Please select your default edition
Your default site has been set

Golden State ko contro Utah, vincono i Clippers

NBA

Ancora aperta la lotta per il fattore campo nella sfida tra Clippers e Jazz. Vittorie importanti in chiave playoff di Bulls e Pacers. I Bucks battono gli Hornets e conquistano il sesto posto

Golden State Warriors-Utah Jazz 99-105

Le motivazioni (e le rotazioni) spesso fanno la differenza. E così gli Utah Jazz interrompono a quota 14 la striscia di successi consecutivi dei Golden State Warriors, battuti in casa dai mormoni, sempre in testa negli ultimi sei minuti di gioco e guidati dai 17 punti e 18 rimbalzi di Rudy Gobert. Quando gli ospiti sono ritornati avanti in campo c’erano le seconde linee degli Warriors e coach Kerr ha preferito continuare a cavalcarle, dando la possibilità ai vari McAdoo, Clark e McCaw (che in realtà era partito in quintetto) di giocarsi per una volta un finale di gara. L’unico giocatore tenuto a riposo dai vice campioni NBA infatti è stato Klay Thompson, mentre Kevin Durant è rimasto sul parquet per 33 minuti, chiusi con 16 punti e 10 rimbalzi. Ventotto invece i punti di Steph Curry, conditi da sei triple. Utah vince così una gara che continua a mantenere vive le speranze di conquistare il fattore campo nella serie contro i Clippers, anche se battere gli Spurs nell’ultimo giorno di regular season potrebbe non bastare, visto che i losangelini sono avanti 3-1 negli scontri diretti.

L.A. Clippers- Houston Rockets 125-96

In questo clima da ultimo giorno di scuola, se c’è qualcuno che sta giocando ancora per qualcosa, si vede. Lo si riconosce subito, come ci tengono a sottolineare anche i Clippers, volati via dopo un terzo quarto da 36-12 al termine del quale i titolari dei Rockets non hanno più visto il campo. Non di certo per motivi punitivi, ma perché centellinare lo sforzo (adesso che si può) diventa fondamentale. Bastano 29 minuti di un Chris Paul da 19 punti e 9 assist ai losangelini per riacciuffare nuovamente il quarto posto in coabitazione con i Jazz. I ragazzi di coach Doc Rivers hanno dalla loro gli scontri diretti, vincenti in tre dei quattro incroci stagionali contro la squadra di Salt Lake City. Vincere in casa contro Sacramento in sostanza vorrebbe dire fattore campo a favore. I Kings però evocano forse il più brutto ricordo stagionale ai Clippers, travolti sempre in casa in rimonta poche settimane fa. Errare è umano, perseverare sarebbe davvero diabolico.

Philadelphia 76ers-Indiana Pacers 111-120

“Non guardo di certo alla classifica adesso. Abbiamo giocato due gare molto solide e sappiamo che vincendo l’ultima in casa riusciremo a conquistare i playoff”. Non si sbottona coach McMillan a fine partita, consapevole del fatto che anche una sconfitta da parte di Miami o Chicago regalerebbe l’aritmetica certezza ai suoi di partecipare alla post-season. Non lo preoccupano i segni evidenti di nervosismo palesati da Paul George, miglior realizzatore dei suoi con 27 punti ed espulso per doppio tecnico a meno di tre minuti dal termine del match dopo i ripetuti scontri con Gerald Henderson. “Mi ha spintonato e preso a cazzotti tutto il tempo”, racconta il numero 13 dei Pacers. “Per qualche ragione evidentemente non trova piacere nel fatto che io gli segni ripetutamente in faccia. Magari il prossimo anno spenderò un po’ di soldi in multe, ma gli farò capire nuovamente il concetto”. Stanotte sono arrivati 17 punti nel solo primo quarto, per mettere da subito le cose in chiaro; uomo avvisato, mezzo salvato.

Chicago Bulls-Orlando Magic 122-75 

I Bulls vincono con estrema facilità un match in cui i Magic hanno preferito deporre le armi ben prima di mettere piede allo United Center, partiti per la loro ultima trasferta stagionale con il chiaro intento di fare una gita turistica in Illinois. Il risultato non lascia dubbi: -22 a fine primo quarto, -25 all’intervallo, -33 al termine della terza frazione e -47 alla sirena finale. Un lunga discesa a cui i vari Vucevic, Fournier e Payton non hanno neanche provato a porre rimedio, regalando a Chicago la vittoria con più ampio margine dal 1991 a oggi. Un piacere condiviso da tutto il roster, con sei giocatori in doppia cifra, nessuno oltre quota 20 e 13 giocatori con almeno un canestro realizzato. Una non competitiva, che avvicina però sempre più i padroni di casa alla qualificazione ai playoff.

Milwaukee Bucks-Charlotte Hornets 89-79

Con Marco Belinelli ancora out causa problema alla mano, è Jeremy Lamb il miglior realizzatore in uscita dalla panchina in casa Hornets assieme a Treveon Graham, sintomo di come si sia rapidamente passati alla fase di sperimentazione/purtroppo non conta più/quando arrivano le vacanze. Per Milwaukee invece contava eccome, ma per oltre tre quarti i ragazzi di coach Clifford sono rimasti in partita, attaccati ai Bucks prima che i soliti problemi offensivi inceppassero per l’ennesima volta l’attacco di Charlotte. Gli ospiti infatti segnano tre punti in sette minuti abbondanti di quarto periodo, facendo si che Milwaukee per pura e semplice inerzia allungasse in testa al match. Alla sirena sono 16 punti per Tony Snell, 15 per Khris Middleton e soprattutto tripla doppia per Giannis Antetokounmpo: 10 punti, 11 rimbalzi e 10 assist; l’ottava in carriera per il greco, che raggiunge così Kareem Abdul-Jabbar al primo posto nella storia dei Bucks. Milwaukee conquista così ufficialmente il sesto posto che la porterà a sfidarsi contro Toronto: si può finalmente iniziare a pensare alla post-season.

Detroit Pistons-Washington Wizards 101-105

Da ricordare della sfida di questa notte ci sarà soltanto l’addio al Palace of Auburn Hills, che avrebbe meritato una partita diversa sia nei contenuti che nel risultato da parte dei padroni di casa. Sul parquet il gioco ha come al solito latitato, ma durante l’intervallo è stata una vera e propria parata di stelle: da Isiah Thomas a Dennis Rodman, da Ben Wallace a Chauncey Billups hanno rinverdito i ricordi e riempito di malinconia gli occhi e il cuore dei tifosi di Detroit. Tre titoli NBA e tante altre soddisfazioni che i Pistons lasceranno alle proprie spalle all’interno del “The Palace” per trasferirsi alla Little Caesar Arena; una struttura moderna che segnerà definitivamente il distacco (non solo emotivo) da tutto ciò che è stato. In campo poi si è giocata una partita, certo, importante soprattutto per gli ospiti che, nonostante abbiano fatto di tutto per complicarsi la vita, facendo ripetutamente tornare i Pistons in corsa durante il match, alla fine sono riusciti a portare a casa il 49° successo stagionale. Senza John Wall e Otto Porter lasciati a riposo, a guidare i capitolini ci hanno pensato i 33 punti di Bradley Beal e ai 20 di Markieff Morris, in una gara in cui Detroit è riuscita più volte a tornare a contatto. Quando a inizio quarto periodo la partita è ritornata in equilibrio, coach Brooks ha subito rimesso in campo i propri titolari; coach Van Gundy invece ha proseguito con le riserve, travolte nuovamente dal quintetto degli ospiti. L’ultimo canestro al Palace lo ha segnato Boban Marjanovic; sì, in molti avrebbero sognato un altro finale.

Portland Trail Blazers-San Antonio Spurs 99-98

Coach Stotts e i suoi Blazers portano a casa un successo in cui la cosa più complessa da fare è stata quella di associare un tipo di infortunio diverso a ognuno dei cinque titolari, in maniera tale da tenerli fuori dal match senza scrivere una lunga colonna di “rest”. La partita che ne è scaturita però, è stata tutt’altro che noiosa, vinta in rimonta da Portland grazie al più improbabile dei buzzer beater, realizzato da Noah Vonleh dopo una carambola di un paio di secondi in area texana. Alla sirena sono i 32 punti per Shabazz Napier a guidare un quintetto tutto in doppia cifra. Popovich invece tieni i suoi titolari in campo per una ventina di minuti e sorride a fine gara quando vede il pallone trovare il fondo della retina. “Certo che sì! Questo è il modo di ragionare che mi piace”, è il commento dell’allenatore degli Spurs alle parole entusiaste di Lillard riguardo le possibilità dei Blazers di stupire ai playoff. Sarà che giocano contro Golden State, ma Popovich li prenderebbe volentieri in parola.