Tour de France 2018, Roglic è pronto a sorprendere

Ciclismo

Umberto Preite Martinez

La storia del ciclista sloveno del Team Lotto NL-Jumbo, arrivato tra i migliori del Tour de France dopo essere stato saltatore con gli sci fino a 21 anni

LA 12^ TAPPA LIVE

Il Tour de France è entrato nel vivo da quasi due settimane e ha già riservato tante sorprese, tra cadute, forature e una cronometro a squadre che ha fatto segnare i primi distacchi. Il pavé è passato indenne per quasi tutti i favoriti (tranne il sempre più sfortunato Richie Porte, costretto al ritiro dopo una caduta) e abbiamo dovuto aspettare la seconda tappa alpina per vedere un abbozzo di gerarchia in gara. Se Chris Froome, nonostante la caduta nella prima tappa, è sempre il favorito numero uno, dietro di lui avanzano i possibili contendenti che proveranno ad interrompere il dominio dell’inglese. Quintana ha dimostrato sulla strada di essere il capitano unico in casa Movistar, con buona pace di Valverde e Landa; Nibali è sempre in agguato e Bardet sembra riuscire a tenere il colpo, anche se con fatica.

Nel gruppo di testa, di fatto, c’è solo un nome sconosciuto al grande pubblico, cioè Primož Roglič, ciclista sloveno del team Lotto NL - Jumbo che sembra sempre pedalare con grande facilità. Nelle prime tappe, Roglič è riuscito a tenersi fuori dai guai: nella tappa del Mûr-de-Bretagne ha preso un ventaglio, è caduto, ma è riuscito stoicamente a rientrare e a rimanere nel primo gruppetto in cima allo strappo finale; e anche sul pavé si è mantenuto nelle posizioni di testa senza perdere niente dagli avversari per la classifica generale.

Ma è sulle Alpi che Roglič sta dimostrando tutto il suo valore. Rispondendo sempre agli attacchi dei principali favoriti, è riuscito a infilarsi in una contesa in cui in pochi avrebbero immaginato di vederlo. Certo, il percorso finora era adatto alle sue caratteristiche e la tenuta fisica non è ancora un problema. Ma chissà che non possa essere proprio lui ad emergere dalla classe media del Tour de France per mettersi al centro della luce dei riflettori.

All’alba dell’Alpe d’Huez, che chiuderà il trittico alpino, si trova in quinta posizione in classifica generale con un ritardo di 2’23” dalla maglia Gialla di Geraint Thomas, ma a soli 58” da Chris Froome. Prima di analizzare nel dettaglio quali possono essere le sue possibilità, è interessante fare un passo indietro, perché una storia personale e sportiva come quella di Roglič non si sente spesso.

Ai più attenti non sarà sfuggito che il ciclista sloveno, nonostante sia ancora solo una promessa, ha già 28 anni. La ragione, già sorprendente di suo, è che ha iniziato a correre in bicicletta solamente a 21, per il semplice fatto che prima di quell’età praticava un altro sport.

Da una montagna all’altra

Il 17 marzo 2007 Roglič, allora 17enne, vola giù dal trampolino “Fratelli Nogara” di Tarvisio. Erano i giorni dei Campionati del Mondo di Sci Nordico per la categoria Juniores e il giorno prima, nella gara individuale, la Slovenia aveva piazzato tre dei suoi atleti tra i primi 10 in classifica.

Il piccolo stato balcanico era la squadra da battere. In Slovenia il salto con gli sci è uno sport molto seguito: se sei alto, secco, con le gambe lunghe e poco istinto di sopravvivenza, probabilmente finirai con degli sci ai piedi in cima a un trampolino pronto per essere spinto giù.

Primož Roglič rispondeva a queste caratteristiche e in quel 17 marzo 2007 volò dal trampolino di Tarvisio per regalare la medaglia d’oro alla sua Slovenia. È vero che i risultati ottenuti tra gli Juniores non sono necessariamente il preludio a una grande carriera, ma per lui la strada sembrava spianata.

Dopo la vittoria al Mondiale Juniores, Roglič partecipa e vince le tappe della Continental Cup di Planica e Westbay. Poi torna a Planica, in Slovenia, per un’altra gara in cui viene accolto come uno dei migliori talenti della sua generazione. Il giovane saltatore si lancia dal trampolino per un salto di prova ma sbaglia lo stacco, si scompone, crolla rovinosamente a terra sbattendo la testa e rotola giù nella neve per centinaia di metri privo di sensi. Viene portato immediatamente all’ospedale più vicino dove non gli riscontrano nessuna frattura. Nessun danno fisico a parte qualche ematoma.

Eppure nel momento in cui perde il controllo del suo salto, nella testa di Primož Roglič qualcosa si blocca. Da quel giorno non riesce più a saltare con la spensieratezza necessaria e smette di vincere. Un altro infortunio al ginocchio, poi, lo costringe a un lungo stop e a una terapia di riabilitazione che lo porta a salire su una bici.

Quegli anni sono i più difficili della sua vita sportiva. Con gli sci ai piedi non riesce più a sentirsi a suo agio, ha perso l’entusiasmo e la grinta per essere di nuovo competitivo. La bici diventa il suo unico conforto e, per questo motivo, nel 2011 lascia gli sci per dedicarsi al ciclismo. Cambiare disciplina a 21 per un atleta è una decisione complicatissima, quasi suicida, soprattutto se si passa ad uno sport così diverso e competitivo come il ciclismo. Abbandonare tutto ciò per cui hai lavorato fino a quel momento e cambiare del tutto carriera ad un’età già avanzata per un’atleta è, per usare un facile gioco di parole, un vero e proprio salto nel buio.

Una nuova vita

Dopo gli inizi da amatore, nel 2012 Roglič firma per la Adria Mobil, una squadra slovena diretta da Bogdan Fink che, tra le altre cose, è anche l’organizzatore del Giro di Slovenia. Roglič corre in bicicletta da poco, è inesperto ma ha la mentalità del campione e si mette in mostra fin da subito. La prima vittoria arriva nel 2014, in una tappa del Tour dell’Azerbaijan, quando l’ormai ex-saltatore ha già quasi 25 anni. L’anno successivo vince di nuovo la tappa più dura del Tour dell’Azerbaijan e la classifica generale. Ma è nella corsa di casa, il Giro di Slovenia, che il mondo del ciclismo si accorge davvero di lui.

Alla terza tappa, da Dubrovnik a Trije Kralji, Roglič va via in salita con Mikel Nieve e lo brucia sul traguardo: vince tappa e maglia, che porterà fino alla fine mantenendo i 5” di vantaggio dallo spagnolo del Team Sky. Dopo quella vittoria arriva la chiamata della Lotto NL - Jumbo, una squadra olandese che fa parte del circuito del World Tour. È il salto nella Serie A del ciclismo.

In Olanda, Roglič cresce ancora. Impara innanzitutto ad andare in salita con un rapporto agile, che gli consente di avere un minore tempo di recupero fra una tappa e l’altra. E poi impara ad andare a cronometro, con cui è amore a prima vista. Roglič sembra essere una persona solitaria, abituata a gareggiare solo per se stessa, a sfidare i suoi limiti cercando l’equilibrio dentro di sé. La cronometro, una specialità in cui il ciclista pedala da solo contro i secondi che passano per chilometri e chilometri, diventa la sua nuova casa.

Nel 2016 partecipa per la prima volta al Giro d’Italia e sorprende tutti durante il cronoprologo di Apeldoorn arrivando con lo stesso tempo del beniamino di casa, Tom Dumoulin, che gli soffia la maglia Rosa per una manciata di centesimi. Pochi giorni dopo, nella cronometro del Chianti (40.5 chilometri da Radda in Chianti a Reve in Chianti), parte senza grandi pressioni. Prima della partenza aveva dovuto sostituire la sua bici per un problema meccanico con un'altra, più piccola e senza portaborracce. Dopo qualche chilometro di gara, il computerino per rilevare i dati fisici e la velocità si stacca dal manubrio e vola via. Roglič percorre quasi tutti i suoi 51’45” di gara praticamente al buio. Eppure non si scompone, tira dritto e vince la sua prima gara a cronometro, la sua prima tappa in un Grande Giro. «Ho deciso di continuare rilassato», dirà al traguardo «ma ho capito che in salita stavo andando bene ed ho spinto solo per divertirmi». Un mese dopo vince anche il campionato nazionale a cronometro, mantenendo per 50 minuti e 51 secondi una media di 51,917 km/h (per intenderci, un fenomeno come Chris Froome nella cronometro della Vuelta 2017 viaggiò con la media di 51,319 km/h per 47 minuti netti).

Rogla

Nel 2017 vince la Volta ao Algarve battendo avversari del calibro di Michal Kwiatkowski, poi chiude al 4° posto la Tirreno-Adriatico vinta da Nairo Quintana, 5° al Giro dei Paesi Baschi vinto da Alejandro Valverde e 3° al Giro di Romandia vinto da Richie Porte. Ovunque vada, tiene testa ai migliori ciclisti del panorama internazionale, tiene le loro ruote in salita e spesso li batte a cronometro. Ha già 27 anni, ma il suo fisico è ancora fresco. È un grande punto interrogativo del ciclismo europeo: ha le potenzialità per poter diventare uno dei migliori ma non si capisce se il suo background possa favorirlo o svantaggiarlo nel lungo periodo.

Al Tour de France 2017 si consacra come idolo nazionale vincendo in solitaria la tappa del Galibier con 1’13” di vantaggio sul gruppetto di Chris Froome. Al suo ritorno in albergo viene fermato da un gruppetto di tifosi sloveni in delirio.

Primož Roglič è ancora solo un talento grezzo da rifinire, ma dopo quella vittoria diventa un idolo di nicchia, e non solo per i tifosi sloveni. Inizia ad essere chiamato “Rogla” e lui sta al gioco: lo scrive anche sul suo sito internet dove, nella sezione “Autographs”, potete trovare l’indirizzo della sua casa in Slovenia. Così se per caso voleste un suo autografo potete mandare semplicemente una busta con dentro il vostro indirizzo e un francobollo. “This is the easiest way to get it”, si legge sul suo sito internet, uno dei tanti specchi attraverso cui leggere la sua personalità.

Il sito ha la pretesa di essere bilingue, ma alla fine quasi tutto è scritto in sloveno e solo alcuni post sono tradotti in inglese. La grafica è elementare ma molto pratica e snella, i post nella Homepage sono una specie di diario digitale nel quale Rogla racconta la sua nuova vita di ciclista, pubblica foto dei suoi ritiri in altura come fosse un cicloturista qualunque. Risponde personalmente ai commenti (pochi e anch’essi scritti in sloveno) che gli arrivano sotto i suoi post e lo fa spesso anche solo con una emoticon o per scrivere semplicemente “Hvala ga” (cioè “grazie”).

Un nuovo Spilak?

Rogla è un tipo di poche parole e dà l’impressione di concentrarsi più che altro sull’allenamento, di crescere anno dopo anno. E in questa stagione sta iniziando a raccogliere i frutti del suo lavoro. Prima ha vinto una tappa alla Tirreno-Adriatico, a marzo. Poi ha sbaragliato la concorrenza al Giro dei Paesi Baschi e si è ripetuto al Giro di Romandia e al Giro di Slovenia. Tutte corse a tappe di una settimana, sempre più o meno con lo stesso copione: dominante a cronometro e agile in salita. Un mix perfetto per uno specialista da brevi corse a tappe.

Il Giro di Romandia è per ora il suo capolavoro, per come ha tenuto testa a uno scatenato Egan Bernal, la più grande promessa del ciclismo mondiale per quel che riguarda le corse a tappe. Nella quarta frazione, in particolare, Bernal lo attacca brutalmente con scatti a ripetizione che sgretolano il gruppo dei migliori. Roglič ogni volta risponde con facilità, rimanendo sempre seduto sul sellino a mulinare un rapporto molto più agile rispetto al colombiano della Sky. Roglic sembra che si alzi sui pedali solo per riprendere fiato: ogni tanto lo affianca e gli dice qualcosa, in un continuo martellamento psicologico che denota anche una grande mentalità. In cima alla salita (purtroppo nel video non si vede), Roglič osa persino piazzare un piccolo scatto per stroncare ogni speranza dell’avversario.

La pedalata agile, sempre estremamente composta ed efficace, la capacità di andar forte a cronometro e una solida mentalità fanno di Primož Roglič un potenziale talento per le gare a tappe. Ma per entrare davvero nell’elite dei migliori d’Europa serve ancora qualcosa. Il dubbio sorge, come sempre, nelle grandi corse a tappe di tre settimane. La lunghezza di una gara non è mai da sottovalutare e la capacità di recupero nelle tre settimane fa la differenza che c’è tra Simon Yates, imbattibile per due settimane ma imploso fisicamente e mentalmente nel finale, e Vincenzo Nibali, in grado di ribaltare il Giro d’Italia del 2016 nelle ultime due tappe, quando i suoi avversari erano ormai logorati dai 19 giorni di corsa.

La differenza che c’è fra un corridore da corse di una settimana e uno in grado di vincere le corse di tre settimane non è mai definibile a priori. Non si può prevedere dove può arrivare questo o quel ciclista, ma si possono fare dei paragoni col passato. Forse un primo appiglio per inquadrare il suo talento ci viene affiancandolo ad un altro ciclista sloveno come Simon Špilak.

Nonostante la vittoria al Giro di Romandia e i due trionfi (nel 2015 e nel 2017) al Giro di Svizzera, Špilak non è mai riuscito a essere competitivo nei Grandi Giri. Ci ha provato, ogni tanto, ma con scarsissimi risultati. Il suo miglior piazzamento resta quel 48° posto al Giro d’Italia del 2008. Non corre una grande corsa a tappe dal 2014 (ritirato alla 17ª tappa del Tour de France). Poco per uno che nel 2015, dopo la prima vittoria al Giro di Svizzera, era atteso a un grande salto di qualità mai avvenuto.

L’involuzione di Špilak dovrebbe farci andare piano quando parliamo delle possibilità di Primož Roglič di essere competitivo al Tour de France di quest’anno o nelle corse a tappe del futuro. Fare previsioni è quasi impossibile, ma quanto ci ha fatto vedere “Rogla” è molto interessante e in prospettiva sembra avere un potenziale di molto superiore rispetto a quello dimostrato da Špilak nella sua carriera. Entrambi sono molto forti a cronometro, ma Roglič ha un motore diverso, è più continuo e, pur avendo già 28 anni, ha margini di miglioramento impronosticabili. Davanti a sé ha ancora tutta la fase migliore della sua carriera e nonostante l’età avanzata, ha nelle gambe solo 7 anni di ciclismo agonistico, con tutta la freschezza che questo dato comporta.

Roglič corre in bicicletta da neanche 7 anni e già ha imparato ad andare forte a cronometro, a muoversi nel gruppo, a limare quando necessario e a stare più di 6 ore in sella a pedalare. Sta migliorando nell’agilità in salita e nella lettura della corsa e può ancora crescere dal punto di vista della tenuta fisica. A livello di mentalità, inoltre, sembra essere un vincente nato.

Roglič ha tutte le carte in regola per poter essere la più bella sorpresa di questa stagione. Forse non lo vincerà subito, ma questo Tour de France ci darà comunque delle indicazioni importanti sul suo futuro.