Hamilton con Adami in Ferrari: l’importanza dell'ingegnere di pista

Il rapporto tra pilota e ingegnere di pista è forse uno dei pochi aspetti umani rimasti all'interno della Formula 1 e, anche per questo, è fondamentale. Al di là di tutti i supporti tecnologici che gli ingegneri e i piloti hanno a disposizione per poter progredire e migliorare, a fare la differenza è il rapporto che c'è tra pilota e ingegnere. Per funzionare bene, deve arrivare ad avere una velocità di trasmissione e di intesa tale che tra i due basta uno sguardo per capirsi. L’ingegnere deve conoscere tutte le caratteristiche del proprio pilota. Lo aiuta nel trovare l'assetto migliore e i giusti compromessi per finalizzare la prestazione della vettura. In gara, diventa il metronomo del pilota per quanto riguarda il ritmo da tenere o la gestione delle strategie. Quando vede nei tempi un momento di flessione, deve trovare gli argomenti giusti per spronarlo a ritrovare il suo ritmo di gara. Non esistono regole precise da seguire per essere un ‘buon ingegnere di pista’. L’unica è sapersi adattare e cambiare in base al pilota che si ha davanti. O, meglio, all’uomo che si ha davanti. L’ingegnere di pista deve cercare di capire che persona ha di fronte, qual è il suo umore, cosa lo sprona e cosa invece lo disturba. Per certi versi, diventa lo ‘psicologo’ del pilota. Saper toccare le corde giuste è quindi fondamentale. Alla base ci deve essere una fiducia tale per cui non ci si mette in discussione. Se un pilota racconta come si comporta la monoposto, l'ingegnere attraverso i dati e le sue parole deve proporre delle soluzioni tecniche alternative, e nello stesso tempo il pilota deve seguire quelle che sono le sue indicazioni . Devono fidarsi ciecamente l’uno dell’altro e agire di conseguenza, perché l’obiettivo finale è comune: migliorare e vincere. Mantenere questa fiducia intatta nel corso della stagione e nei momenti più duri è la parte più difficile. Per un pilota è una sfida rimanere concentrato allo stesso modo per tutto il Mondiale. Ci sono 24 gare a cui vanno aggiunte le qualifiche e tutte le ‘contaminazioni esterne’ , riuscire a mantenere il proprio focus è sempre più complicato e anche in questo è determinante il supporto del proprio ingegnere di pista. In un periodo così lungo è normale avere dei momenti di flessione , ma è in queste situazioni che un buon rapporto tra i due fa la differenza. Anche nei momenti critici non ci sono regole precise da seguire. Il fulcro è sempre il carattere del pilota. Ci sono piloti che si lasciano guidare e plasmare di più e altri che invece restano più saldi nelle proprie convinzioni. In questi casi, è necessario confrontarsi apertamente e la differenza tra incontro e scontro è davvero sottilissima. E per evitarlo il pilota deve metterci del suo, deve sapersi adattare e trovare il modo di dialogare per avere le giuste risposte. È un lavoro che funziona solo se affrontato reciprocamente. Oltre a tutto l’aspetto umano, c’è poi il lato tecnico da analizzare. Anche in questo caso, è sempre centrale la collaborazione ma senza ‘schemi fissi’. Ci sono piloti che hanno la capacità di analizzare metro per metro quello che succede sulla vettura e in diverse condizioni fornendo un'analisi molto dettagliata. Di solito, questi piloti sono quelli più costanti in pista, confermandosi giro dopo giro e avvertono i problemi della vettura. Ma ci sono anche piloti che, per caratteristiche, non sanno raccontare nel dettaglio le reazioni della monoposto e lavorano in maniera più spannometrica. In questi casi, entra in gioco l’ingegnere, che deve analizzare il non detto e capire cosa funziona e cosa no dai dati. Qual è però la caratteristica positiva di questi piloti? Sanno adattarsi e rimangono sempre competitivi, perché in qualche modo riescono a portare a casa il risultato andando oltre quelli che sono i problemi. I piloti di questo tipo sono più istintivi, mentre invece gli altri sono più analitici. Rispetto a quando correvo io, è cambiato l’aspetto tecnico. Non svelo un grande segreto se dico che negli anni ci sono state grandi evoluzioni dal punto di vista degli strumenti e dell’analisi dei dati. Ma questo ha necessariamente cambiato il ruolo dell’ingegnere di pista. Ricordo che quando ho iniziato a correre gli ingegneri riuscivano a capire cosa stesse succedendo sulla macchina soltanto guardando le gomme e inserendo il fatidico ago che prendeva la temperatura della gomma nelle tre posizioni . Tramite le temperature l’ingegnere aveva già un'idea che la macchina potesse essere sovrasterzante o sottosterzante, cercando la verifica di ciò che succedeva tramite le parole del pilota. Oggi questa analisi non c'è più. Un ingegnere del muretto non va a vedere le gomme e le temperature perché ce li ha in tempo reale. Quello di oggi è un lavoro più di dettaglio e analisi, si lavora sul centesimo di secondo da risparmiare o ottimizzare, andando a fare una cambiata piuttosto che un inserimento in curva in maniera diversa perché la temperatura della gomma si deve abbassare di qualche grado. Con l’ampiezza delle informazioni che ha sia il pilota in vettura sia l'ingegnere sul muretto dei box, l’attenzione alle strategie di gara diventa ancor più fondamentale rispetto al passato. In questo, l’ingegnere di pista ha una visione più ampia, per guidare il pilota a fare le scelte migliori. Dopo tutta questa spiegazione, vi racconto un aneddoto per farvi capire meglio quanto può fare la differenza un bravo ingegnere di pista. Negli anni ’88 e ’89 ho avuto il piacere di lavorare con Andrian Newey, un ingegnere davvero speciale nel comprendere la vettura da un punto di vista dell'efficienza aerodinamica, . Adrian aveva delle intuizioni incredibili. Durante delle prove private all’Estoril, in Portogallo, la mia macchina era di un secondo e mezzo più lenta rispetto a quella di Gugelmin. Abbiamo iniziato a fare la qualsiasi sulla vettura per riuscire a trovare il motivo nella differenza di prestazione. Durante una io e Adrian eravamo sul muretto dei box e lui fissava le due macchine. A un tratto chiamò uno dei meccanici e disse: ‘fate una bella cosa, invertite i musi. Quello della macchina di Gugelmin lo mettete sulla macchina di Ivan e viceversa’. ‘I musi?’ ‘Sì, tutto il muso completo con l’ala davanti’. Dopo questo cambio la mia macchina risultò un secondo e mezzo più veloce rispetto a prima e quella di Gugelmin un secondo e mezzo più lenta. All'epoca l'assemblaggio dei pezzi era ancora fatto in maniera molto empirica, non c'era la precisione che c’è oggi, e lui si era accorto con uno sguardo della possibile differenza nei musi. Impressionante. Ma quindi Hamilton e Adami? Funzionerà come coppia? Conosco Riccardo, la sua storia, che persona è e le sue competenze. In Ferrari ha già lavorato con un campione del mondo esigente come Sebastian Vettel, quindi saprà toccare le corde giuste per entrare in sintonia con Lewis Hamilton. Adami, come Bonnington – con cui Hamilton ha lavorato dal 2013 al 2024 –, è una persona molto pacata, ha la capacità di assorbire i problemi e non li amplia nella gestualità o nelle conversazioni. Come ‘Bono’, anche Adami saprà trasmettere tranquillità ad Hamilton. Il pilota inglese ha vinto tantissimo in carriera, quindi sa bene di cosa ha bisogno per vincere nuovamente. Sa prepararsi a una gara o come affrontare un weekend complicato. Dal mio punto di vista la scelta di Adami è logica e giusta anche perché la sua presenza permetterà ad Hamilton di inserirsi più veloce all’interno del sistema Ferrari. Adami conosce bene le peculiarità di lavorare in una squadra sempre sotto l’occhio attento dei media e potrà quindi aiutare il pilota inglese ad ambientarsi in un contesto del genere. Non ho dubbi nel sostenere che la presenza di Adami potrà agevolare Hamilton in Ferrari. Solo su un aspetto al momento non ho risposte e, anzi, sono ansioso di averne. Hamilton ha vinto sette volte il Mondiale ed è sempre stato un pilota molto pragmatico. Come si troverà in un ambiente così emozionale come quello Ferrari? Mi incuriosisce vedere la combinazione tra la sua mente fredda e il sangue caldo del ‘Cavallino Rampante’. Se si riuscirà a trovare un equilibrio, sarà davvero un matrimonio perfetto.

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Hamilton con Adami in Ferrari: l’importanza dell'ingegnere di pista

Ivan Capelli