Aru, Ulissi e la meglio gioventù: un Giro per "rottamatori"

Ciclismo
Vincitore due volte in salita, secondo per un pelo nella cronometro dei vini: Diego Ulissi ha ormai fatto il salto di qualità
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Quintana, 24 anni. Uran, 27. Aru, 23. E poi Kittel, Bouhanni, Matthews, Arredondo: quest'anno, più che mai, alla corsa rosa è stato un trionfo della linea verde. L'Italia scopre tre talenti - c'è anche Battaglin... - già pronti per un grande successo

di Stefano Rizzato

A vederli tutti in fila, al termine di tre settimane di battaglia fa un certo effetto. 88, 88, 90, 89, 90, 90, 89, 81, 90, 79, 87, 88, 89, 90, 90, 87, 88, 90, 79, 89. Sono gli anni di nascita dei trionfatori delle 21 tappe del Giro d’Italia 2014. Gli “intrusi” sono il 1979 di Michael Rogers, vincitore a Savona e sullo Zoncolan, e il 1981 di Weening, che ha alzato le braccia a Sestola. Per il resto, alla corsa rosa è andata in onda una lunga linea verde.

A partire dal podio finale: Nairo Quintana, anni 24. Rigoberto Uran, anni 27. Fabio Aru, anni 23. E poi il re degli scalatori, Arredondo: classe ’88. Quello degli sprint, Bouhanni: classe ’90. Plurivincitori come Kittel (’88) e Ulissi (’89). Il vincitore dell'ultima tappa, Mezgec, pure lui dell'89. La maglia rosa provvisoria – e vincitore di tappa - Michael Matthews (’90). Gli autori di due delle più belle imprese, Battaglin e Canola: ’89 e ’88.

Se estendiamo lo sguardo ai primi 10 della generale, otteniamo una media d’età – inedita negli anni recenti – addirittura sotto i 28 anni. E solo perché ad alzarla, questa media, ci pensano i 37 di Evans e i 33 di Hesjedal, nelle posizioni di rincalzo. Ma il ciclismo non era uno sport che premiava l’esperienza?

Di certo non quest’anno, non in questo Giro che – anche perché un po' povero di grandi nomi – ha lasciato spazio alla meglio gioventù del pedale. Dandoci un assaggio di quello che sarà il ciclismo nei prossimi anni, perché talenti come Quintana e Aru sono destinati a rimanere ai vertici delle corse a tappe anche in futuro. E così Kittel e Bouhanni, nuova generazione di velocisti pronta a “rottamare” – e un po’ già è successo – i vari Cavendish, Greipel eccetera.

L’Italia, oltre che Aru, trova e conferma talenti come Battaglin e Ulissi. Due ragazzi fortissimi, pronti già ora per le grandi classiche. È lì che i nostri, da troppo tempo, sono costretti a un cronico digiuno e patiscono l’assenza di un ricambio generazionale. Ora, partendo dal Giro della linea verde, si può tornare a crederci.