta nella frazione di Casale Monferrato e alla fine sfilai a Milano in maglia rosa. In paese fui accolto meglio di una star di Hollywood".

Il "Cinese" - com'era soprannominato in gruppo per il taglio d'occhi orientaleggiante - portò a casa la corsa senza conquistare mezza tappa. Non contento ripetè lo stesso "sistema" l'anno successivo (è un record assoluto), esattamente 50 anni fa, anche quella volta la corsa partì da Napoli.
"Gli altri parlavano, parlavano, amavano apparire in tivù, sui giornali, e io vincevo. Non ero un fuoriclasse, dovevo sfruttare al meglio le doti di cui disponevo: resistenza, passo regolare e una buona progressione. Erano il mio pane, nel vero senso della parola. Uno dei pochi che mi comprese fu Anquetil, un gran signore, che aveva capito perché mi muovessi con prudenza, senza strafare, era nella mia natura. Solo nel '64 mi lasciai andare, accecato dalla stampa. Non si correva la Cuneo-Pinerolo dal '49, dall'impresa leggendaria di Coppi. Ebbene, provai a fare il Coppi e crollai sul Sestriere. Mi giocai un Giro, che vinse proprio Anquetil".

Però nel '63 conquistò la maglia rosa perché rimase tra gli "eroi" della Belluno-Moena (bufera di neve epica, si ritirarono in 57, oltre la metà). E nel '67 fu campione italiano, secondo al Giro dietro Gimondi e terzo al Tour. E ancora oggi rimane l'ultimo italiano ad aver vinto due Giri consecutivi.
"E' un primato che da una parte può far piacere, ma dall'altra mi rattrista: se non avessero cacciato Pantani nel '99 sicuramente avrebbe bissato la vittoria del '98. E ora, probabilmente, non saremmo qui a ripiangerlo".

Siamo al traguardo, Wiggins o Nibali?
"L'inglese ha il vantaggio di avere uno squadrone, il Team Sky mi fa pensare alla Molteni di Merckx. Il siciliano è uno che infiamma la folla, ma deve imparare a controllarsi, e a cronometro il divario è considerevole. Non sottovaluterei Hesjedal, che non vincerà una tappa ma alla fine centra il bersaglio grosso. Mi ricorda qualcuno...".