GP DI ABU DHABI LIVE IN ESCLUSIVA SU SKY. Il capoluogo dell’omonimo emirato è la capitale degli Emirati Arabi ed è forse la città più ricca del pianeta. La Formula 1 ha contribuito a questa crescita
di Lucio Rizzica
Che la si chiami Abu Dhabi o Abu Zaby, come tiene a precisare ogni madrelingua arabo, il prodotto non cambia. Il capoluogo dell’omonimo emirato è la capitale degli Emirati Arabi Uniti, in piena Asia sud-occidentale, sette governi autonomi denominati “della tregua”, dopo l’imposizione ricevuta due secoli fa dal governo britannico di mettere un freno alla pirateria nel Golfo Persico e dintorni.
Sette stati,le cui punte di diamante restano Dubai (lusso e turismo) e Abu Dhabi (amministrazione della penisola e cassaforte dell’unione politica retta dagli sceicchi locali). Una monarchia costituzionale federata di monarchie assolute che onora Dio, Patria e presidente e accarezza Islam, petrolio e mondanità. Fra parchi a tema, grandi eventi ed incursioni veloci nel calcio che conta. Il Paese con il sesto reddito pro-capite del mondo sembra vivere serenamente su due piani paralleli: uno estremamente legato alle leggi coraniche, l’altro molto disponibile verso i costumi occidentali (a patto che non li si ostenti).
Abu Dhabi, nata beduina, è oggi forse la città più ricca del pianeta. L’oro nero scorre a fiumi, la città ha completato il suo sviluppo e ha meno smanie verticali dei cugini di Dubai, è caotica e sovraffollata, a tratti claustrofobica. Per questo, preservando i dieci chilometri da sogno di spiagge pubbliche e gli oltre venti parchi cittadini s studia come dotarsi di un nuovo porto, nuovi servizi e metropolitane ed urbanizzare le 200 isole circostanti. Un inarrestabile tourbillon di progetti per il futuro. Perché, come dicono da queste parti, l’uomo più ricco non conta monete ma sa sempre cosa fare il giorno dopo lasciandosi agitare dal vento della vita.
Che la si chiami Abu Dhabi o Abu Zaby, come tiene a precisare ogni madrelingua arabo, il prodotto non cambia. Il capoluogo dell’omonimo emirato è la capitale degli Emirati Arabi Uniti, in piena Asia sud-occidentale, sette governi autonomi denominati “della tregua”, dopo l’imposizione ricevuta due secoli fa dal governo britannico di mettere un freno alla pirateria nel Golfo Persico e dintorni.
Sette stati,le cui punte di diamante restano Dubai (lusso e turismo) e Abu Dhabi (amministrazione della penisola e cassaforte dell’unione politica retta dagli sceicchi locali). Una monarchia costituzionale federata di monarchie assolute che onora Dio, Patria e presidente e accarezza Islam, petrolio e mondanità. Fra parchi a tema, grandi eventi ed incursioni veloci nel calcio che conta. Il Paese con il sesto reddito pro-capite del mondo sembra vivere serenamente su due piani paralleli: uno estremamente legato alle leggi coraniche, l’altro molto disponibile verso i costumi occidentali (a patto che non li si ostenti).
Abu Dhabi, nata beduina, è oggi forse la città più ricca del pianeta. L’oro nero scorre a fiumi, la città ha completato il suo sviluppo e ha meno smanie verticali dei cugini di Dubai, è caotica e sovraffollata, a tratti claustrofobica. Per questo, preservando i dieci chilometri da sogno di spiagge pubbliche e gli oltre venti parchi cittadini s studia come dotarsi di un nuovo porto, nuovi servizi e metropolitane ed urbanizzare le 200 isole circostanti. Un inarrestabile tourbillon di progetti per il futuro. Perché, come dicono da queste parti, l’uomo più ricco non conta monete ma sa sempre cosa fare il giorno dopo lasciandosi agitare dal vento della vita.