Il danese Michael Valgren si è aggiudicato la 53^ edizione dell'Amstel Gold Race. Un successo agevolato anche dalla tattica dei due favoriti alla vigilia della gara: Peter Sagan e Alejandro Valverde
Ti guardo, ti marco, ti controllo. Sono all’Amstel ma potrei essere al Mondiale, in una tappa del Tour, in un’altra grande classica. Sono Sagan e sono Valverde, il discorso è uguale, salite sulla bicicletta di uno o dell’altro e la prospettiva cambierà davvero di poco. Così l’Amstel finisce a Valgren, danese, 26 anni, sconosciuto fino a un certo punto, visto che nel 2018 ha già vinto l’ex Het Volk. Valgren, che si trascina Kreuziger, sfrutta l’indecisione dei due, insegui tu o inseguo io? E se non insegui tu non inseguo nemmeno io. Insomma una storia vecchia, quella dei marcamenti, da Argentin-Lemond a vari mondiali, da corridori che per non far vincere l’ “altro” preferiscono perdere. E così non sapremo mai se a Sagan magari è mancata un po’ di “gamba”, se Valverde non è ancora brillantissimo per scalare le sue Ardenne. Certo una vittoria di Sagan, sette giorni dopo Roubaix, alla faccia di dolori e vibrazioni pesanti da pavé, avrebbe fatto esplodere titoli, commenti, suggestioni, come quella di vederlo protagonista anche nel Mondiale di Innsbruck, il più duro dai tempi di Sallanches (1980, vinto da Hinault) o da quelli colombiani Duitama (1995, Olano su Indurain con Pantani terzo). Un Sagan che si trasforma, che perde qualche chilo per non perdere di vista gli scalatori e, soprattutto, per non perdere la maglia iridata, quella con cui tutti siamo ormai abituati a guardarlo, marcato a vista pure alla tv.