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Kerr e la marijuana: infuria il dibattito

NBA
Le parole di Steve Kerr sul suo uso terapeutico di marijuana non sono passate sotto silenzio (Foto Getty)
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Non si sgonfia il dibattito attorno alle parole dell'allenatore dei Golden State Warriors, che aveva ammesso l'uso a scopo terapeutico di marijuana per lenire i dolori alla schiena che lo avevano bloccato quasi 4 mesi la scorsa stagione. C'è chi è d'accordo e chi invece invita alla prudenza

Steve Kerr ha raccontato di essere stato il primo a sorprendersi della reazione alle sue parole: “Vedere i titoli che strillavano ‘Kerr si fa le canne’ non rifletteva esattamente il senso delle mie dichiarazioni. Che, va riconosciuto all'allenatore dei Golden State Warriors, erano completamente diverse per significato e finalità. Fermato per quasi quattro mesi da cronici problemi alla schiena, dopo essersi consultato con vari specialisti il biondino ex-tiratore ha ammesso di aver provato (due volte) ad assumere della marijuana per alleviare i suoi dolori. "Non sono certo un esperto, ma ho pensato che un sacco di antidolorifici chimici vengono prescritti senza tanti problemi in continuazione, ad esempio ai giocatori di football - e credo non ci siano dubbi che la marijuana faccia meglio al corpo di un atleta di un medicinale come il Vicodin, che invece viena assunto come fosse vitamina C". A parte le polemiche più superficiali - quasi inevitabili quando viene pronunciata la parola marijuana, anche in uno stato "tollerante" come la California - le dichiarazioni di Kerr hanno comunque generato reazioni contrastanti. Su tutte quelle di un collega particolarmente preoccupato dall'impatto che certe dichiarazioni possano avere sull'opinione pubblica e sulla fascia più giovane di persone: Earl Watson. 

Watson prudente - L'allenatore dei Phoenix Suns, cresciuto da ragazzino nei quartieri tutt'altro che facili di Kansas City, ha immediatamente sollevato un problema da non sottovalutare: "Il rischio che molti ragazzini pensino che usare marijuana sia una cosa figa c'è e andrebbe evitato", ha dichiarato. "Pronunciarsi su temi del genere rischia di portare chiunque di noi su terreni molto scivolosi. Non dico che non bisognerebbe parlarne, assolutamente, ma credo sia meglio che a farlo siano terapisti e dottori, invece di noi allenatori". 

Le reazioni di Draymond Green e David West - "Credo che il nostro coach avesse ragione soprattutto nel sollevare il problema della facilità con cui certi antidolorifici siano facilmente prescritti prima di ogni partita - la pronta opinione di Draymond Green al riguardo - per consentire a noi giocatori di scendere in campo. La marijuana è un prodotto naturale, e di solito la gente viene incoraggiata a usare prodotti che vengono dalla Terra", ha concluso l'ala di Golden State. A difesa delle parole di Kerr anche un altro dei suoi giocatori, il veterano David West: "Quando un personaggio pubblico del calibro di Steve fa un'affermazione del genere porta moltissima attenzione sull'argomento e contribuisce a stimolare il dibattito pubblico". Un dibattito che da quelle parti non è certo nuovo, visto che la California è stato (più di vent'anni fa) il primo stato a rendere legale l'uso terapeutico della marijuana (oggi sono 28) e che da poche settimane una legge ne ha sancito l'ok anche per l'uso ricreativo. 

La posizione della lega - Non è tardata neppure una dichiarazione ufficiale dagli uffici newyorchesi della Nba, che ha soltanto voluto ricordare come la marijuana rimanga tra le sostanze proibite dalla lega e che tutti gli allenatori Nba vengono regolarmenti sottoposti a test anti-droga. Un comunicato di poche parole, molto equilibrato, più di facciata che di sostanza. Più sincero - e forse più utile al dibattito - il parere di un altro giocatore che conosce bene Kerr, il centro di Dallas Andrew Bogut campione con Golden State nel 2015: "Se ne si permette un uso senza restrizioni, si scoperchia un pentolone pieno di vermi", la sua opinione. Che forse, verrebbe da dire, era proprio l'intenzione iniziale di Kerr. Per stimolare un dibattito, per facilitare il confronto fra posizioni diverse: è questo il ruolo dei free thinker, categoria che annovera senza dubbio l'allenatore degli Warriors.