Il gran finale di un Mondiale storico, ma ora a far festa è Lando Norris

Quello a cui abbiamo assistito è un finale di stagione di Formula 1 storico, basti pensare che questa è stata solo l'undicesima volta in cui tre piloti, o quattro come in un'occasione, si sono giocati il titolo fino all'ultima bandiera a scacchi. È curioso anche notare come in passato, quando sono arrivati in questa situazione a giocarsi il titolo, in proporzione abbiano prevalso più gli inseguitori che non il leader. L'ultimo ad aver vinto da leader del Mondiale l'ultima gara è stato Emerson Fittipaldi, guidando, guarda caso, la McLaren. Ma tanti numeri accompagnavano la vigilia di un finale thrilling, come il fatto che solo tre piloti hanno vinto il Mondiale senza aver mai conquistato la vetta durante la stagione: Surtees nel 1964, l'unico campione del mondo di moto e Formula 1; James Hunt nel 1976, l'anno di ‘Rush’, la grande sfida con Niki Lauda; e infine nel 2010 Sebastian Vettel, guarda caso alla guida della Red Bull, davanti a lui – prima dell’ultima gara – c'erano il leader Fernando Alonso e Mark Webber, ma anche Lewis Hamilton era in lotta per il titolo. Quella appena conclusa è stata una stagione scritta fin dai test, con quella simulazione passo gara che ha letteralmente annichilito tutti da parte della McLaren. È parso subito evidente che il team capitanato da Andrea Stella avesse messo nelle mani dei piloti un'astronave, perché quelle simulazioni difficilmente mentono. Ci tenevamo il dubbio per vedere le prestazioni con temperature diverse o su piste diverse e per capire se questa macchina avesse dei punti deboli. E i punti deboli li ha avuti: i piloti. Durante l'anno Norris e Piastri non hanno concretizzato al massimo il potenziale della macchina per far sì che un pericolosissimo Max Verstappen non arrivasse a giocarsela fino alla fine. Hanno gestito alcune situazioni accontentandosi di portare a casa dei punti senza mai attaccare, come in Giappone, forse facendo anche bene. Ma in quell’occasione si sono dovuti sentir dire da Max Verstappen che se lui avesse avuto la McLaren, sarebbe già stato sul treno per Tokyo e non ancora lì a parlare con la stampa. Poi, nel corso dell'anno, hanno commesso degli errori che hanno consentito a Max, con la sua capacità e il suo talento, di restare sempre in gioco. Non sempre attaccato, perché il distacco è arrivato anche oltre i 100 punti – una cosa assurda se pensiamo poi come siamo arrivati all'ultima gara! – ma l’ombra di Max è sempre stata presente. Le prestazioni di Norris e Piastri non ci hanno mai convinto così tanto da poter dire “ok, è fatta, scappano via”. Anche se ci sono state le occasioni. Piastri è stato il leader del Mondiale per 15 Gran Premi del Mondiale e non vincendo ha scritto ha scritto un record negativo di questo sport. Mentre l’australiano era in testa, gli errori sono arrivati da Lando Norris, soprattutto quello in Canada, una follia incredibile per un pilota che lotta per il Mondiale. Ma poi è arrivato il momento di Piastri: proprio quando il titolo sembrava ormai indirizzato verso il giovane australiano, ecco che arrivano delle gare dove la raccolta punti vale per una quinta o una sesta posizione e un taglio dalla guida, se fosse stato forse Helmut Marko il capo della McLaren. E così riecco Max, che si avvicina a grandi falcate come un T-Rex di Jurassic Park che insegue una macchina con sopra i due avversari. Ma anche Verstappen ha dovuto fare i conti con qualche imprevisto. Uno in particolare risponde al nome di Russell: tra tutti ‘gli altri’, il pilota Mercedes è stato l’ago della bilancia di questo Mondiale, avendo tolto a Max – nel momento di difficoltà dei piloti della McLaren – la vittoria a Singapore, che gli sarebbe valsa 7 punti. Negli ultimi weekend di questo Mondiale abbiamo spesso parlato di uomo contro la macchina, una narrazione confermata poi anche da Andrea Stella: “dobbiamo continuare a far prevalere il fattore McLaren rispetto al fattore Verstappen”. Qualcuno ha interpretato ‘l’uomo contro la macchina’ come se Max Verstappen guidasse ‘un catenaccio’, ma non è così. In realtà ‘l'uomo’ ha avuto dietro una grande squadra che ha saputo – sia a livello di setup che di strategie – seguirlo in battaglia e metterlo nelle condizioni di conquistare delle pole position non sue, delle vittorie non sue e dei punti non suoi. Questa è la differenza che fanno i grandi: dai a Max una leva più piccola degli altri e lui ti solleverà il mondo. Ma questo mondo adesso appartiene a Lando Norris, che grazie al terzo posto conquistato ad Abu Dhabi è per la prima volta campione mondiale. E che ora, commosso, emozionato e incredulo come si è mostrato a fine gara, può finalmente lasciarsi andare ai festeggiamenti.

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Carlo Vanzini