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NBA, lo small ball cambia le serie playoff (nel bene o nel male)

NBA

Stefano Salerno

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Gli aggiustamenti nel corso delle serie playoff spesso fanno la differenza: Toronto e Boston hanno riconquistato il vantaggio giocando piccoli, mentre Memphis è tornata in corsa grazie al rientro in quintetto di Zach Randolph. La ricetta? Ognuno ha la propria

Small ball o non small ball, questo è il problema. Le vittorie dei Golden State Warriors hanno ormai aperto da mesi il dibattito all’interno di tutti i coaching staff NBA su come affrontare una squadra che schiera cinque giocatori capaci di segnare dall’arco senza andare sotto a rimbalzo, di aprire il campo in attacco costringendo le difese a coprire distanze spesso improponibili anche per i super atleti che popolano la lega. Il cerino in mano resta quindi spesso e volentieri ai lunghi, costretti a un contingentamento consistente dei minuti e sacrificati sull’altare del quintetto piccolo. Una scelta che non sempre però si è rivelata efficace in una sola direzione, visto che il buon vecchio gioco in post spalle a canestro ogni tanto può ancora fare la differenza. In questi primi dieci giorni di playoff sono diversi gli esempi che mettono in mostra come il processo sia reversibile, come in realtà anche quando sei sotto a rimbalzo puoi pensare di abbassare il quintetto, ma allo stesso tempo non devi mai rinunciare alla tua identità. Toronto, Boston e Memphis, a modo loro, sono tutte facce della stessa medaglia, in cui a fare la differenza non è la ricetta preconfezionata, ma la capacità dello chef seduto in panchina di mescolare gli ingredienti.

Norman Powell al posto di Jonas Valanciunas

Nelle due partite da titolare, coincise non a caso con i successi che hanno portato i Raptors a recuperare dal 1-2 al 3-2, Norman Powell non ha soltanto triplicato i suoi minuti di utilizzo, ma anche i punti a referto e la sua incidenza su entrambi i lati del campo. Prendersi cura di Giannis Antetokounmpo è un mestiere a tempo pieno, ma il numero 24 ha dimostrato di poter essere decisivo anche nella metà campo avversaria, garantendo le spaziature che mancavano al claustrofobico attacco di Toronto, che ha cambiato marcia schierando Serge Ibaka da cinque, circondato da quattro piccoli pronti a sfruttare l’area aperta non solo con il tiro da tre punti ma anche con tagli senza palla. A farne le spese è stato Jonas Valanciunas, relegato al ruolo di uomo in uscita dalla panchina nel tritacarne playoff. Coach Dwane Casey sa di non poter più fare a meno di un giocatore dal 28.2 di Net Rating (con un attacco che con lui sul parquet viaggia a 113.9 punti su 100 possessi), l’ingranaggio che mancava a un motore che senza precipita a -14.5 di differenziale nei 151 minuti (tanti, forse troppi) in cui Powell è rimasto seduto a guardare. Il massimo in carriera da 25 punti messo a referto questa notte è soltanto la punta dell’iceberg di un cambiamento che può costare la serie ai ragazzi di Jason Kidd.

Gerald Green in, Amir Johnson out

I numeri di Gerald Green non sono lusinghieri come quelli di Powell e non rendono giustizia a quanto sia stata determinante la sua presenza sul parquet nelle due sfide dello United Center, decisivo nelle logiche di Boston per riprendere i capelli una serie che molti credevano ormai già sfuggita di mano ai Celtics. Non c’è Rondo, e questo è un gran vantaggio visto quanto era successo al TD Garden, ma lanciarlo in quintetto al posto di Amir Johnson si è rivelata scelta davvero azzeccata. Un +7.2 di Net Rating significativo nelle ultime due sfide, condito con una prestazione da 18 punti in gara-4 che ha fatto la differenza soprattutto nel primo tempo. Una decisione azzardata quella di abbassare il quintetto, visto che Boston era spesso e volentieri andata sotto a rimbalzo contro i Bulls, bravi a lucrare sui tanti extra-possessi portati a casa dai Robin Lopez di questo mondo. Il conto nella battaglia sotto il ferro non è cambiato poi molto (in gara-3 52 vs. 37 in favore di Chicago), ma a precipitare è stata l’efficacia di quei tentativi aggiuntivi, anche grazie alla sorprendente resa difensiva dello stesso Green, che nell'immediato ha garantito risultati in cui non avrebbe sperato neanche coach Stevens. Riuscere a renderli duraturi potrebbe garantire ai Celtics la permanenza in gioco in questa post-season.

Zach Randolph torna in quintetto

A Memphis invece era stata fatta la scelta opposta, quella di lasciare in panchina Zach Randolph, arma da sfruttare a gara in corso il più possibile in alternativa a Marc Gasol, evitando una sovrapposizione che con il crescente ritmo del basket di oggi, sarebbe potuta pesare non poco ai Grizzlies. Tanto JaMychal Green dal primo minuto, che contro gli Spurs garantiva una dimensione diversa e alternativa rispetto a quella contro la quale San Antonio aveva spadroneggiato negli anni passati. A pesare però sul groppone di Memphis dopo le prime due scoppole prese da Kawhi Leonard, era stato il -46 di Net Rating piuttosto emblematico messo a referto dai ZiBo nei primi due incontri. Il “Take that for data” di coach Fizdale aveva evidentemente fatto i conti anche con quello, visto che in campo al Fedex Forum è sceso sin dalla palla a due, in una serie dal pace contenuto (88 possessi a partita mediamente con lui sul parquet), perfetta anche per la convivenza tecnica di due maestri come Randolph e Gasol. Alla fine in gara-4 si correva meno del solito, si giocava una pallacanestro con tanti attacchi a metà campo e nonostante questo, è venuta fuori la partita di gran lunga più bella e divertente di questa post-season. Con buona pace dello small ball.