Formula 1, GP Toscana: Ferrari 1000 GP, storie, miti e rivalità

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di Michele Merlino

La Ferrari celebra i 1000 GP al Mugello, unica scuderia sempre presente nel Mondiale. Ecco la storia del Cavallino e di tutti i suoi più grandi avversari, dalla Williams alla Mercedes, passando per la McLaren di Senna e Prost. Il GP è in diretta oggi su Sky Sport F1 (canale 207) e Sky Sport Uno (canale 201)

GP MUGELLO: LA DIRETTA DELLA GARA

Una storia fantastica che, come noto, comincia negli anni Cinquanta. Il primo decennio della Formula 1 è quello in cui si costruiscono i miti, destinati a durare probabilmente per sempre. Pensiamo ai costruttori vincenti: Ferrari, Alfa Romeo, Maserati, Lancia. Questi nomi sono stati i protagonisti degli anni '50 e da allora quei marchi sono sinonimo delle auto sportive più veloci e desiderate del mondo. Con Mercedes, che nel 1954-1955 entra, vince tutto e poi si ritira. Le vetture di quest'epoca sono leggendarie ma anche lontane parenti di quelle attuali: dinosauri dal cofano lunghissimo, motore anteriore e gomme la cui sezione era inferiore a quella degli pneumatici di molte vetture di produzione di fascia media odierne. Tra i piloti, i cinque titoli di Fangio saranno per quarant'anni il parametro imbattibile di riferimento. Dietro a lui il nostro Alberto Ascari: una vita spezzata troppo presto. Quando ci ha lasciato, a 36 anni contava già due mondiali, con la Ferrari; alla stessa età Fangio non aveva ancora disputato un GP. I conti si fanno presto.

Juan Manuel Fangio
Alberto Ascari, 1950

Gli anni '60

Gli anni '60 cominciano in realtà alla fine dei '50, con la rivoluzione del motore posteriore introdotta dalla Cooper: vincono il mondiale nel 1959 con Brabham, anche lui pilota di transizione tra i due decenni. L'australiano rivince il titolo nel 1960, convincendo tutti i costruttori, compresa una recalcitrante Ferrari, ad adottare l'innovazione tecnica. Gli anni '60 vedono anche la crescita inarrestabile di un team inglese, la Lotus di Colin Chapman, in grado di dominare i mondiali del 1963 e 1965 con l'asso del decennio, lo scozzese Jim Clark.  La seconda metà del decennio può essere considerata come la pubertà della F.1: un periodo di grandi rivoluzioni e sconvolgimenti. Nel 1967 arriva il mitico motore Ford Cosworth DFV, nel 1968 arrivano gli alettoni e le sponsorizzazioni. Il 1968 purtroppo è anche l'anno in cui Jim Clark perde la vita ad Hockenheim. A prendere il suo posto come punto di riferimento c’è già un altro scozzese: Jackie Stewart.

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Gli anni '70

Gli anni '70 possono essere sintetizzati in una sola frase: Ferrari contro Cosworth. Di fatto sono loro i protagonisti: altri produttori di motori presenti negli anni '60, quali Honda, BRM, Matra, hanno lasciato, oppure sono in una fase di calo prestazionale irreversibile ed il Ford Cosworth diventa onnipresente sulle cosiddette "kit-car" tanto odiate da Enzo Ferrari. I "garagisti" inglesi: non dei produttori di automobili di (fuori)serie come la Ferrari, ma dei team che costruiscono un telaio, gli attaccano un Cosworth ed hanno pronta una Formula 1. In questo decennio la Ferrari vince tre titoli... e mezzo: nel 1975 e 1977 con Lauda e nel 1979 con Scheckter. Il mezzo titolo è quello del 1976, perso da Lauda dopo il rogo del Nurburgring. Ci sono pochi dubbi sul fatto che avrebbe vinto a mani basse. Dopo Stewart, ritiratosi nel 1973 dopo il terzo mondiale, è Niki l'uomo da battere. Le vetture si evolvono ancora: il corpo vettura diventa sempre più avvolgente: il motore, negli anni '60 quasi sempre in bella vista nel posteriore, a poco a poco viene coperto dalle fiancate che, nel 1977-1978 diventano una componente fondamentale dell’aerodinamica. E' la rivoluzione delle "wing-car", le Formula 1 con le lunghe fiancate "vuote", dal profilo interno ad ala rovesciata. Generano un carico aerodinamico pauroso e nel 1978 la Lotus domina con una tale forza che costringe tutti ad adottare lo stesso principio.

Niki Lauda

Gli anni '80

Nel 1980 le wing-car sono ormai la tipologia di vettura standard in Formula 1. Il Ferrari boxer V12 è larghissimo e nella parte finale della monoposto è un ostacolo ai flussi d'aria. Le rosse passano dall'essere campioni nel 1979 a poco meno che comparse nel 1980, anno in cui vince un team destinato a dominare: la Williams. Gli anni '80 per Ferrari sono terribili ed avari di soddisfazioni: dopo l'abolizione delle wing-car nel 1983, c’è un'altra rivoluzione che la Ferrari digerisce male, quella del turbo, introdotto da Renault a fine anni '70 ed ora diventato lo standard per tutti. Rispetto agli aspirati, il turbo è molto più fragile ed è molto più difficile trovare continuità nei risultati. La Ferrari sfiora il mondiale nel tragico 1982, anno in cui perde Villeneuve e vede Pironi vittima di un grave incidente, e nel 1985, quando Michele Alboreto è protagonista nella prima metà dell’anno per poi sparire nel finale di campionato. Il decennio è dominato dalle Brabham-BMW, dalle Williams-Honda e dalle McLaren-TAG Porsche, queste ultime poi diventano McLaren-Honda per la fine del decennio e sono dolori per tutti. I piloti simbolo di questo periodo sono il brasiliano Nelson Piquet, con tre mondiali, Niki Lauda, autore di un rientro vincente nel mondiale, Alain Prost, 3 mondiali anche per lui, ed Ayrton Senna, l'agguerrita stella nascente, che a fine decennio è lo spauracchio di tutti.

Nelson Piquet e Alain Prost
©Getty

Gli anni '90

Il 1990 dovrebbe essere l'anno della riscossa Ferrari, con l'ingaggio di Prost, a caccia del 4° mondiale che gli permetterebbe di eguagliare Fangio. Alain è a un passo dal titolo, ma tutto finisce nella nuvola di polvere generata dallo speronamento di Senna alla prima curva di Suzuka. Una questione privata tra i due, risalente all'anno prima. Prost lascia il cavallino dopo un 1991 turbolento in cui vede il rivale Senna vincere a mani basse il terzo titolo in quella che era la "sua" McLaren. Si ritira: anno sabbatico. Prost non rimpiangerà quella scelta: guarda, come tutti gli appassionati, il mondiale 1992 a bocca aperta. E' arrivata l'elettronica totale. E' il punto di forza della Williams-Renault FW14B. Imbattibile: Mansell vince un mondiale con facilità irrisoria e gli avversari sono costretti a correre ai ripari. Prost rientra nel 1993 e capitalizza il vantaggio Williams, conquistando l'agognato quarto mondiale. Quarto mondiale a cui aspira anche Senna, che invece passa la stagione invocando un contratto con la Williams, ma Prost si è tutelato, chiudendo le porte al brasiliano. Prost si ritira nel 1994 e Senna sale sulla Williams, che però, bandita l’elettronica, ha perso tutto il suo vantaggio. L'epilogo lo conosciamo: la corsa di Ayrton si ferma sul muretto del Tamburello ad ImolaCosì come accadde per Stewart con Clark, c’è un giovane pronto a prendere il suo posto come punto di riferimento: Michael Schumacher. Con la sua Benetton vince nel 1994 e domina nel 1995, ed è pronto all'avventura di una vita: riportare al successo la Ferrari, che da anni naviga in posizioni che non le competono. Nell'ultima parte degli anni '90, con Schumacher impegnato a ricostruire la Ferrari, c’è lo spazio per due mondiali "monocolore" Williams per Damon Hill e Jacques Villeneuve e per un team che torna al successo grazie alla perfetta combinazione telaio-motore-gomme, la McLaren. Il 1998 e 1999 segnano infatti l'arrivo delle McLaren-Mercedes targate Adrian Newey e gommate Bridgestone: pochi rivali nel 1998 per Hakkinen e un rivale in meno nel 1999 per lui. Schumacher si rompe una gamba ed Hakkinen fa il bis.

Ayrton Senna
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Gli anni '00

La doppietta di Hakkinen però è il canto del cigno per McLaren, o meglio, è l'ultimo boccone amaro che deve ingoiare la Ferrari, ormai divenuta una corazzata. Sotto la guida di Montezemolo e Todt, con Ross Brawn al muretto e Michael Schumacher alla guida, infilano una sequenza micidiale di cinque mondiali piloti (e sei costruttori) consecutivi. A metà degli anni "zero" la Ferrari è una potenza totalizzante nel mondo della Formula 1. Forse un po' troppo, tanto che la federazione internazionale cerca di metterli a freno, adottando dei regolamenti che vadano a colpirli nei loro punti di forza. Ci riescono appieno nel 2005, quando il dominio Ferrari si interrompe bruscamente per far spazio al campione più giovane di sempre, Fernando Alonso, alla guida della sua Renault. Il team, rispetto ai colossi McLaren e Ferrari, è striminzito, ma è gestito con maestria da Flavio Briatore, che crea il "pacchetto" (come ama chiamarlo lui stesso) giusto tra team, vettura e pilota. Alonso vince anche nel 2006, avendo la meglio su Schumacher, che si ritira, quindi il decennio si chiude con un trittico eterogeneo, a dimostrazione che la Formula 1 è in cerca di un nuovo padrone. Si tratta infatti di tre vincitori diversi su tre monoposto diverse: Raikkonen con la Ferrari nel 2007, Hamilton con la McLaren nel 2008 e Button con la Brawn nel 2009. Ecco, quest'ultimo è proprio il simbolo di una Formula 1 che probabilmente non sa utilizzare al meglio le proprie risorse. Ci sono infatti due team, la Ferrari e la McLaren, che spendono centinaia di milioni di dollari e si fanno battere da Ross Brawn, che rileva per una sterlina il team Honda e vince. Sì, c’è proprio bisogno di qualcuno che sappia gestire al meglio le risorse a disposizione.

Michael Schumacher
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Gli anni '10

Colui che sa gestire al meglio le risorse c’è, e dà una lezione a tutti: non è Ross Brawn, che capitalizza e vende il team a Mercedes, ma è Dietrich Mateschitz, il proprietario della Red Bull, che compone il puzzle perfetto per dominare la prima metà degli anni '10. La ricetta vincente? Adrian Newey a disegnare la monoposto, l'affidabilissimo motore Renault, un giovane team-manager come Chris Horner, ed un giovanissimo pilota di talento come Sebastian Vettel. Poker: 4 titoli di fila dal 2010 al 2013. Nell’ultima gara del 2013 Vettel nel suo giro d'onore a Interlagos tuttavia pronuncia una frase che è un oscuro presagio: "Godiamoci questi momenti, perché non sappiamo quanto dureranno". Già. Il 2014 è l'anno della rivoluzione dei motori turbo-ibridi: non si sa se Vettel si riferisse a questo nella suddetta frase, ma per la Formula 1 questo cambiamento regolamentare è una botta durissima. E' un cambiamento dettato dai tempi: in un mondo sempre più votato all'ecologia ed all'ottimizzazione dell'energia, i motori tradizionali non sono visti di buon occhio. In fondo, sono stati concepiti più di un secolo prima: non si può negare che la tecnologia sia un po' datata. La Formula 1 tuttavia non è pronta per un salto di tale rilevanza e lo squilibrio che si viene a creare tra coloro che azzeccano la nuova unità motrice (Mercedes) ed i concorrenti, genera un solco che a distanza di sei anni ancora si fatica a colmare. Perché non c’è solo la rivoluzione, c’è anche il contingentamento allo sviluppo dei propulsori: in questo modo i rivali recuperano molto lentamente, mentre, altrettanto lentamente, in Mercedes aumentano il vantaggio acquisito. Un cane che si morde la coda. Mercedes infila così la sequenza record di mondiali piloti e costruttori, 6+6, nell'attesa di un cambio regolamentare atteso per il 2021 e posticipato al 2022. Per molti team è l'occasione buona per rilanciarsi e, chissà, magari vedere l'ennesima rivoluzione e rovesciamento di fronte che, in questi 70 anni di Formula 1, sono elementi che hanno reso imprevedibile ed impareggiabile la più alta forma di motorsport del pianeta.

Vettel e Hamilton