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NBA, nel momento del bisogno, i Clippers hanno Chris Paul

NBA

Dario Vismara

Dopo l’ennesima gara dominata contro Utah, i Clippers si aggrappano al loro leader per non perdere le speranze dopo l’infortunio di Blake Griffin

Perso nei meandri di squadre più forti e più interessanti, giocatori con maggiore appeal e in grado di produrre stagioni storiche, e il grande occhio della NBA inevitabilmente concentrato su altri campi, può quasi passare sotto traccia il fatto che Chris Paul stia dominando la serie contro gli Utah Jazz quasi da solo. Dopo la partita da 34 punti e 10 assist con cui ha ridato ai suoi Clippers il vantaggio nella serie perso in gara-1, Paul è alla terza prestazione in fila di altissimo livello – dando la netta impressione che a un certo punto, dopo che si è riso e scherzato, la gara si giochi secondo i suoi termini. Anche nell’unica partita persa dai Clippers in questa serie lui si era comunque reso protagonista di un ultimo quarto da 12 punti, segnando il canestro del pareggio prima del buzzer beater di Joe Johnson. Nelle altre due gare, invece, ha impedito che i suoi si lasciassero andare a un destino che li vede sempre perdenti bilanciando al meglio le parti che compongono il suo gioco: la capacità di servire i compagni e quella di segnare in proprio, l'impegno nella metà campo difensiva e la dote unica di poter controllare mentalmente l’andamento della gara. Capacità rare, specialmente nei playoff, che spesso negli ultimi anni sono stati ingiusti con Chris Paul anche oltre i suoi demeriti individuali. Quest’anno però nulla può essere lasciato al caso, perché con il suo contratto in scadenza – così come quello di Blake Griffin e di J.J. Redick – potrebbe benissimo essere l’ultima occasione per questo gruppo dei Clippers per fare strada in post-season.

Dominatore dei secondi tempi

Le sue cifre personali delle prime tre gare – 26.7 punti, 10.3 assist, 5.3 rimbalzi, 2.7 recuperi a pareggiare 2.7 palle perse col 65% di percentuale reale, grazie al 46% da tre e a un perfetto 12/12 ai liberi –, per quanto impressionanti, raccontano solo in parte i suoi eccellenti playoff. Limitando infatti la ricerca ai soli secondi tempi, i suoi 19.3 punti seguono solamente i 20.7 di James Harden, che però non può vantare la sua efficienza al tiro (67.3 di percentuale reale) né la sua minuziosa cura del pallone, dato che “CP3” ha perso solo tre palloni in 58 minuti disputati dopo l’intervallo. La differenza tra quando è in campo e quando non c’è testimonia una volta di più quanto sia preziosa la sua presenza: nei 106 minuti di Paul sul parquet finora, i Clippers hanno un differenziale su 100 possessi di +8.0 (109.5 in attacco e 101.5 in difesa), mentre nei 38 minuti senza crollano a -7.5 (116 in attacco e 123.5 in difesa), di gran lunga il peggior dato di squadra prima di Griffin. I Clippers senza Blake, infatti, hanno un -1.7 di Net Rating reso sostenibile soprattutto dal fatto che Paul ha dominato ancora di più gara-3 nel momento in cui il suo numero 32 è dovuto uscire dal campo.

Senza Griffin

L’infortunio al piede destro, definito per ora solo come una contusione all’alluce dopo che i primi raggi X hanno escluso fratture, potrebbe tenere fuori ancora una volta un membro chiave della squadra di Doc Rivers nel momento decisivo della stagione, come già successo lo scorso anno nella serie con Portland. L’ennesimo scherzo della “Clippers Curse”, quella secondo la quale – la legge di Murphy insegna – “se una cosa può andare male, lo farà”. La differenza tra poter avere o non avere Griffin è ovviamente enorme, perché con i Jazz privi di Rudy Gobert il vantaggio in area per i Clippers si era fatto enorme. “Non saremo in grado di giocare in posto basso” ha ammesso Paul commentando l’assenza del compagno. “Blake è un giocatore estremamente dinamico, e quando gli diamo palla in post possiamo tagliare sfruttando le sue doti di passaggio. È il nostro 'altro uomo-assist', c’è un feeling diverso quando lui è sul parquet”.

Nel momento del bisogno

Nonostante le condizioni avverse, Paul è riuscito a rimettere in piedi una gara su un campo difficile come quello di Salt Lake City, per di più recuperando uno svantaggio di oltre 10 punti già nel primo quarto sotto i colpi dei 21 di Gordon Hayward. Eppure, possesso dopo possesso, il nove-volte All-Star ha vivisezionato una difesa élite come quella dei Jazz predicando pallacanestro specialmente nel finale con una sequenza spezza-gambe: tripla del sorpasso a poco più di 4 minuti dalla fine; uno split sul pick and roll andando dietro la schiena per un sottomano solitario; un lay-up a centro area in mezzo a tre difensori assorbendo il contatto; e infine un altro canestro appoggiato al vetro rendendosi imprendibile per chiunque. Un parziale personale di 9-0 all’interno di un 15-0 di squadra che ha dato 7 punti di vantaggio ai suoi nel momento di maggior bisogno, battendo da solo i Jazz 13-10 negli ultimi 4:02 di partita. “Ha una incredibile voglia di vincere” ha commentato Doc Rivers. “È un duro ed è testardo in una maniera molto positiva. Tutti i più grandi sono testardi abbastanza da dire ‘Oggi noi non perdiamo’. Si poteva quasi sentire: tutti in squadra hanno percepito la sua energia”. Non solo il suo allenatore però ha avuto solamente elogi per Paul: anche coach Quin Snyder, pur da avversario, non ha potuto fare a meno di ribadire la sua ammirazione per la stella dei Clippers. “Il mio rispetto per lui non potrebbe essere più alto di quello che già è” ha dichiarato prima di gara-3. “La sua capacità di controllare la partita segnando, coinvolgendo i compagni, difendendo – fa tutto quello che serve per aiutare la sua squadra a vincere. Purtroppo per me, sono dolorosamente consapevole di tutto questo”.