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Aru, oggi è un altro (l’ultimo) giorno

Ciclismo

Giovanni Bruno

La sofferenza di Fabio Aru, la costanza della maglia gialla Froome e del Team Sky, la favola dello sloveno Roglic, ciclista per terapia. Anche quest’anno il Galibier ha regalato momenti di storia

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Abbiamo spinto Aru. Un po’ tutti abbiamo sofferto con lui quando, sulle ultime rampe del lungo ed estenuante nonché storico Galibier, sotto gli attacchi prima dello sgraziato Daniel Martin e poi i tanti del francesino magrissimo Bardet, il cavaliere dei 4 mori ha cercato in tutti i modi di “riportarsi sotto” al gruppetto dei primi. Bocca aperta e respiro affannato ma conscio di potercela fare , Fabio Aru prima sui pedali poi con un buon ritmo è sempre rientrato sul giallo di Froome , Bardet, Uran e Landa. Ma poi all’ennesima botta del principino di casa ha dovuto cedere. Poi discesa e pianura hanno fatto il resto: bella sintonia davanti, meno dietro e ciao al secondo posto.

Questa la sintesi sulle speranze italiane che però, guardando al prossimo arrivo sul terribile Izoard, rimangono inalterate. Chi ne ha di più avrà in mano il Tour. Di certo Froome ha dato un bel colpo all’ennesimo sigillo, una grande squadra ha dettato il ritmo per oltre 140 chilometri anche se davanti Contador ha provato a far dimenticare le brutte prove di questi giorni con una fuga di altri tempi. Froome ha rincorso tutti, ha stoppato chiunque con grande precisione senza esagerare nel contrattaccare o fare le sue consuete frullate. E avrà ancora la crono di sabato...

Onore (e tanto) a chi ha vinto: si chiama Primoz Roglic, ha 26 anni ed è salito in bici per terapia. Si era fatto male perché lui nasce nella grande scuola slovena dei saltatori con gli sci ed è stato anche campione del mondo juniores. Ora è un buon uomo cronometro, passista ed ora anche scalatore: un futuro certo. Il futuro del Tour, invece, è ancora da scrivere e si scriverà con quello che succederà nell’ultima tappa alpina. E sarà un vero tutti contro tutti.