INTERVISTA ESCLUSIVA. Il Presidente della Federazione Internazionale dal 1993 al 2009 racconta a Sky Sport 24 la sua visione sulla rivoluzione ibrida della Formula 1, commentando il lavoro di Ecclestone e Todt
Max Mosley è un signore di 75 anni, 50 dei quali passati nel Motorsport. Figlio di Sir Oswald Mosley, l’uomo che cercò di importare il fascismo in Inghilterra negli anni ’30, non ha mai avuto una gran voglia di buttarsi in politica. Anzi, la presenza ingombrante del padre, una delle figure più controverse del 20° secolo inglese, lo ha spinto a cercare una strada tutta sua.
Si innamorò della Formula Uno quando sua moglie lo portò a Silverstone, la pista, la velocità e il totale anonimato che solo quell’ambiente gli garantiva lo hanno spinto a salire, lui stesso, su una monoposto. Erano anni duri, morivano tanti piloti, al suo debutto tanto per citare un nome, perse la vita Jim Clark ad Hockenheim nel 1968. Così decise di cambiare, di evolvere, prima come team manager della March, poi come avvocato di Bernie Ecclestone all’inizio della fondazione dell’impero.
E’ stata una figura centrale nel gettare le fondamenta della Formula Uno moderna, modellando la struttura di uno sport che da amatoriale è diventato un evento mondiale. Nel 1993 poi la svolta, l’elezione alla Presidenza della Federazione Internazionale che lo ha visto al centro della scena fino al 2009. Con lui dopo gli incidenti di Roland Ratzenberger e Ayrton Senna, la sicurezza in Formula Uno è aumentata esponenzialmente, certo la sua presidenza ha avuto dei momenti controversi dallo Spy Gate del 2007 al Crash Gate del 2008, fino al gigantesco scandalo sessuale che lo ha visto coinvolto nel 2009.
Ci ha accolto nel suo bellissimo ufficio in centro a Londra, contento di raccontare la sua storia perché a 75 anni può permetterselo, in fondo questa Formula Uno è anche un po’ sua…
Si innamorò della Formula Uno quando sua moglie lo portò a Silverstone, la pista, la velocità e il totale anonimato che solo quell’ambiente gli garantiva lo hanno spinto a salire, lui stesso, su una monoposto. Erano anni duri, morivano tanti piloti, al suo debutto tanto per citare un nome, perse la vita Jim Clark ad Hockenheim nel 1968. Così decise di cambiare, di evolvere, prima come team manager della March, poi come avvocato di Bernie Ecclestone all’inizio della fondazione dell’impero.
E’ stata una figura centrale nel gettare le fondamenta della Formula Uno moderna, modellando la struttura di uno sport che da amatoriale è diventato un evento mondiale. Nel 1993 poi la svolta, l’elezione alla Presidenza della Federazione Internazionale che lo ha visto al centro della scena fino al 2009. Con lui dopo gli incidenti di Roland Ratzenberger e Ayrton Senna, la sicurezza in Formula Uno è aumentata esponenzialmente, certo la sua presidenza ha avuto dei momenti controversi dallo Spy Gate del 2007 al Crash Gate del 2008, fino al gigantesco scandalo sessuale che lo ha visto coinvolto nel 2009.
Ci ha accolto nel suo bellissimo ufficio in centro a Londra, contento di raccontare la sua storia perché a 75 anni può permetterselo, in fondo questa Formula Uno è anche un po’ sua…