Bagnaia-Marquez, istruzioni per l’uso

Pronti alla più clamorosa delle smentite sul campo, che è poi la pista, Marquez sta facendo fatica. O meglio, Marquez è un po’ al di sotto delle aspettative dei suoi tifosi e di chi immaginava che finalmente con una Ducati sarebbe stato una specie di aspiratutto devastante. A considerarla razionalmente ci potevamo pure arrivare da soli a capire che, avendo degli avversari fortissimi, il fenomenale tre volte campione del mondo Pecco Bagnaia su tutti, e la moto nella versione dell’anno prima il suo 2024 non sarebbe stato proprio una passeggiatina. E’ che anche nel paddock la componente irrazionale scava e contagia. In pratica, circa un anno fa nei box si dicevano le stesse cose che si dicono adesso. Roba tipo: “Eh, l’anno prossimo saranno cavoli amari per tutti”. Ecco, uguale. Ecco, allora aspettiamo l’anno prossimo. Esistono i personaggi che ti spingono oltre il razionale e Marquez è uno di loro. Perché dalla sua ha avuto i numeri, onestamente impressionanti da mettere imbarazzo, la precocità a cui ha dato continuità, la destrezza, il coraggio, la ferocia, la capacità di sorprendere e quella più cruciale di rimettersi insieme quando qualcosa del meccanismo si rompeva. Ossa comprese. E’ successo, uguale uguale, al suo avversario storico. Anche di Valentino Rossi, ormai nella fase discendente della parabola più stellare di sempre, pensavamo infatti che ce l’avrebbe fatta, che ne sarebbe saltato fuori prima o poi, perché quelle qualità le aveva tutte e anche di più, perché la magia doveva essere eterna e non poteva finire così. Le circostanze sono molto diverse, nel senso che Marquez ha dieci anni di vantaggio su Rossi e sembra ancora nel vivo di quella capacità aguzza di adattarsi alle novità tirandone fuori il meglio, che – nella storia di chiunque - prima o poi si affievolisce. Nei quattro anni buttati per un infortunio tremendamente serio a cui corrispondeva il peggior ingarbugliamento di sempre della Honda, Marquez non ha mai schiodato il suo chiodo fisso: tornare a vincere. Vive di quello, vive per quello e dentro a quello ci starebbe pure la definizione del regolamento di conti con Valentino Rossi. Dato che l’aria tra i due rimane irrespirabile. Rossi è a nove titoli vinti, Marquez a otto. E’ arrivato a dieci centimetri dall’idea di piantarla lì, ma onestamente non è mai entrato nell’ottica. Il braccio martoriato ha ripreso a funzionare, la Honda per niente. Marquez sì, la Honda no. A Marquez bastava così. E di soldi ne aveva già guadagnati abbastanza per potersi permettere di non farne una priorità. E’ a quel punto che ha trovato nella Ducati , più che una sponda un vero trampolino per ripartire. Dall’Igna è stato tentato da Honda e da Marquez che pensavano di farne il perno della ricostruzione tecnica giapponese, secondo un ragionamento sensato e legittimo. Era la via per fare della Honda una Ducati, quindi vincente per forza. Se non sarà Dall’Igna ad andare in Honda – dicevamo – sarà Marquez ad andare da Dall’Igna Dall’Igna non è andato, è rimasto in Ducati e a sua volta ha trovato in Bagnaia soprattutto , il registro umano di un successo universale. In attesa di recepire pure Marquez, prima nell’azzurro Gresini Racing e poi in rosso. Se il cammino fosse stato pre-progettato in questi termini lo possiamo ipotizzare, ma non lo sapremo mai. Con la Ducati del team Gresini nel 2024 Marquez è a nove podi tra Sprint e Gran Premi. E con la moto nella versione 2023 – che ha qualche giro di motore in meno e un avantreno un po’ meno solido in ingresso curva rispetto alla attuale - nessuno è al suo livello. Marquez tiene a ribadirlo, mentre, comprese le Sprint ed escluse le gare saltate per infortunio, è a sessantotto GP senza vittoria. Per uno che ha fame è una tortura vera. I passi da fare, adesso che la moto la conosce, adesso che ha conquistato quella rossa per l’anno prossimo, sono due e sono tosti un bel po’ dato il panorama: tornare a vincere un Gran Premio e poi vincerne di nuovo più di uno per tornare ad essere campione del mondo. Il chiodo fisso appunto. Una gestione tattica del mercato da parte di Marquez che è stata un capolavoro di furbizia e comunicazione, lo ha riportato dove le opportunità di vincere il titolo saranno le più concrete possibili. Alcuni avversari , un po’ per orgoglio, un po’ per fastidio e un po’ per opportunità, gliel’hanno resa anche più semplice scegliendo altre strade, altre case. Il Sistema Ducati, quello ultradecennale della cantera Pramac, si è smontato per come lo conoscevamo e prende l’indirizzo del Team VR46 con una moto ufficiale per Di Giannantonio. In tutto questo sfracello Bagnaia non ha fatto un verso. Era il più legittimato di tutti a protestare con Ducati, eppure è rimasto fedele alla sua linea di sportivo leale, perbene e molto convinto delle proprie capacità. Non ha schierato la banda per festeggiare, ma nemmeno ha steso il filo spinato per ostacolare. Il massimo che ha fatto è stato protestare per i momenti in cui Marquez in qualifica ha scientificamente scelto di prendere qualche scia. Si sarebbe scocciato chiunque, perché quando tiri Marquez, che lo fa quando è in difficoltà, non tiri uno qualunque. Ma non è vietato dal regolamento e al di là delle idee personali di chiunque il tema si chiude qui. Un problema, è ovvio, Bagnaia ce l’avrà, ma ce l’avrà pure Marquez. Uguale e contrario in una dinamica tanto affascinante quanto rischiosa. Sono due campioni allenati alle difficoltà in aumento tendenziale e costante. Marquez sa della velocità di Bagnaia, del suo spessore in tutte le condizioni di gara e del suo peso nelle scelte tecniche che hanno portato la Desmosedici ad essere quello che è; sa della sua integrazione nel mondo Ducati conquistato con poche chiacchiere e molti risultati. Bagnaia sa che solo inizialmente Marquez entrerà in punta di piedi e poi tenderà, come da personalità, a farsi riferimento, a non avere delicatezze per nessun avversario a partire dal compagno di box. Nel caso di Rossi e Lorenzo il primo anno insieme in Yamaha separarono il box con una parete che lì per lì stava bene ad entrambi, ma che poi cadde, mentre nel caso di Bagnaia e Marquez non ci sarà nessuna parete, ma è come se ci fosse. E’ chiarissimo che il peso, il carisma, la spietatezza agonistica di Marquez e soprattutto quello che ha già dimostrato in MotoGP rendono le due situazioni diverse perlomeno nei presupposti. Fu Davide Brivio ad ingaggiare Lorenzo, intuendo che fosse la miglior mossa possibile per il futuro, anche se la faccenda poteva dare fastidio al suo amico Valentino Rossi. Valentino del resto era nella fase in cui tentennava tra la MotoGP e una possibilità in Formula 1 che si stava facendo davvero concreta. Ma il seguito potrebbe essere simile, dando luogo ad una rivalità tra fenomeni come quella che ci fece tanto divertire all’epoca. La Ducati attraverso Gigi Dall’Igna giura e spergiura di essere strutturata per far fronte a due linee di sviluppo differenti nel caso in cui Bagnaia e Marquez avessero idee diverse su come debba funzionare la moto. Se sarà vero lo vedremo, ma quello di perdersi, di dissipare energie e di trovarsi a fare favoritismi suo malgrado, è onestamente il rischio più grande per la Ducati protagonista di questo storico all in. Se la Desmosedici è dove si trova oggi lo deve soprattutto a Bagnaia che ha contribuito a realizzare una moto che va forte con tutti, si è preso due titoli consecutivi e sta lottando per il terzo. Marquez aveva fatto la stessa cosa con la Honda, quella trionfale precedente al declino, che era a sua totale disposizione, ma con la differenza che era arrivata a realizzare una moto vincente per lui, ma difficilissima per gli altri. Il conto è arrivato, salatissimo, nel momento in cui Marquez si è fatto male e le altre case hanno iniziato a spingere in altre direzioni. Va detto infatti che il modo di guidare è cambiato nelle ultime tre stagioni, con l’ingresso dell’aerodinamica quella ingombrante e con l’evoluzione delle gomme, che ora prediligono lunghe traiettorie tonde, al massimo angolo di piega e con moto equilibrate; Marquez invece era il numero uno indiscusso nel far girare la Honda con trattorie corte stando in piega il meno possibile e tutto sbilanciato sull’avantreno. Le rimonte di quest’anno e i podi che ha ottenuto dicono che l’adattamento è ancora tra le sue armi. Bagnaia sa e fa. Fenomeni pronti al lancio, assumere posizione d’urto.