Zeltweg, il tracciato da brividi

Il primo tracciato di Zeltweg? Un aeroporto militare riciclato per le corse, un po’ come il vecchio Silverstone. Non proprio glamour, ma con un certo fascino ruvido. Poi Zeltweg ‘traslocò’ letteralmente dall’altra parte della strada, si arrampicò su una collina e si trasformò nell’Osterreichring: un circuito vero, epico, di quelli che facevano tremare i polsi a piloti su due e quattro ruote. Qui, nel 1964, Lorenzo Bandini portò la sua Ferrari alla vittoria nel GP d’Austria. Fu il suo unico trionfo in Formula 1, ma che trionfo. Undici anni dopo, nel 1975, sempre in Austria, ma stavolta all’Osterreichring, toccò a Vittorio Brambilla. Al volante di una March arancione, sotto un diluvio torrenziale, vinse la sua prima e unica gara iridata. Esultò come un ragazzino, staccò le mani dal volante… e finì dritto contro il guardrail. Quando si dice: chiudere in bellezza. Zeltweg, Österreichring, Spielberg, A1-Ring, Red Bull Ring… chiamatelo come volete, a seconda del Comune di turno, ma per gli italiani è sempre stata terra di conquiste. Nel 1982, Elio De Angelis ci mise la sua firma: vittoria splendida, la prima in carriera. Ne arriverà solo un’altra, purtroppo. Ma quella resta indimenticabile; questione di decimi e arrivo in volata. Anche sulle due ruote, questo tracciato ha scritto storie speciali. Ivan Goi, da Viadana, vi centrò la sua prima e unica vittoria in un Gran Premio. Un podio che avrebbe potuto spalancargli le porte dell’élite… se non fosse che accanto a lui, anche lui per la prima volta sul podio, ci finì un certo Valentino Rossi. Il silenzioso Ivan contro l’irriverente Vale, l’introverso contro il mattatore. Quel giorno, alle interviste post gara, esisteva un solo nome: Valentino. Con quel sorriso e quell’Aprilia aveva appena acceso una nuova era. Certo, Zeltweg non ha regalato solo gioie. Anche incidenti, e non pochi. Alcuni tragici, altri fortunatamente solo spettacolari. Come quello del 2020 tra Morbidelli e Zarco in MotoGP: una carambola da brividi. Le moto sfrecciarono a pochi centimetri dalle teste di Rossi e Viñales. Un episodio che, forse, ha fatto scattare qualcosa in Vale. Forse proprio lì ha cominciato a pensare che era ora di dire basta. Ma Zeltweg è anche teatro di episodi surreali, quasi da commedia. Era il 1997, GP d’Austria: Eddie Irvine in Ferrari e Jean Alesi su Benetton si toccano nel tornantino in salita. Jean vola letteralmente sulla ruota anteriore di Eddie e finisce nella ghiaia. Irvine, con un testacoda da manuale, riesce invece a ripartire. Io ero lì, al box Benetton, ad aspettare Alesi che arrivò furente. Mi strappò il microfono e partì con un monologo infuocato contro Eddie. Voleva persino riascoltare l’audio, convinto che Irvine fosse già ai box. Alla fine della gara, con l’aiuto del mio operatore Christian de Cortanze, volai al box Ferrari. Misi le cuffie a Irvine e gli feci sentire tutto. Lui ascoltò con calma. Poi, microfono acceso, disse solo: “Up to the shiter”. Nessuna traduzione necessaria. E io, quel giorno, imparai un’espressione nuova del vocabolario… irlandese.

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Biagio Maglienti