Alfa Romeo, ritorno in Formula 1: una storia di trionfi e leggende

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Ecco le imprese del Biscione nel Mondiale, dai titoli di Farina e Fangio all'avventura da costruttore, fino al ritiro nel 1985

LO SPECIALE FORMULA 1

La storia dell'Alfa Romeo in Formula 1 comincia agli albori del Mondiale. Il 13 maggio 1950 a Silverstone, con la Ferrari assente, ci pensa il Biscione a far sventolare il tricolore nella prima gara del Campionato, monopolizzando il podio con Giuseppe Farina, Luigi Fagioli e Reg Parnell. A Montecarlo ecco il bis, concesso da Sua Maestà Juan Manuel Fangio: fu quello il preludio a un campionato dominato dall'Alfa con 6 successi in 7 gare (non partecipò alla 500 Miglia di Indianapolis), con il trionfo nel Mondiale piloti di Farina, davanti al compagno di scuderia argentino. Fangio si rifece l'anno seguente, nel 1951, quando portò a casa il secondo titolo consecutivo (4 vittorie su 8 per l'auto italiana), nella stagione della prima affermazione della Ferrari nel Campionato. "Siamo figli dell'Alfa", arrivò a pronunciare il Drake Enzo Ferrari dopo il successo della Rossa a Silverstone. In quei due campionati, l'Alfa vinse anche il virtuale titolo Costruttori, il quale sarà assegnato solo a partire dal 1958. 

Alfa Romeo, il ritiro e le vittorie con Lauda

Dopo due stagioni al top, l'Iri (allora proprietario della casa italiana) decise di ritirarsi dal Mondiale a causa della concorrenza elevata delle altre scuderie, Ferrari in primis. Negli anni Sessanta, l'Alfa scese di nuovo in pista in quattro occasioni (1961 in Italia, 1962, 1963 e 1965 in Sudafrica) montando il motore della Giulietta 1.5, raccogliendo però zero punti e ben sei ritiri (su 10 vetture al via). Nel 1970 ecco un nuovo tentativo, con la fornitura del motore V8 della T33 sulla McLaren, guidata da Andrea De Adamich. I risultati furono mediocri, bissati nel 1971 dalla March guidata sempre dal pilota italiano. A far tornare prepotentemente l'Alfa in Formula 1 ci pensò nel 1976 Bernie Ecclestone, proprietario della Brabham, che strinse un accordo triennale per la fornitura dei motori. La prima stagione fruttò tre quarti posti (due con Carlos Pace), preludio ai quattro podi del 1977 (due secondi e altrettanti terzi posti) e ai due successi della BT46 firmati da Niki Lauda in Svezia e a Monza. 

1979: Alfa is back

Dal 1977, l’Alfa Romeo stava lavorando tramite l'ingegner Carlo Chiti per un ritorno nel circus in qualità di Costruttore. Dopo un paio d'anni di lavoro, al GP del Belgio del 1979, il Biscione tornò in pista con la 179 affidata a Bruno Giacomelli. Nonostante gli enormi sforzi, l'italiano non fu in grado di raccogliere nemmeno un punto. Decisamente migliore fu la stagione seguente, con il quinto posto nel GP d'Argentina e la pole position del GP USA Est, con quasi un secondo di vantaggio su Piquet. Il sogno della vittoria a Watkins Glen si interruppe dopo 31 giri al comando per un guasto all'iniezione, ma diede nuova linfa alla scuderia tricolore. 

Gli ultimi morsi del Biscione

Nel 1982, l'Alfa Romeo fu protagonista in tre GP. A Las Vegas, Giacomelli salì sul podio. Stesso risultato per Andrea De Cesaris, terzo a Montecarlo pur senza vedere la bandiera a scacchi e autore della pole a a Long Beach, dove restò in testa 15 giri, ritirandosi a causa di un incidente. Il 1983 fu la migliore annata dell'Alfa in Formula 1, eccezion fatta naturalmente per le prime due stagioni iridate: con la 183T, De Cesaris fu secondo in Germania e in Sudafrica, facendo segnare anche il giro veloce a Spa. Anche il compagno Mauro Baldi terminò due volte a punti (Montecarlo e Olanda), portando il Team al sesto posto nella classifica Costruttori davanti a Tyrrell e Lotus. Dopo aver stretto un accordo di fornitura dei motori con Osella, l'Alfa raggiunse il podio per l'ultima volta nel GP d'Italia del 1984 con Riccardo Patrese, preludio alla fine dell'avventura al termine della stagione seguente. E, dopo 32 anni, il libro della storia Alfa in Formula 1 si riaprirà nel 2018.