Dopo le finali di conference dello scorso anno, Cavs e Raptors si incontrano di nuovo: finirà nello stesso modo o questa volta i canadesi possono creare problemi a LeBron James e soci?
Avendo ancora negli occhi e fresca nella memoria la finale di conference dello scorso anno, è inevitabile partire dalla voglia di rivincita dei Toronto Raptors dopo l’eliminazione in sei gare dello scorso maggio subita da parte dei Cleveland Cavaliers. I canadesi hanno affrontato tutta la stagione avendo in mente l’obiettivo di tornare a giocarsi le Finali NBA grazie a un gruppo più affiatato, più esperto e reso più versatile dalle acquisizioni alla deadline di Serge Ibaka e P.J. Tucker, ma per quanto ci abbiano provato – specialmente nella prima metà di regular season in cui avevano il miglior attacco della lega –, i Cavs hanno sempre rappresentato un ostacolo insormontabile, soprattutto per la presenza di LeBron James, enigma irrisolvibile per tutta la Eastern Conference ormai da sei anni di fila. Eppure quest’anno sembrano più attrezzati e più profondi rispetto a un anno fa per dare fastidio ai Cavs, nonostante la serie contro Milwaukee li abbia messi alle corde da un punto di vista tattico e mentale – finendo sotto 1-2 prima di vincere le ultime tre partite grazie a un cambiamento nel quintetto base.
Stato di forma delle squadre
L’inserimento di Norman Powell al posto di Jonas Valanciunas ha deciso la serie contro i Bucks, rendendo i Raptors fisicamente più piccoli ma anche più versatili, esplosivi e soprattutto pericolosi sul perimetro. Dopo tre partite iniziali disastrose dal punto di vista offensivo (95.4 di rating offensivo col 45% di percentuale effettiva al tiro), grazie al quintetto piccolo e una migliore gestione dei continui raddoppi della difesa dei Bucks i Raptors sono riusciti a ribaltare la serie, viaggiando a 107.6 punti su 100 possessi nelle ultime tre col 54% al tiro. Un cambiamento dato soprattutto dal movimento di palla: dopo essere stati tra i peggiori della NBA per canestri assistiti in stagione, il 55% dei canestri dei canadesi nelle ultime tre vittorie è scaturito da un assist, trovando tiri di maggiore qualità sfruttando le debolezze degli avversari (i 28 assist di gara-5 rappresentano un record nell’era Casey ai playoff). I Cavs, al contrario, non hanno avuto bisogno di muovere particolarmente bene il pallone per avere ragione degli Indiana Pacers in quattro partite: il loro attacco atomico da 115.9 punti su 100 possessi ha chiuso al secondo posto dietro solo a quello degli Spurs in questi playoff, sfiorando il 60% di percentuale reale nonostante una frequenza di assist inferiore al 50% (quart’ultimi nei playoff). Una prolificità offensiva che comunque non ha nascosto le difficoltà difensive che ancora colpiscono i Cavs: concedere 111 punti su 100 possessi a un attacco asfittico come quello dei Pacers non testimonia in favore della loro ricerca di quel famoso “interruttore” da premere una volta arrivati ai playoff.
I precedenti
Quella tra Cavs e Raptors è una serie in cui gli incontri in regular season contano davvero poco: delle quattro partite disputate, tre sono arrivate nelle prime sei settimane di stagione (tutte vinte da Cleveland) e l’ultima è arrivata alla partita numero 82 (vittoria Toronto), con i Big Three di Cleveland a riposo e i titolari dei Raptors con minutaggio limitato. Inoltre, entrambe le squadre sono state profondamente modificate in corso d’opera, con i vari Korver e Williams a rinforzare la panchina dei campioni in carica da una parte e i già citati Ibaka e P.J. Tucker dall’altra. Addizioni che avranno un ruolo fondamentale nella serie, specialmente per una second unit dei Cavs che rappresenta l’unica vera notizia di rilievo uscita dalla serie contro i Pacers per il modo in cui hanno cambiato le carte in tavola, specialmente in gara-3.
Punti di forza e deboli
Storicamente una second unit formata da “LeBron James + 4 tiratori” rappresenta un rebus di difficile soluzione per gli avversari. I Raptors in particolare ne sanno qualcosa, visto che la panchina dello scorso anno formata da Dellavedova, Shumpert, Jefferson e Frye insieme al Re provocò danni irreparabili a quella di Toronto. Il quintetto formato da Deron Williams, Iman Shumpert, Kyle Korver, James e Channing Frye ha chiuso la serie con Indiana con un Net Rating di +18.1, rinunciando totalmente a difendere (concessi 123 punti su 100 possessi) ma risultando inarrestabile in attacco (141.1), vincendo di fatto la serie con la storica rimonta di gara-3. Paradossalmente i Cavs sono andati molto meglio con quel gruppo rispetto che con il quintetto base (-2.9 di Net Rating), complici le serie non esaltanti di Kyrie Irving (-3.9 con lui in campo al di là dei numeri individuali) e di Kevin Love (con lui in campo il ritmo si abbassa di quasi 5 possessi). I Cavs non possono comunque prescindere dalle loro due co-stelle in questa serie, così come i Raptors sono legati a doppio filo alle percentuali di DeMar DeRozan (canadesi sempre vincenti quando ha tirato sopra il 50%, sempre perdenti quando sotto quella soglia) e di Kyle Lowry (senza il quale l’attacco muore a quota 86.8 di rating offensivo). Al contrario dei Bucks, i Cavs preferiscono una difesa conservativa sui tantissimi pick and roll che i Raptors giocano (solo i Jazz hanno portato più blocchi sulla palla in regular season), cosa che lascerà alle due stelle più spazio per attaccare in prima persona, consapevoli che sugli scarichi possono sfruttare tiratori in grandissima forma come Powell (fondamentale con il suo 10/11 da tre contro Milwaukee) e Cory Joseph (6/13) e altri storicamente affidabili come Ibaka, Patterson e Carroll. Sulle loro percentuali nei tiri aperti – su cui storicamente i Cavs amano scommettere – si giocherà molto della durata di questa serie.
Matchup
Certo, tutto bello, ma alla fine la domanda più importante rimane sempre una: chi marca LeBron James? Il Re continua ad avere un impatto assoluto sulla sua squadra (+9.3 con lui in campo, ma soprattutto -37.5 senza) e gli ultimi anni hanno dimostrato come Carroll e Patterson non possano tenerlo sul lungo periodo. Può avere qualche possibilità in più P.J. Tucker con l’aiuto di un protettore del ferro come Ibaka nel ruolo del Biyombo (che ha creato qualche grattacapo ai Cavs nella serie dell’anno scorso), ma il dilemma base rimane: quando tutte le carte sono sul tavolo, Cleveland ne ha una che rende tutte le altre superflue. Questo non significa che i Raptors non possano “darci una serie”, anche perché le loro due stelle giocano nelle due posizioni più deboli difensivamente dei Cavs, quelli delle guardie: sotto questo punto di vista sarà interessante vedere il ruolo di Iman Shumpert, che nella serie con Indiana ha avuto impatto positivo in difesa quando schierato al posto di J.R. Smith con il quintetto base (76 di Rating Difensivo). I Raptors poi devono capire come comportarsi ora che gli avversari propongono una strutturazione almeno iniziale diversa rispetto a Milwaukee, con un “4” tradizionale come Kevin Love che impone la presenza contemporanea di due lunghi per non subire troppo in post e a rimbalzo: coach Casey schiererà di nuovo Jonas Valanciunas da titolare, nonostante le difficoltà nel rimanere in campo coi Bucks e quelle della serie di un anno fa? Quale che sia la scelta iniziale, a Toronto servirà comunque il miglior DeMar DeRozan possibile, quello in grado di caricarsi la squadra sulle spalle in gara-6 nel momento di massimo difficoltà: dalle sue percentuali e dalla sua capacità di procurarsi viaggi in lunetta dipenderà moltissimo delle chance di successo dei canadesi in questa serie.