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NBA, Boston-Cleveland sempre ad alta tensione (anche in gara-1)

NBA

Qualche scaramuccia sul finire di terzo quarto tra Thompson e Smart, finita però prima di cominciare. “Mi tengo ben lontano dalle risse”, ha detto il numero 13, protagonista con una super partita

Alla fine è stata una partita tranquilla, fin troppo considerando l’importanza della posta in palio che c’era tra Cavaliers e Celtics e che LeBron James ha pensato bene di non lasciare per molto a disposizione dell’avversario. Asfaltati 117-104 in maniera molto più netta di quanto non dica il risultato, l’unico bianco-verde che ha provato a mettere fisicamente le mani addosso all’avversario è stato Marcus Smart, spesso e volentieri la scossa emotiva difensiva e non di Boston. Anche a costo qualche volte di andare oltre il limite: “Quello che è successo, ormai è acqua passata”, racconta Tristan Thompson, ritrovatosi coinvolto nello scontro sotto canestro con Smart sul finire del terzo quarto. “Siamo maturati e sappiamo che assumere degli atteggiamenti fuori dalle righe rischiano di costarci caro. Abbiamo bisogno di tutti i giocatori a disposizione in ogni singola partita. Per questo mi tengo ben lontano dal finire in situazioni che possono mettere a rischio la mia presenza”. Dopo lo scontro sotto canestro infatti, il numero 13 è stato il primo a prendere le distanze, nel bel mezzo di un partita da incorniciare, autore di 20 punti (il suo massimo in carriera ai playoff) con 7/7 al tiro e 9 rimbalzi, quattro dei quali catturati in attacco e arrivati nel solo primo quarto che hanno contribuito a piazzare lo strappo decisivo del match. Un uomo decisivo contro una squadra che soffre in maniera fisiologica nella lotta sotto il ferro, un’ulteriore freccia nella faretra dei Cavaliers.

Smart, un giocatore da rispettare

Marcus Smart invece a fine partita ha preferito andare via senza rilasciare dichiarazioni, insoddisfatto come tutti i giocatori dei Celtics da un risultato che sembra aver chiuso il discorso ancora prima di iniziarlo. “Non c’è niente di particolare nei nostri trascorsi”, racconta Thompson, ritornando sulle storie tese con il numero 36. “Non giocava ancora ad Oklahoma State quando io ero all’università in Texas. È più giovane di me, ma gioca duro. È un giocatore tosto, proprio come me. È una guardia, ma gioca con una forza incredibile che va rispettata, anche perché il suo atteggiamento è la scossa che spesso accende i suoi compagni”. Un’indole che J.R. Smith non ha riscontrato invece nel resto del roster: “Sono spalle al muro, ma continuano nonostante questo a cercare di eseguire i loro schemi. Non hanno provato a prendersi i punti dalla spazzatura della partita; l’unico modo se vuoi sopravvivere è fare qualche giocata dura, alle volte anche sporca, pur di restare aggrappati al match”. L’ultima volta da quelle battaglie un bel po’ oltre il limite venne fuori il contatto tra Kelly Olynyk e Kevin Lover che costrinse il numero 0 a chiudere la stagione nel 2015. Occhio J.R. a non dirlo troppo forte.