"Dear basketball": un anno fa l'addio di Kobe
NBAEsattamente un anno fa, il 29 novembre 2015, Kobe Bryant annunciava la sua decisione di dire basta al termine della stagione, dopo 20 anni e 5 titoli Nba, tutti con la maglia dei Los Angeles Lakers. Riviviamo quella giornata.
Non una ma due lettere – la prima affidata al sito The Players Tribune, la seconda distribuita all’interno di un'elegante busta nera ai tifosi dello Staples Center, appena prima della gara dei Lakers contro i Pacers – per annunciare la fine di un amore durato 20 anni. Esattamente un anno fa, il 29 novembre 2015, Kobe Bryant comunicava a tifosi, compagni e avversari la sua volontà di dire basta al termine della stagione, mettendo così fine a una delle carriere più gloriose e ricche di successo della storia della Nba. “Uno dei più grandi giocatori della storia della pallacanestro”, la definizione del commissioner Nba Adam Silver, parole non certo scelte a caso. Altre, struggenti e molto sentite, le aveva affidate al web il numero 24 gialloviola poche ore prima: "Il mio cuore può affrontare altre delusioni. La mia mente può sopportare sforzo e fatica. Ma il mio corpo sa che è il momento di dire addio", aveva scritto nella lettera intitolata "Dear basketball".
Miseria e nobilità - Il giorno dell'annuncio i suoi Lakers - con cui prima nel triennio 2000-2002, poi ancora nel 2009 e nel 2010 aveva scalato la vetta Nba fino alla cima - erano tristemente in fondo alle classifiche, avendo vinto sole due delle prime quindici partite di quella che sarebbe stata l'ultima stagione di Bryant. Un'annata che, da quel momento in poi, è radicalmente cambiata, l'attenzione di tutti non più ormai ai risultati del campo (altre 15 vittorie e ben 52 sconfitte) ma concentrata invece sul Kobe Bryant Farewell Tour, una lunga tourné d'addio in giro per l'America che si è tramutata in un meritato (e qualche volta stucchevole) omaggio al ragazzo cresciuto qui da noi in Italia. Ecco allora la prima gara tra le mura di casa, contro i Pacers, impreziosita dalla lettera recapitata a tutti i tifosi accorsi accorsi allo Staples Center: "Quello che voi avete fatto per me è ben più prezioso di tutto quello che sono mai stato capace di fare io per voi", le parole di Kobe. "Grazie per questo viaggio straordinario". Ecco quella immediatamente successiva sul parquet della città d'origine, quella Philadelphia dove è cresciuto e ha giocato al liceo, in passato critica e antagonista verso l'avversario Bryant e invece per l'ultimo saluto finalmente commossa e accogliente. Ecco, infine, la partita dell'addio ufficiale, che sarebbe arrivata solo tre mesi e mezzo dopo, in casa contro Utah, uno dei biglietti più "caldi" di tutta l'annata a Los Angeles. Una serata storica, perché quell'addio a fine novembre solo annunciato stava diventando in quel momento reale, e poi impreziosito dalla prestazione monstre dei 60 punti rifilati ai malcapitati Jazz.
Dopo i Lakers di Kobe - Quell'ultima notte magica allo Staples è stata uno spartiacque tra un prima e un dopo, tra i Lakers del passato e quelli del futuro. In tanti, anche durante l'ultima stagione di Bryant in gialloviola, malignavano sul fatto che la sua presenza (25 milioni di dollari sul salary cap, e una presenza ancora più influenzante sul roster) fosse diventata più un peso che un vantaggio per la sua squadra, quella di cui nell'ultimo ventennio era stato simbolo globale. Oggi, uno sguardo al record dei Lakers nell'anno I dopo-Kobe sembra quasi avallare un'ipotesi del genere, visto che la squadra allenata da Luke Walton ha superato la boa delle prime quindici gare (2-13 nel 2016-17) addirittura con un record vincente (8-7), sulla spinta dei talenti più giovani (D'Angelo Russell, Julian Randle, Jordan Clarkson) finalmente liberi di esprimersi senza l'ingombrante presenza di Bryant al loro fianco.
Eredità - Resta il fatto che l'annuncio del suo addio comunicato pubblicamente proprio un anno fa ha chiuso un'epoca e mandato i titoli di coda su una carriera forse irripetibile, che comprende anche due medaglie d'oro, un (solo) titolo di Mvp, due titoli di miglior realizzatore Nba, 18 convocazioni all'All-Star Game e molto altro ancora. A imitarlo a fine stagione sono poi arrivati anche gli addii di Tim Duncan a San Antonio e quello di Kevin Garnett, due altre leggende del gioco e due grandi avversari di Bryant: che annunciando il suo addio ha sicuramente tolto qualcosa al basket, ma ne ha contemporaneamente arricchito il suo libro con una lunga, indimenticabile e leggendaria pagina.