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Tour de France, cosa pensare della caduta di Nibali

Ciclismo

Andrea Minciaroni

Nella tappa di ieri Vincenzo Nibali era in grande forma, ma una caduta sfortunata ha compromesso la sua corsa e lo ha portato al ritiro. Ora che misure deve prendere il ciclismo?

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Vincenzo Nibali si è ritirato ieri dal Tour de France. Gli accertamenti presso l'ospedale di Grenoble, a seguito della caduta durante l'ascesa sull'Alpe d'Huez, non hanno lasciato spazio a interpretazioni: frattura di una vertebra. Impossibile continuare, si torna a casa.

Ma cosa accaduto esattamente ieri pomeriggio? Perché un evento sportivo di primo livello come il Tour de France è spesso caratterizzato da episodi simili? Il pubblico del ciclismo è cambiato? È semplicemente un problema di organizzazione o c'è una ragione più profonda alla base?

L'episodio

Ieri pomeriggio, durante la scalata sull'Alpe d'Huez, a 4 chilometri dall'arrivo, Nibali è caduto a terra. È stato un momento piuttosto concitato, nessuno ha esattamente capito – per tutto il giorno – cosa ha causato la caduta.

Complici i fumogeni che hanno ridotto la visibilità, le numerose persone a bordo strada, e la censura della regia francese che non ha trasmesso il replay, nessuno ha capito veramente cosa è successo. Dalle immagini si vede solo che in pochi secondi Nibali cade a terra, poco dopo si rialza, rimonta in bici e insegue i suoi avversari.

Inizialmente i telecronisti Rai Francesco Pancani e Silvio Martinello hanno accusato le moto della gendarmerie francese di aver urtato Nibali buttandolo a terra. Effettivamente, dopo la caduta, si vede una moto della gendermerie sbucare dal gruppo dei migliori a tutta velocità.

Mentre mezza Italia si scatenava a colpi di tweet velenosi contro la Francia - verso cui, e questo Mondiale di calcio lo ha confermato, non esiste simpatia - ribadendo con un certo campanilismo la supremazia dell'organizzazione del Giro d'Italia rispetto a quella del Tour de France, Nibali è riuscito con una cavalcata straordinaria a ridurre il il ritardo accumulato rispetto ai suoi avversari finendo per perdere solo 13 secondi dalla testa della corsa.

Va anche menzionato un momento tattico particolare della tappa che ha contribuito a far rientrare Nibali: a seguito della caduta, Froome, avvertito via radio dell'incidente di Nibali, ha rallentato il ritmo con una grande gesto di fair play, invitando Thomas, Dumoulin e Bardet a fare altrettanto. Un gesto rovinato dall'attacco improvviso di Bardet che ha spezzato subito l'accordo. Al termine della tappa, Bardet con un tweet in italiano ha provato a chiarire il suo gesto.

C’è comunque da chiedersi senza quella caduta cosa avrebbe potuto combinare il siciliano ieri pomeriggio. Lui stesso ha dichiarato al termine della tappa: «Non ho ben capito cosa sia successo. Sono dispiaciuto perché la gamba c’era: il primo attacco era per vedere la condizione dei rivali, ma l’idea era di riprovarci nel finale. Peccato davvero, sono cose che succedono quando c’è tanto pubblico».

In ogni caso, per tutta la giornata di ieri, gli accusati principali della caduta di Nibali sono stati due: la moto della polizia francese e in generale l'organizzazione scadente del Tour de France. Solo a fine giornata, verso sera, sono saltati fuori un paio di video amatoriali girati da alcuni spettatori a bordo strada che, per quanto possibile, hanno chiarito il fattaccio.

Da questi video si vede Nibali che urta uno spettatore, nello specifico forse una tracolla di una macchina fotografica, che incastrandosi nel manubrio gli fa perdere l'equilibrio scaraventandolo a terra. Quando Nibali è ancora in piedi, prima di urtare lo spettatore, la moto della gendarmerie è già passata. Episodio forse chiarito, ma cambia qualcosa?

Le colpe dell'organizzazione

Le moto nelle corse servono per aprire la strada segnalando l'arrivo dei corridori, per dare assistenza in alcuni casi e anche per mantenere ordine allontando gli spettatori dai corridori. Lo si dice spesso però: il numero delle moto durante una corsa di ciclismo è decisamente troppo elevato. Se in una giornata “fortunata” ci troviamo a parlare di stagione compromessa, qualche frattura e ritiro dalla corsa, in alcuni casi ci troviamo di fronte a tragedie vere e proprie. Come nel 2013, quando il ciclista Demoitié ha perso la vita dopo essere stato investito da una moto della carovana durante lo svolgimento della Gand Wevelgem.

Quello delle moto in corsa è un problema da affrontare seriamente, ma legato di certo ad altri problemi. A prescindere dai due video usciti ieri sera, che hanno contribuito a chiarire l'episodio della caduta di Nibali scagionando la moto della gendarmerie, il Tour de France è il terzo evento sportivo più seguito al mondo dopo i Mondiali di Calcio e le Olimpiadi, con numeri pazzeschi in termini di presenze di spettatori, giornalisti e dirette televisive. Possibile che l'organizzazione non riesca a mantenere la sicurezza dei corridori?

Se quella moto della gendarmerie si è trovata in quella situazione - dove, se non ha toccato Nibali o altri corridori, ci è andata molto vicina - è stato solo per un motivo: provare a tenere lontani gli spettatori dai corridori. Con migliaia di tifosi scatenati a bordo strada che provano a toccare i ciclisti, in un strada stretta pochi centimetri e invasa da fumogeni che riducono la visibilità, non è certo semplice.

Il vero problema, insomma, è alla radice: l'organizzazione. Ieri numerose persone hanno paragonato l'eccellente organizzazione del Giro d'Italia a quella pessima del Tour de France, provando anche a motivare l’argomentazione con qualche foto. Quella che ieri circolava di più tra i gruppi di ciclismo di Facebook era quella degli alpini durante la scalata del Monte Zoncolan. Schierati in linea, nella foto si vedono gli alpini che realizzano una barriera umana per tenere lontani i spettatori dalla strada, sgombrando in questo modo il passaggio mantenendo la sicurezza dei corridori in corsa.

Sono paragoni che hanno poco senso, soprattutto perché i numeri del Tour non sono paragonabili a quelli del Giro d'Italia. Gli spettatori assiepati sulle strade dell'Alpe d'Huez non sono quelli che vediamo sul Monte Zoncolan: è come paragonare gli spettatori di una finale di Coppia Italia con quelli di una finale dei Mondiali di Calcio.

È strutturalmente difficile, quindi, mantenere la sicurezza dei corridori in certe situazioni. Questo non giustifica però l'episodio di ieri, come non giustifica quello in cui è stato vittima Chris Froome sul Mont Ventoux .Un evento sportivo di queste dimensioni deve fare meglio. Forse bisognerebbe prima di tutto elevare i controlli tra gli spettatori, multando o allontanando chi utilizza i fumogeni. Per quanto possano essere scenografici visti comodamente in tv da casa, immaginate per un attimo un corridore in debito di ossigeno che durante una scalata, al massimo dello sforzo, ci passa in mezzo a polmoni aperti. Senza contare poi quanto i fumogeni riducano la visibilità della strada, sia per i corridori che per i motociclisti.

Forse è anche il caso di fare un passo in più e chiedersi: siamo arrivati al punto di dover transennare salite storiche come il Mont Ventoux o l'Alpe d'Huez? Sarebbe una misura amara per uno sport che vive di stadi a cielo aperto, ma episodi come quello di ieri rappresentano un brutto precedente. In quale sport uno spettatore può arrivare a compromettere la prestazione di uno dei migliori atleti nella corsa più importante della stagione?

Il ciclismo del resto è uno degli sport che cerca di sterilizzare meno il fattore aleatorio esterno, e decidere ad esempio di transennare al pubblico muterebbe alla radice la natura di questo sport. È una questione complessa che però, dopo l'ennesimo brutto episodio di ieri pomeriggio, gli organizzatori dovranno prima o poi affrontare.