Casco dalle nuvole: così sono fatti quelli della Formula 1

Formula 1
Il casco di Mark Webber, pilota della Red Bull campione del mondo (Foto Getty)
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In origine erano cappucci di tela con occhiali ispirati a quelli degli aviatori. La sicurezza è da sempre il tema dominante: oggi sono leggeri ma resistenti, con visiere a prova di proiettile. Colori e disegni: c'è anche una storia delle personalizzazioni

A cosa servono e quale sia la loro importanza durante una gara è fatto arcinoto. Eppure sui caschi dei piloti, della Formula 1 in particolare, non si sente parlare spesso. Ma come sono fatti questi elmetti?  Qual è il materiale usato per realizzarli? Quanto pesano? Quanto costano? Infine, ci sono differenze con quelli del Motomondiale?

Come sono fatti - Sarà scontato specificarlo, ma diciamo subito che si tratta di prodotti fatti su misura. Difficile, dunque, pensare di trovare gli stessi in commercio. Sono costruiti con superfici e materiali (fibra di carbonio) diversi da quelli dei caschi che molti di noi sono abituati ad indossare ogni giorno nel traffico cittadino. Ma senza nulla togliere agli standard di sicurezza di questi, beninteso.

In origine era la tela - Agli inizi del Novecento i piloti utilizzavano un cappuccio di tela. Il modello era ispirato a quello degli aviatori, accompagnato da grossi occhiali. Quanto a sicurezza, vien da sé, lasciavano molto a desiderare. Nella nostra epoca, invece, la resistenza è elevata. Visiera spessa e campo visivo più ridotto (ridotta cioè l'apertura nella calotta).

Le personalizzazioni - Iniziarono a diffondersi tra gli Anni Sessanta ed il decennio successivo. Più che scritte e disegni, però, i piloti puntavano soprattutto a dare qualche colore in più al proprio casco. Quello che andava per la maggiore era il modello Star Helmett, prodotto dalla Bell: la visiera mobile la sua innovazione. Poi, nel Settanta, iniziò l'epoca del casco integrale e con esso le personalizzazioni divennero anche disegni. Gli appassionati ricorderanno l'aquila del ferrarista Ignazio Giunti. Oggi quelle sugli helmets dei piloti sono vere e proprie opere d'arte (clicca qui per la gallery).

Negli Anni Ottanta come in Guerre Stellari - Nel tempo, con il cresce dell'attenzione e dei consensi attorno al mondo del motori, aumentarono le aziende specializzate in prodotti per la F1. Una curiosità riguarda gli Anni Ottanta e il modello chiamato Bandit. Sfornato dall'americana Simpson, ispirò George Lucas per il Clone Trooper, ovvero il soldato con l'armatura bianca della saga cinematografica di Guerre Stellari

Oggi - Le calotte sono in fibra di carbonio, che è poi lo stesso materiale utilizzato per costruire le monoscocche della vetture. Le visiere sono a prova di proiettile: la loro efficacia viene testata in laboratorio (piccola sfera metallica lanciata contro il componente ad oltre 50 km/h). Il costo oscilla tra i 3.000 e di 12.000 euro.

La differenza con le moto
- I caschi del Motomondiale, quanto a dimensioni, non differiscono da quelli in commercio. C'è un'attenzione "personalizzata" sulle imbottiture, al fine di garantire una perfetta aderenza alla testa del centauro. Il processo di realizzazione della calotta, invece, è pressocché identico. Un casco per la F1, che è fabbricato anche in funzione dell'aerodinamicità dell'auto, ha delle aperture per bere l'acqua e per l'ossigeneo. Inoltre è munito di radio per dialogare con i box. Quello che li accomuna è il peso: dipende dalla casa costruttrice, ma siamo tra i 1.200 ed i 1.500 grammi. Con i caschi alleggeriti il peso non esiste praticamente più... Si tratta piuttosto di affrontare la questione dell'ingombro e dell'apertura della visione facciale, molto più ridotta per la F1.