Please select your default edition
Your default site has been set

NBA, il ritorno di Magic e il futuro dei Lakers

NBA

Dario Vismara

Magic Johnson a centrocampo in occasione del ritiro di Kobe Bryant (Foto Getty)
magic

Il cinque volte campione NBA è tornato ad avere un ruolo nella dirigenza come consigliere della proprietà, ma già chiede un ruolo di primo piano nelle decisioni finali. Tra Jeanie, Jim Buss, Mitch Kupchak e Magic, chi avrà l'ultima parola in casa Lakers?

Tempo di programmazione e di nuovo organigramma in casa Los Angeles Lakers. Visto che la stagione ormai ha virato in direzione della Lottery – terz’ultimo peggior record della NBA dietro Brooklyn e Phoenix, 9 vittorie e 27 sconfitte dopo il sorprendente primo mese da 10-10 –, i gialloviola stanno già iniziando a capire come riorganizzare la situazione dirigenziale, visto che la deadline autoimpostasi nel 2014 da Jim Buss (tornare a competere entro “tre o quattro anni”) non sarà rispettata. A inizio mese la sorella Jeanie ha già annunciato il ritorno di Magic Johnson come suo consigliere personale, “dando il suo parere alla proprietà su tutto ciò che riguarda il business e la pallacanestro, collaborando con gli allenatori, valutando e fungendo da mentore per i giocatori, determinando le future necessità della franchigia e aiutando a selezionare il miglior percorso verso la crescita e il successo”. Una sorta di ruolo "à la Jerry West" per i Golden State Warriors, anche se una personalità come quella di Magic non accetterà mai un ruolo di secondo piano come quello di “Mr. Logo” per i campioni NBA del 2015.

L’ultima parola – Magic si è presentato con parole concilianti in occasione dell’annuncio del suo arrivo – “Sono qui per essere di aiuto in qualsiasi maniera, che sia per Kupchak, o Jim, Joey, Jesse, tutta la famiglia Buss. Sono pronto a lavorare, voglio fare le cose piano piano e ricostruire i Lakers dal basso, visto che abbiamo un grande gruppo di giovani” –, ma alla sua prima intervista esclusiva ha già fatto discutere a El Segundo. Imbeccato da USA Today, il cinque volte campione NBA ha dichiarato che gli “piacerebbe molto avere l’ultima parola, perché è solo così che le cose possono funzionare. In questo momento sono solo un consigliere, lo capisco. Ma alla fine tutti devono fare riferimento a qualcuno e quell’uno deve dire: ‘Sono io a prendere la decisione finale’, giusto? E chi è quella persona? Vedremo cosa succederà”. In quell’occasione Magic ha anche detto che sarà Jeanie Buss a decidere il suo ruolo esatto, ma successivamente è tornato un po’ sui suoi passi ammorbidendo – per la verità nemmeno troppo – la sua posizione. “So che è Jim quello che prende la decisione finale, e io sono solo un consigliere. Ma voglio essere sicuro di avere qualche tipo di input: poi sarà lui a decidere come vuole utilizzarlo. Quando dico che qualcuno deve avere l’ultima parola, intendo dire che qualcuno deve prendere la decisione finale. E mi piacerebbe che quella persona fossi io. Una volta raccolte tutte le informazioni, vorrei essere io quella persona”.

L’incontro – Parole che non devono essere piaciute a Jim Buss, che ha fatto buon viso a cattivo gioco (“Prendo Magic per quello che ha detto, cioè che è qui per aiutare. È uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi: chi non vorrebbe la sua opinione? Non vedo l’ora di lavorare con lui negli anni a venire”), ma con il quale il rapporto non è esattamente idilliaco già da tempo. Forse anche per questo nella giornata di ieri è stato annunciato che Magic, Kupchak e Buss si incontreranno presto per fare il punto della situazione in vista della deadline del mercato (prevista per il 23 febbraio), per “fare in modo che tutti siano sulla stessa lunghezza d’onda, non solo nell’immediato ma anche nel futuro”, come confidato da Magic a ESPN. Il quale ha comunque fatto sapere che non sarà lui il general manager della squadra, ma che qualsiasi sia la decisione di Jeanie Buss si affiderà comunque a una persona che si prenda cura della quotidianità della squadra e poi faccia riferimento a lui per ogni decisione. In pratica quello che Phil Jackson fa a New York - con l’unico risultato però di rendere ancora più confusa la situazione.

La versione di Walton – Magic comunque ha fatto sapere che, se Luke Walton volesse, la sua sfera di influenza potrebbe estendersi anche al campo, dando consigli ai giovani membri del roster. “Se mi volesse sul parquet per allenare o dare consigli a ragazzi come D’Angelo Russell [con il quale ha già parlato al telefono, ndr], sono più che disponibile a farlo. Oppure se non vuole assolutamente che io lo faccia, per me va bene uguale. Dipende da ogni individuo in questa organizzazione capire come sfruttare la mia esperienza, e non vedo l’ora che succeda”. Dal canto suo, l’allenatore dei gialloviola ha fatto sapere che la sua preoccupazione principale è preparare la squadra in vista delle partite, e che quando avrà tempo libero gli “piacerebbe molto sedersi e parlare con Magic, cosa che succederà prima o poi”, e che vorrebbe avere il suo input sul “modo in cui alleneremo questa squadra, cosa è meglio per vincere e la direzione che vogliamo tenere in futuro”. Una direzione che significa ricostruzione, stimata da Magic in un periodo dai tre ai cinque anni, lasso temporale condiviso da Walton. “Ci vorrà del tempo e lo sappiamo”, ha chiosato Magic. “Non voglio prendere in giro nessuno, e non voglio che i nostri tifosi pensino che intendo arrivare qui e dire ‘Oh, ora che sono tornato, le cose cambieranno domani’. Non è così che vanno le cose. Bisogna prendere buone decisioni, bisogna spendere i soldi in maniera saggia per i free agent, e bisogna scegliere bene al Draft”. Tutti concetti condivisibili, ma chi sarà a prendere l’ultima decisione? Perché avere una gerarchia chiara è l'unico modo per avere una direzione univoca, e la presenza contemporanea di tutte queste teste non può fare altro che creare una confusione dannosa per i gialloviola.