Froome, il trionfo... di chi non si accontenta mai

Ciclismo

Francesco Pierantozzi

Froome festeggia il 4° Tour de France (Foto Twitter @LeTour)

L'insaziabile voglia di migliorarsi ha permesso al britannico di origini keniane di conquistare il 4° Tour in carriera. Ora l'obiettivo è prendersi il quinto per salire, se ancora ce ne fosse bisogno, nell'Olimpo dei grandi

Aggiungere qualcosa, sempre. Ecco la forza di Chris Froome, che ha corretto difetti, si è migliorato, discesa, guida della bicicletta, ma soprattutto è diventato leader, con personalità, capace di gestire gli imprevisti senza crisi di panico, tipo un incidente meccanico, di gestire la squadra e di soffocare anche, senza tanti clamori, i disegni personali dei collaboratori. Si, parliamo di Landa, stipendiato per aiutare proprio Froome. Ha imparato a fare i conti con la comunicazione, si è scrollato di dosso il fantasma di Wiggins, Sir Bradley, decisamente ingombrante, e ci è riuscito con i numeri in bici (4 Tour pesano più di 1) e con un carattere diverso, meno “aura” e più friendly. Ha battuto negli anni anche il tifo contro dei prevenuti (nei suoi confronti) francesi, tra insulti vocali, tipo “booh” e, per fortuna scomparsi, lanci di sacchetti di urina.

Forte di testa quindi, non solo di” frullate” in salita, forte nello studio dei dettagli, oltre i noti “marginal gains” (piccoli guadagni marginali che messi assieme fanno un bel gruzzolo di secondi), con conoscenza del terreno di gara (discese in particolar modo) e dei mezzi (dalla bici alla maglia alle scarpe, tra l’altro tutto made in Italy) a sua disposizione. Ha sempre avuto rispetto, valore caduto in disuso, per tutti, a cominciare dagli avversari. Una vita dedicata alla maglia gialla, ascetica, tra tavola e riposo, all’allenamento, con un obiettivo chiaro per 365 giorni all’anno…il Tour! Chissà cosa aggiungerà adesso per aggiungere un altro Tour e arrivare a quota cinque come Anquetil, Merckx, Hinault e Indurain.